Entro dieci giorni l’Iran supererà il limite delle riserve di uranio a basso arricchimento consentiti dall’accordo sul nucleare del 2015. Lo ha riferito il portavoce della Agenzia iraniana per l’energia atomica, Behrouz Kamalvandi, Un ulteriore passo verso la riduzione degli obblighi previsti dall’accordo internazionale sul nucleare iraniano (Jcpoa) del 2015. Intesa siglata all’epoca dall’amministrazione Obama con gli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu (Francia, Cina, Russia e Regno Unito) più Germania e Ue, e poi disdetto unilateralmente nel 2018 da Donald Trump. Nel frattempo non si attenua la tensione in Medio Oriente dopo le accuse esplicite di Usa e Arabia Saudita a Teheran, ritenuta responsabile degli attacchi alle due petroliere nel Golfo di Oman. I media americani riportano che l’amministrazione Trump sta valutando l’invio di ulteriori truppe nella zona per proteggersi da una possibile aggressione dell’Iran.

La dichiarazione – «Abbiamo quadruplicato il ritmo di arricchimento», ha detto Behrouz Kamalvandi, durante una visita di giornalisti locali al reattore ad acqua pesante di Arak, mostrata in diretta dalla tv di Stato, e quindi in 10 giorni supereremo il limite consentito di 300 chili. Ma c’è ancora tempo… se i Paesi europei agiscono». Da oggi inizia il conto alla rovescia e, entro il 27 giugno «la nostra produzione di uranio supererà il limite 300 kg», ha aggiunto Kamalvandi. Un’altra prova che l’accordo sul nucleare è a rischio dopo le dichiarazioni del presidente iraniano Hassan Rohani di domenica 16 giugno: «Teheran non può continuare a restarvi fedele unilateralmente, perché tutte le potenze firmatarie devono impegnarsi per salvarlo». Se non ci saranno segnali positivi da parte degli altri firmatari, l’Iran «continuerà a lavorare» per smettere di rispettare alcuni punti dell’intesa, ha aggiunto Rohani. Il ritiro dal Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) e una ridefinizione della «collaborazione» con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) è un’ipotesi concreta. Nell’ultimatum di 60 giorni di maggio ai firmatari dell’accordo, Rohani ha chiesto di «mitigare gli effetti delle sanzioni americane», sentendosi libero altrimenti di riprendere ad arricchire l’uranio. E dal portavoce dell’Agenzia iraniana per l’energia atomica è arrivata la conferma che il superamento del limite delle riserve di uranio è vicino.

Tensione Usa-Iran nel Golfo di Oman – Il presunto attacco alle due petroliere nel Golfo, ma non solo. La tensione in Medio Oriente sale dopo le accuse esplicite degli Usa a Teheran, ritenuta responsabile degli attacchi alle due petroliere nel Golfo di Oman. E i media americani riportano che l’amministrazione Trump sta valutando l’invio di ulteriori truppe in Medio oriente per proteggersi da una possibile aggressione dell’Iran. Domenica 16 giugno, al coro di accuse nei confronti della Repubblica islamica si è aggiunta l’Arabia Saudita, principale alleato Usa nell’area: il principe Mohammed bin Salman, in un’intervista, ha incolpato l’Iran dell’attacco alle petroliere, aggiungendo in un tweet che «Teheran non ha avuto rispetto della visita del primo ministro giapponese in Iran e dei suoi sforzi diplomatici come mediatore» tra gli Usa e lo stesso Iran. La prova decisiva secondo il Pentagono sarebbe un video diffuso dalla marina militare degli Stati Uniti registrato da aerei americani. Nelle immagini si vede una barca di pattuglia iraniana avvicinarsi alla nave Kokuka Corageus, una delle due superpetroliere attaccate il 13 giugno scorso, per rimuovere una mina inesplosa dallo scafo dell’imbarcazione.Teheran ha respinto l’accusa, ma a preoccupare sono gli occhi puntati da Israele su quella strettoia, il Golfo di Oman, che vede contrapposti da una parte l’Iran e dall’altra i regni del Golfo alleati con l’America, da cui devono passare tutte le navi cariche di greggio che partono dal Golfo persico.

L’accordo e l’uscita degli Usa – Il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), noto anche come accordo sul nucleare iraniano, è l’intesa raggiunta il 14 luglio 2014 dall’Iran e il gruppo 5+1, ovvero i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti) più la Germania, oltre all’Unione europea. L’obiettivo primario è impedire all’Iran di sviluppare una tecnologia finalizzata alla costruzione di ordigni atomici ma consentendogli al contempo di proseguire il programma per la produzione di energia nucleare ad usi civili. Come conseguenza dell’accordo, all’inizio del 2016 sono state rimosse le sanzioni economiche in precedenza imposte dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dal Consiglio di sicurezza dell’Onu.

 

Le sanzioni contro l’Iran- L’8 maggio 2018 gli Stati Uniti abbandonano gli accordi sul nucleare ripristinando le sanzioni contro l’Iran in due differenti tornate a distanza di 90 e 180 giorni. Il 7 agosto 2018 vengono reintrodotte le sanzioni che colpiscono il commercio di automotive, oro e materiali preziosi. Il 5 novembre a essere colpiti sono i settori energetici e finanziari: nel mirino quindi l’esportazione di petrolio, i trasporti e le industrie cantieristiche, oltre alle attività degli istituti finanziari stranieri con la Central Bank of Iran. Tra gli obiettivi delle sanzioni anche individui, compagnie aeree ed entità già precedentemente nella “black list” americana che intrattengono relazioni commerciali con Teheran.