Gli “impresentabili”? Ci sarebbero anche nel Movimento Cinque Stelle. La squadra mobile di Agrigento ha arrestato per estorsione Fabrizio La Gaipa, candidato nella lista M5S alle elezioni regionali siciliane. La Gaipa, che è anche un imprenditore, avrebbe costretto due suoi dipendenti a firmare buste paga false, facendo sì che attestassero una retribuzione diversa da quella percepita. Il tutto, dietro la minaccia di licenziamento. L’indagine in corso riguarda anche Salvatore La Gaipa, fratello del pentastellato. Per lui, il gip ha disposto il divieto di dimora nella città di provincia. Fabrizio La Gaipa è invece agli arresti domiciliari.

Il profilo – Fabrizio La Gaipa è molto conosciuto in città. Il grillino è titolare del Costazzurra Museum Spa nel litorale di San Leone, “il primo archeo-hotel nel mondo”, ha un passato da giornalista e scrittore e ha ricoperto per diversi anni la carica di presidente del consorzio turistico “Valle dei Templi”. Un lavoro che, come si legge nella piattaforma Rousseau, sarebbe stato specchio della sua “passione profonda per l’arte antica” e gli avrebbe permesso di “impegnarsi in iniziative culturali innovative” e di “riscoprire tradizioni gastronomiche, trattamenti e rituali estetici del passato”. Poi è arrivata la presentazione alle regionali nella lista del M5S, annunciata con un comizio in piazza insieme a Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e il candidato governatore Giancarlo Cancellieri, poi battuto da Nello Musumeci della coalizione di centrodestra. La presenza dei tre grillini non ha però aiutato La Gaipa che alle elezioni ha incassato 4mila voti: molti, ma non abbastanza per riuscire ad entrare nell’Assemblea regionale. L’esponente dei Cinque Stelle è così arrivato primo dei non eletti subito dopo i pentastellati Matteo Mangiacavallo e Giovanni Di Caro che hanno ottenuto rispettivamente 14mila e 5.900 voti. La “sconfitta” sembrava non avergli precluso la possibilità di candidarsi alle politiche. Tutti i progetti sono però svaniti con l’accusa di estorsione, suffragata dalle testimonianze raccolte dalla procura negli ultimi mesi.

Il reato – Indurre qualcuno a firmare buste false, che attestano cioè una retribuzione diversa da quella effettivamente percepita, è un reato. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la sentenza 1284/2011 aggiungendo che, affinché si configuri il delitto, è sufficiente dimostrare che il datore di lavoro ha fatto leva sulla paura del suo sottoposto.

Il disegno di legge – Mercoledì pomeriggio la Camera dovrebbe discutere un testo che contrasta il fenomeno delle false busta paga. Si tratta della proposta di legge C. 1041-A – “Disposizioni in materia di modalità di pagamento delle retribuzioni ai lavoratori”, con prima firmataria la dem Titti di Salvo. La novità riguarda soprattutto l’eliminazione del pagamento dello stipendio dei lavoratori in contanti. L’articolo 1 del testo stabilisce che la retribuzione, anticipi inclusi, va corrisposta solo tramite una banca o un ufficio postale. Il datore di lavoro dovrebbe perciò comunicare al centro per l’impiego gli estremi dell’istituto che provvederà al pagamento e fornire a quest’ultimo copia delle lettera di licenziamento o delle dimissioni del lavoro per annullare l’ordine di pagamento. In caso di ritardi è prevista una sanzione di 500 euro mentre, per chi non rispetta gli obblighi, si va dai 5mila e i 50mila euro.