«Ogni volta che mio padre ha potuto danneggiarmi nel corso di questi mesi di campagna elettorale, l’ha fatto». I rapporti fra Jean-Marie Le Pen, fondatore del Front National, e la figlia Marine sono ormai ridotti a zero. Lui ha promesso che la voterà, ma solamente perché «non ci sono alternative». L’ultima stoccata è arrivata giovedì 4 maggio, all’indomani del confronto televisivo fra Macron e Le Pen, i due protagonisti del ballottaggio per le presidenziali: «non è stata all’altezza», ha detto di Marine. Padre e figlia da tempo sono entrati in rotta di collisione a tal punto che a Jean-Marie è stata prima negata la presidenza onoraria del Fn e in seguito è arrivata anche l’espulsione. Non è un caso che da tutti i manifesti sia sparito il cognome Le Pen; è rimasto solo il nome, “Marine présidente”.

Ha deciso di chiudere la campagna elettorale a Ennemain, un villaggio nella regione della Piccardia di 229 abitanti dove non prendono i cellulari. L’aveva aperta il 3 settembre 2016 a Brachay dans la Marne, paesino di 61 abitanti nel cuore della Francia; qui la popolazione si è più che dimezzata negli ultimi decenni dopo la chiusura del caseificio, un tempo motore propulsore del villaggio. Sui manifesti e sul palco nessun riferimento al Front National: il simbolo del partito non è più quello storico, la fiamma, ma una rosa blu. La Francia delusa, la Francia arrabbiata, la Francia che si sente abbandonata si appella a lei, «alla candidata del popolo, schierata contro i poteri forti, contro la globalizzazione senza regole e l’immigrazione di massa»; e Marine definisce la sua discesa in campo «un atto di amore nei confronti della Francia».

Verso il ballottaggio – Sono passati ormai 7 mesi da quel giorno a Brachay e Marine Le Pen – alta bionda, occhi cerulei, voce rauca – leader del Front National, il partito di estrema destra fondato dal padre Jean-Marie, è arrivata al ballottaggio con il candidato centrista Emmanuel Macron e si gioca la possibilità di diventare la prima donna presidente della Repubblica francese. Al primo turno è riuscita a conquistare sette milioni e mezzo di voti (21,3%), uno in meno rispetto al suo avversario Macron. Ora la candidata del Front National spera di raccogliere consensi da coloro che al primo turno hanno votato per Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale; con un occhio anche rivolto al bacino elettorale di Francois Fillon. Durante il suo comizio del primo maggio a Villepinte, Le Pen ha copiato letteralmente parti di un discorso pronunciato il 15 aprile dal candidato conservatore: gaffe o mossa strategica? Alle contestazioni, ai fischi e al lancio di uova al grido “fuori i fascisti”, ai sondaggi che la danno per perdente lei risponde: «La vittoria è a portata di mano». L’attesa volge ormai al termine: la sera del 7 maggio i francesi conosceranno il nome del loro nuovo presidente.

Un cognome importante – Nata il 5 agosto 1968 a Neuilly-sur-Seine, comune alle porte di Parigi, Marine Le Pen è la terza figlia di Jean-Marie Le Pen e Pierrette Lalanne. Il padre è un importante politico, presidente del Front National, partito nazionalista fondato con alcuni reduci di Vichy nel 1972, mentre la madre è una modella. La politica entra nella vita di Marine già a otto anni: il 2 novembre 1976 una bomba esplode vicino all’abitazione della famiglia Le Pen (il bersaglio era proprio il leader del Fn); i suoi componenti, tra cui la piccola Marine, rimangono miracolosamente illesi.
La vita familiare non è delle più felici. Tra gli eventi che segnano la sua adolescenza c’è il divorzio dei genitori: nel 1984 Pierrette Lalanne scarica Jean-Marie Le Pen e intraprende una vera e propria battaglia pubblica per ottenere il divorzio. Tre anni dopo, all’età di 52 anni, posa, coperta solo da un grembiulino, per l’edizione francese di Playboy allo scopo di ridicolizzare il marito, che le aveva suggerito di trovare lavoro come domestica. Dopo quell’episodio, madre e figlia non si parleranno per 15 anni.

Una vita sentimentale turbolenta – Sulla sua vita privata è sempre stata molto riservata. Si definisce «estremamente cattolica». È un’amante dei gatti: ne ha tre in casa. Apprezza la cantante britannica Adele e tra le sue letture predilette ci sono Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway e Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Film preferito: Braveheart di Mel Gibson. È madre di tre figli adolescenti, tutti avuti dal primo matrimonio, quello con Franck Chauffroy, uomo d’affari attivo per il Front National. Nel 2002 si sposa in seconde nozze con un importante esponente del partito, Eric Iorio, dal quale si separa quattro anni dopo. Il suo attuale compagno è Louis Aliot, eurodeputato e vicepresidente del Front National.

Louis Aliot, le premiere homme – Domenica 23 aprile, una volta resi noti i risultati, Emmanuel Macron non ha avuto neanche il tempo di salire sul palco che già stava ringraziando la moglie, l’ormai celeberrima Brigitte Trogneux: «Questa vittoria la dedico a Brigitte, presente da sempre e oggi ancora di più al mio fianco, senza la quale non sarei quello che sono». Nello stesso momento anche Marine Le Pen festeggiava il passaggio al secondo turno: per il suo compagno Louis Aliot però – avvocato e vicepresidente del Front National – neanche una parola di ringraziamento. Un amore poco sbandierato quello tra Marine e Louis, insieme ufficialmente dal 2010. La prima (e forse unica) volta che si espongono è il 30 maggio 2014 quando su Twitter la Le Pen posta un bacio scrivendo “dedicato a Closer”, la rivista che, pochi giorni prima, aveva insinuato che la coppia fosse in crisi.
I due si conoscono nel ’99: lui è direttore di gabinetto di Le Pen padre, è sposato e ha due figli, mentre lei è responsabile del servizio giuridico del Front National e sta divorziando dal primo marito Franck Chauffoy, padre dei suoi tre figli. Nel 2002 Marine si risposa con Eric Lorio, ex segretario del partito. E proprio nel 2002, anno in cui il padre della Le Pen arriva al ballottaggio, Aliot si ritrova a difendere Marine, agli inizi della sua carriera nel partito e malvoluta da alcuni veterani del Front, che la considerano troppo giovane e amante della bella vita. «Dovevate vedere come le si rivolgevano – ha ricordato Aliot –: non stavo ancora con lei, ma l’ho difesa. Una cosa indegna. Un atteggiamento macho, di grande misoginia». Schivo e determinato, Aliot nel 2005 diventa segretario del partito e guadagna il soprannome di Loulou la purge (la purga), perché si assume l’onere di espellere dal partito i membri più radicali ed estremi.Nel Front National da quando ha 21 anni, Aliot è stato prima consigliere regionale e poi eurodeputato. Durante la campagna presidenziale ha dichiarato che, se la sua compagna dovesse vincere, non farà da premiére dame perché «i francesi non eleggono una coppia ma un Presidente. Se Marine vincerà mi ritirerò a Perpignan e mi occuperò del mio dipartimento».
Nato a Tolosa nel ’69 da madre figlia di un ebreo algerino, entrami i suoi genitori sono due pieds noirs, francesi d’Algeria costretti a rimpatriare dopo l’indipendenza concessa da De Gaulle. Per questo è da sempre un convinto antigollista. Ora però, qualora vincesse il Front National, Marine Le Pen ha già preannunciato che il primo ministro sarà un gollista, Dupont-Aignan. Un’ultima prova di fedeltà per Louis.

La formazione, la carriera forense, l’ingresso in politica – Terminato il liceo a Saint-Cloud, Marine Le Pen si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’università parigina Panthéon-Assas. Una volta conseguita la laurea in diritto penale e completata la pratica forense, diventa avvocato nel 1992 ed entra nello studio legale di Georges-Paul Wagner, vicino alla famiglia Le Pen e al Front National. I colleghi la descrivono come un’infaticabile lavoratrice, dal temperamento pugnace: in qualità di giovane avvocato d’ufficio, si ritrova anche a difendere un immigrato algerino fermato per furto, riuscendo a convincere i giudici a non espellerlo. La sua carriera da avocat, tuttavia, non decolla e si conclude nel 1998, quando decide di candidarsi per il Front National alle regionali nel Nord-Passo di Calais e si fa eleggere consigliere.

La dédiabolisation Il 2002 è l’anno della svolta. In occasione delle elezioni presidenziali il padre Jean-Marie arriva al ballottaggio con Jacques Chirac, ma perde raccogliendo il 17,8% dei consensi contro l’82,2% dell’avversario. Una disfatta, uno schiaffo cui consegue un netto cambio di rotta: Marine capisce, insieme ad altri dirigenti del partito, che la strategia tenuta fino a quel momento dal Fn è perdente e decide di dare il via a un nuovo corso. Inizia la dédiabolisation, la “de-demonizzazione” del Front National. Via l’antisemitismo e l’antisionismo dai programmi elettorali, i temi su cui insistere diventano l’identità francese e il pericolo dell’immigrazione. E una guerra senza quartiere all’Euro e all’Unione Europea. In quell’anno Marine diventa presidente di Generations Le Pen, associazione vicina al partito che mira a promuovere il Fn tra i giovani. Nel 2003 diventa vicepresidente del partito e l’anno seguente viene eletta europarlamentare a Strasburgo.

Alla guida del partito – Nel 2011 la felpata ma decisa scalata al vertice del partito viene portata a termine: il 16 gennaio viene acclamata presidente del Front National con il 67.7% dei voti. Silenziata l’ala più intransigente del partito, Marine riesce ora nell’impresa di attrarre voti tra le fasce più giovani della popolazione e tra gli elettori della classe operaia delusi dalla sinistra. Emblema del cambio di rotta del Fn è la posizione sui matrimoni gay: il padre fondatore Jean-Marie parlava dell’omosessualità come «un’anomalia biologica e sociale»; ufficialmente, il partito li avversa, e Marion Maréchal Le Pen (nipote di Marine e nuovo astro nascente della famiglia) ha partecipato a manifestazioni contro le unioni civili. Nei fatti, però, Marine non ha mai rilasciato dichiarazioni nette al riguardo. Nel frattempo, Florian Philippot e Sébastien Chenu – gay dichiarati – sono diventati rispettivamente vicepresidente del Fn e responsabile del partito in materia culturale, nonché stretti collaboratori di Marine Le Pen.
La minaccia da cui guardarsi sono diventati gli immigrati, soprattutto quelli di religione musulmana. Nel 2015 viene perfino processata (e in seguito assolta) per incitazione alla discriminazione e all’odio religioso, dopo aver paragonato i musulmani che pregano per la strada all’occupazione nazista della Francia. Dalla globalizzazione economica e commerciale nasce “il mondialismo”, l’ideologia universalista promossa da istituzioni sovranazionali che impoveriscono la Francia, le fanno perdere i suoi caratteri distintivi e promuovono «l’invasione islamica». Questa la chiave interpretative della realtà con cui la Le Pen ha conquistato un numero crescente di voti e che le ha permesso di dichiarare che il «Front National non è un partito né di destra né di sinistra, ma un partito di patrioti».

Il (parziale) successo – La strategia affinata negli anni e adottata dalla Le Pen dal 2011 comincia a dare buoni risultati: nelle elezioni presidenziali del 2012, vinte dal socialista François Hollande, il Fn arriva terzo col 18% raccogliendo 6,4 milioni di voti, miglior risultato di sempre. Nel 2014 vince le elezioni in piccoli comuni come Frejus e Béziers, eccellenti vetrine per ripulire l’immagine del partito e proporsi come alternativa credibile. Le europee della primavera 2014 sono la prima, vera, grande vittoria: il Fn è il partito più votato su base nazionale col 24% delle preferenze. E’ il trionfo della linea di Marine. Le regionali del 2015 si configurano come il banco di prova fondamentale, il momento della verità. Il Front National schiera tutti i suoi candidati migliori e al primo turno arriva primo in molte delle regioni in cui si vota. Al secondo turno, però, perde quasi tutti i ballottaggi. Il Fn, nonostante tutti gli sforzi, sembra non riuscire a staccarsi di dosso l’etichetta di partito estremista, inadatto a governare il paese. Marine Le Pen accusa il colpo e limita per qualche mese le apparizioni pubbliche, soprattutto in televisione.

Il trio degli euroscettici: Marine Le Pen tra l’italiano Matteo Salvini (Lega Nord) e l’olandese Geert Wilders (Partito per la Libertà).

“Je suis l’anti-Merkel” – A favore di un’Europa delle Nazioni, considera l’Unione Europea «un sistema tirannico», un apparato di burocrati e finanzieri che si disinteressano delle esigenze del popolo. È fortemente critica sulla politica economica, monetaria e migratoria dell’Unione (incarnata dalla figura del cancelliere tedesco Angela Merkel): in caso di vittoria alle presidenziali, ha promesso un referendum sull’Euro sulla permanenza della Francia all’interno dell’Ue. È sempre stata contraria all’adesione della Francia alla Nato, ritenuta un’istituzione anacronistica: «Scelte di allineamento sistematico agli Stati Uniti – ha dichiarato – non mi sembrano positive».
Riguardo cibo e ambiente ha detto di considerare «un’eresia ecologica consumare prodotti coltivati a 20mila chilometri di distanza e riciclare i rifiuti migliaia di chilometri più avanti» e sostiene si debba produrre e distribuire «sul posto». Nel programma economico della Le Pen, concepito all’insegna di un «protezionismo intelligente», sono previsti, sgravi fiscali per le piccole e medie imprese, supporto al “made in France” con etichettature obbligatorie,  introduzione di dazi sulle merci importate e di una tassa addizionale per chi assume lavoratori stranieri.
Ritiene che la nazionalità dovrebbe essere «ereditata o meritata». È convinta della necessità di rimuovere la doppia cittadinanza e vorrebbe una regolamentazione severa sulla perdita della cittadinanza. Intende fissare un tetto annuo massimo di 10mila immigrati, cancellare lo ius soli (che concede la cittadinanza a chi nasce in Francia) e limitare le condizioni per poter presentare domanda d’asilo. A favore della pena capitale per i pedofili, è contraria all’aborto, alla legalizzazione delle droghe leggere e all’eutanasia. Fervente sostenitrice della laicité dello Stato, nonostante si dichiari «profondamente cristiana», Marine Le Pen ha recentemente polemizzato col Papa che invita ad accogliere i migranti: «quella di Francesco è un’ingerenza: la Chiesa non faccia politica».

La strada verso l’Eliseo – Il 2016 è un anno chiave: è l’anno della Brexit e dell’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Due eventi accolti con soddisfazione che riaccendono le speranze di Marine Le Pen, la quale intanto prende la decisione di candidarsi ufficialmente alle presidenziali francesi dell’anno successivo. Torna sotto la luce dei riflettori il 3 settembre, quando a Brachay dans la Marne dà il via alla campagna presidenziale. L’operazione di rinnovamento dell’immagine del partito è stata completata, gli spettri del passato sembrano lontani. Lei si dice pronta a diventare la prima donna presidente della Francia. Dove si trova il suo comitato elettorale di Parigi? In Rue du Faubourg Saint-Honoré. La stessa strada del palazzo dell’Eliseo.

Federico Turrisi, Jacopo Bernardini