Continua ad allargarsi la frattura tra Partito democratico e Movimento 5 stelle: uno dei campi di scontro più accesi resta la giustizia. Sulla riforma della prescrizione targata Bonafede, che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2020, «serve un intervento correttivo», ha detto il presidente dei senatori dem Andrea Marcucci. «Decida Di Maio se vuole condividerlo con la maggioranza, o lasciare che il Parlamento si esprima liberamente».

Il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci ANSA/ANGELO CARCONI

Di cosa parliamo – Nella cosiddetta legge spazzacorrotti del 9 gennaio 2019 è contenuta la riforma della prescrizione del reato proposta dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Ai tempi dell’approvazione, il compromesso nel governo giallo-verde fu proprio quello di ritardare l’entrata in vigore delle nuove disposizioni per lavorare nel frattempo su una revisione a 360 gradi del processo penale. «Chiunque frequenti i tribunali, sa che le udienze vengono fissate in ragione del tempo che manca alla prescrizione. È una sorta di ghigliottina di fronte alla quale il sistema accelera: di una riforma della prescrizione si può pure parlare ma prima occorre velocizzare i tempi dei processi», ha ripetuto, in un’intervista rilasciata a La Stampa, l’ex ministro leghista della Pubblica amministrazione e avvocato penalista Giulia Bongiorno, che fu l’artefice del compromesso sul lato giustizia tra Lega e Movimento 5 stelle.

Cos’è la prescrizione – La prescrizione è quell’istituto giuridico (non applicabile all’omicidio e ad altri reati punibili con l’ergastolo) che prevede l’estinzione di un reato dopo un certo tempo. Per esempio, un imputato di furto se ha commesso il fatto a dicembre 2010 e non viene condannato entro il 2013, non finirà in prigione. Perché? Perché saranno passati tre anni, cioè il tempo della pena massima prevista per il furto. Il processo non va avanti perché il reato si è estinto. Dopo tre anni non ha più senso che lo Stato impegni risorse per punire un soggetto che potrebbe essere cambiato: verrebbe meno il senso stesso di rieducazione della pena. Senza contare che sarebbe più difficile per l’imputato, dopo tanto tempo, raccogliere prove a sua discolpa.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede 
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Cosa prevede la riforma – La riforma Bonafede, come le riforme proposte in ambito giustizia negli ultimi anni, ha l’obiettivo di intervenire sulla prescrizione per ovviare alla lentezza dei processi nel sistema giudiziario italiano che spesso non arrivano alla conclusione. Come? Bloccando il decorso della prescrizione a partire dal giudizio di primo grado. Quindi, l’imputato per furto riceve una prima sentenza di condanna o assoluzione, la prescrizione si blocca e il processo penale potrà arrivare a una sentenza definitiva senza la spada di Damocle dei 3 anni che pende sulla testa del magistrato. Il rischio però, dicono i critici, è che i processi diventino infiniti. «La prescrizione del reato non può essere un rimedio all’irragionevole durata del processo, che va evitata per altre vie: più risorse umane, informatizzazione, semplificazione delle notificazioni», scrive Gian Luigi Gatta su Diritto penale contemporaneo, osservando però che la riforma potrebbe aiutare su due fronti: incentivando il ricorso a riti alternativi e riducendo il numero di impugnazioni che un ipotetico avvocato dell’imputato di furto opererebbe nel tentativo di far passare i 3 anni evitando il processo.

Frattura Pd-M5s –È passato quasi un anno da quando è stata approvata la legge e nel frattempo al governo giallo-verde è succeduto quello giallo-rosso. La riforma del processo penale è stata dimenticata e oggi, a un mese dall’entrata in vigore, i nuovi alleati dei Cinque stelle si schierano contro la prescrizione bonafediana. Le opzioni per evitare che divenga attiva sono due. Inserire la legge nel maxi decreto Milleproroghe o proporre un’alternativa che accantoni la legge Bonafede. Secondo Repubblica, sarebbe pronto un disegno di legge che i democratici vogliono portare in aula la settimana prossima. La controproposta si ispirerebbe all’istituto, attivo in altri Paesi, della prescrizione processuale, cioè per gradi: tempi “di scadenza” per le indagini preliminari, per l’appello e per la Cassazione.