Strasburgo. Quando prende la parola, Julio Borges chiede un applauso per tutti gli oppositori politici chiusi nelle carceri del Venezuela. Facendolo, non nasconde la commozione: “Non è facile parlare quando si ha un nodo alla gola, come ora. Ma lo farò lo stesso. Dedico il premio Sakharov a tutti i dissidenti politici. Quelli che sono in prigione, quelli che sono oggi presenti in aula. Lo dedico anche a chi ha dovuto lasciare il Venezuela per trovare altrove possibilità che il paese non offre più”, dichiara. Julio Borges, avvocato, ritira il premio in quanto rappresentante dell’Assemblea Nazionale, la stessa che lo scorso marzo Maduro aveva spogliato dei suoi poteri. E’ la prima volta che il premio Sakharov – il principale riconoscimento che le istituzioni europee conferiscono a chi tutela i diritti umani – viene dedicato a un’istituzione. “Nell’assegnarlo, difendiamo la libertà di espressione e il principio della separazione dei poteri”, ha dichiarato il presidente Tajani.

Apertura di una cooperazione umanitaria. Borges ha chiesto l’intervento delle istituzioni europee. “Il governo di Maduro rifiuta gli aiuti umanitari. Ma la lotta per la dignità darà i suoi frutti”, ha dichiarato. Appello raccolto dal presidente del parlamento europeo, che avanza la possibilità di inviare un osservatorio in vista delle elezioni presidenziali che si terranno in Venezuela nel 2018.

Un paese al collasso. I dati sulla crisi del Venezuela fanno impressione. Secondo l’Encuesta Nacional de Condiciones de Vida, uno studio realizzato dalla fondazione Bengoa, nel 2016 il 32,5 per cento della popolazione ha consumato due o meno pasti al giorno, segnando un aumento rispetto al 2015 quando era all’11,3 per cento. La Caritas parla di condizioni di povertà estrema: più delle metà della popolazione non riesce a soddisfare i bisogni primari. Mentre secondo una ricerca del Ministero della salute venezuelano, più di 11mila bambini con meno di un anno sono morti nel 2016 per cause legate alla mancanza di medicine, di macchinari e di controlli maggiori. Le condizioni negli ospedali pubblici non riescono a garantire il diritto alla salute: mancano gli antibiotici, l’adrenalina per potere effettuare gli interventi chirurgi. Alle precarie condizioni sanitarie, si aggiungono i dati sulle manifestazioni in piazza contro il governo Maduro. Le proteste sono continuate e il bilancio è diventato tragico: tra aprile e agosto ci sono stati più di 130 morti, diecimila feriti e tremila arresti, tra cui 500 oppositori politici.