Il Giappone si schiera con gli Stati Uniti e si ritira dall’Inf, il trattato stilato nell’87 per impedire lo sviluppo dei missili balistici a medio raggio. Una decisione prevedibile, quella annunciata oggi, 4 febbraio, dal capo di Gabinetto Yoshihide Suga, considerata la forte dipendenza del paese dalle forze di difesa americane e la presenza in territorio nipponico di numerosi contingenti militari statunitensi.

La decisione – «È una decisione indesiderabile ma è strettamente legata alla sicurezza dell’Asia orientale» ha dichiarato Suga durante una conferenza stampa, aggiungendo che il Giappone, oltre a cooperare con gli Stati Uniti, continuerà il dialogo con le nazioni della regione, in particolare Russia e Cina. Dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi i destini dell’impero del Sol levante e degli Stati Uniti sono stati legati da mutui benefici strategici ed economici cominciati con la guerra di Corea e fioriti con il boom giapponese degli anni 60 e 70. Il Giappone non può, in base alla Costituzione, avere un esercito, ma solo delle Forze di autodifesa limitate nel numero di effettivi, nelle regole di ingaggio internazionali e nella tipologia di mezzi a disposizione. Queste norme, però, sono state lentamente erose, prima dagli attacchi terroristici degli anni 2000 e poi dall’espansione della Cina e dallo sviluppo nella Corea del Nord di vettori missilistici in grado di raggiungere le principali città nipponiche.

Scenari – Sono proprio questi scenari che potrebbero giustificare, agli occhi della comunità internazionale, la decisione di ritirarsi dal trattato Inf, al quale peraltro la Cina non ha mai aderito. Pechino possiede quelle armi di teatro che il trattato vieta: missili terra-terra con capacità nucleari e gittata tra i 500 e i 5500 chilometri. La Corea del Nord, d’altronde, non sembra disposta, come sembrano provare molte foto satellitari, a smantellare la capacità nucleare dopo gli accordi presi con la Casa Bianca. Il primo ministro Shinzo Abe ha fissato al 2020 il limite per la revisione dell’articolo 9 della costituzione giapponese che impedisce al paese di utilizzare la guerra come strumento di risoluzione di controversie tra Stati. È stata solo l’ultima di una serie di misure di stampo nazionalista che hanno coinvolto non solo l’esercito ma l’intera società giapponese.

Scambio di accuse – La questione del trattato Inf si fonda su uno scambio di accuse tra Stati Uniti e Russia che si rimproverano a vicenda di aver violato il trattato. La colpa degli Stati Uniti, secondo la Russia, è quella Giappone_fuori_trattato_Infdi aver realizzato in Romania un sistema difensivo antimissile che dovrebbe essere allargato alla Polonia e potrebbe essere facilmente convertito in un sistema di lancio di testate nucleari su vettori BGM-109 Tomahawk con un raggio di 2500 chilometri. Secondo gli americani, invece, il governo di Putin avrebbe sviluppato un missile con una gettata massima di 2500 chilometri (anziché 480 come dichiarato dei militari) contravvenendo palesemente al trattato. Il vettore incriminato è l’Iskander nella sua variante 9M729 (denominato SSC-8 nel codice Nato) e non sarebbe stato solo testato ma anche schierato nella Russia centrale a Ekaterinburg a est degli Urali.

Situazione mondiale – Quando Mike Pompeo, segretario di stato americano, ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dal trattato Inf, è iniziato ad un periodo di 6 mesi pensato per permettere alle parti di trovare un accordo ma la contromossa di Putin non si è fatta attendere più di 24 ore: anche la Russia ha annunciato che si ritirerà dal trattato. Questa situazione, come conferma la presa di posizione giapponese, metterà alla prova le alleanze statunitensi sia per quanto riguarda i rapporti con la Russia, sia per quanto riguarda i rapporti con Pechino, sempre più in bilico sul controllo del Mar cinese meridionale e sulla disputa con il Giappone per le isole Senkaku. L’Europa rischia di trovarsi nuovamente alle prese con quegli euromissili che, tra il 79 e l’86, misero in allarme le opinioni pubbliche con momenti di tensione risolti soltanto dal trattato oggi messo in discussione. Un altro accordo che limita la proliferazione dei missili balistici, il New Start, scadrà nel 2021 in una congiuntura che potrebbe potenzialmente innescare una corsa agli armamenti anche a livello strategico globale.