Continuano le tensioni tra Usa e Cina sulla guerra commerciale dei dazi. Il vicepremier cinese Liu He è in volo verso gli Stati Uniti per riprendere le trattative commerciali, ma secondo quanto affermato dal presidente Donald Trump «la Cina ha rotto l’accordo» e «pagherà». L’incontro previsto per la giornata di giovedì 9 maggio è cruciale per capire come si assesterà lo scacchiere commerciale internazionale.

L’antefatto – Nella giornata di mercoledì 8 maggio il presidente Trump ha dato l’ordine di rendere ufficiale l’aumento dei dazi dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di merci cinesi a partire dalla mezzanotte di venerdì 10 maggio, ora di Washington. Una “dichiarazione di guerra” che si aggiunge alle tensioni dell’ultima settimana tra Usa e Cina. Il tycoon infatti è sul piede di guerra da venerdì 3 maggio, dopo aver preso visione di quello che doveva essere l’ultimo documento intermedio prima di siglare l’accordo.

Il resoconto di Reuters A far saltare il patto sui dazi tra Usa e Cina sarebbe stata proprio Pechino: secondo il resoconto pubblicato dall’agenzia Reuters, sarebbe arrivata una marcia indietro quasi totale del Dragone sugli impegni sottoscritti nella bozza di accordo commerciale con gli Stati Uniti. La Cina avrebbe rottamato i principi cardine del deal per riscrivere le norme sulla proprietà intellettuale, i trasferimenti di tecnologia, l’accesso ai servizi finanziari e la manipolazione della valuta.

La reazione di Trump – Il dietrofront ha colto di sorpresa il presidente Usa, che non ha tardato a minacciare sanzioni nei confronti di Pechino e ad annunciare un rialzo al 25% dei dazi su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Trump ha poi rincarato la dose su Twitter, dichiarando che «la Cina ha fatto retromarcia perché spera di rinegoziare l’accordo commerciale con Joe Biden o con uno dei deboli democratici, e quindi continuare a rubare agli Stati Uniti per i prossimi anni».

Le dichiarazioni cinesi – La Cina «è del tutto preparata» per la guerra commerciale con gli Usa, ma continua a preferire una risoluzione dei problemi attraverso «il dialogo invece di azioni unilaterali». A poche ore dall’avvio del round negoziale di Washington, il portavoce del ministero del Commercio Gao Feng ha assicurato che Pechino ha «la determinazione e la capacità per difendere i suoi interessi, ma spera che Usa e Cina possano incontrarsi a metà strada». Il vicepremier Liu He è alla guida della delegazione cinese in missione a Washington al fine di trovare un accordo per il quale, ha detto Gao nella conferenza stampa settimanale, «si richiedono sforzi da entrambe le parti». La partecipazione di Liu «mostra la responsabilità della Cina a concludere i negoziati» ed «è la dimostrazione della sincerità della Cina» che si oppone “«ai dazi imposti unilateralmente», convinta anche che «non ci siano vincitori in caso di una guerra commerciale». Uno scontro frontale è «contro gli interessi di Cina e Usa e non porterà benefici a popoli del mondo. Auspichiamo che Cina e Usa si incontrano a metà strada e lavorino assieme». Sulle ipotesi di «necessarie contromisure» ventilate ieri dal ministero del Commercio cinese in risposta ai nuovi dazi di Trump, Gao ha tagliato corto dicendo che «rilasceremo informazioni in maniera tempestiva».

Le Borse – Nel frattempo, gli investitori restano appesi all’esito del negoziato commerciale tra Stati Uniti e Cina. Le dure parole di Trump e le continue tensioni hanno fatto scappare gli investitori esteri dalla Cina e in generale dalle Borse, che hanno chiuso la quarta seduta consecutiva in calo. Hong Kong è scesa dell’1,8%, Shanghai dello 0,9%, Taiwan ha perso l’1,74%, Tokyo ha perso lo 0,93%.
Anche in Europa i listini si muovono al ribasso, con Milano che cede lo 0,7% in linea con le altre Piazze europee: Parigi arretra dell’1,2%, Londra dello 0,7% come Francoforte.

I rischi per l’Europa e l’Italia – In questa battaglia, il prezzo che l’Italia e l’Europa potrebbero pagare è molto alto. Quello che spaventa di più è l’eventuale conferma delle sanzioni americane contro l’Unione europea: il 7 maggio è iniziata l’indagine del Dipartimento del Commercio Usa (Ustr) sulla proposta di mettere i dazi alle importazioni su una lunga lista di prodotti provenienti da Paesi Ue, per un valore di 11 miliardi di dollari. Tantissimi i prodotti made in Italy a rischio, dal Prosecco al Campari, dall’olio di oliva al pecorino. In caso di dazi anti-Ue, Confindustria calcola mezzo punto di Pil in meno in due anni, oltre allo choc sui mercati finanziari e allo spread che potrebbe salire in modo incontrollato, aggravando la situazione dei conti pubblici italiani.