Ancora guai per Donald Trump. Giovedì 23 marzo la Cnn ha rivelato che, secondo fonti interne all’Fbi, durante la campagna elettorale degli agenti russi avrebbero collaborato con lo staff del neo presidente per screditare il candidato avversario, Hillary Clinton. Sempre giovedì era atteso il voto sull’emendamento che avrebbe modificato gran parte della riforma sanitaria di Obama. Ma i Repubblicani non sono riusciti a mettersi d’accordo tra loro, e il presidente ha ordinato di ritirare la legge prima che il suo partito la affossasse.

Russiagate – Secondo la Cnn, l’Fbi ha le prove che lo staff di Donald Trump avrebbe coordinato la campagna elettorale del futuro presidente con delle sospette spie russe, per il rilascio di informazioni che avrebbero gettato discredito sulla candidata democratica Hillary Clinton. Lunedì 20 marzo il direttore dell’Fbi James Comey ha confermato, davanti alla commissione d’intelligence della Camera, che nelle indagini sulle interferenze russe nella campagna elettorale 2016 si sta investigando anche sui legami tra collaboratori di Trump e governo russo. L’Fbi e la Casa Bianca non hanno commentato il servizio della Cnn, ma lunedì il portavoce del presidente aveva sottolineato che non esistono prove di questi legami.

James Comey, direttore dell’Fbi

Il Russiagate è scoppiato nel luglio scorso, quando hacker russi (secondo l’intelligence statunitense) hanno cominciato a diffondere le mail di stretti collaboratori della Clinton e numerose organizzazioni vicine ai Democratici, dopo averne violato i server di posta. L’allora presidente Obama aveva fatto avviare un’indagine dalla Cia, dalla Fbi e dalla Nsa, la cui relazione è stata presentata a gennaio, poco prima dell’insediamento di Donald Trump. Nel documento si legge che fu Vladimir Putin a ordinare gli attacchi informatici contro i Democratici. Da allora, per i propri legami con la Russia si sono dovuti dimettere sia Paul Manafort, capo della campagna elettorale di Trump, che Michael Flynn, ex consigliere di Trump per la sicurezza nazionale, e sono stati toccati da vicino anche il segretario di Stato Rex Tillerson e il procuratore generale Jeff Sessions, appena nominati.

Riforma sanitaria – Il Partito Repubblicano ha presentato un emendamento che modifica in profondità la riforma sanitaria voluta da Obama nel 2010. Tra le altre cose, eliminerebbe la penale che oggi deve pagare chi decide di non assicurarsi, così come l’obbligo per le compagnie più grandi di assicurare i propri impiegati. Il partito si è spaccato tra conservatori che giudicano la nuova riforma poco incisiva, e moderati che la ritengono troppo radicale. Il tira e molla che ha portato alla presentazione del testo aveva già fatto emergere le due posizioni, ma è probabile che i dirigenti del partito ritenessero le fratture sanabili al momento del voto.

Nella notte di mercoledì 22 marzo lo speaker repubblicano Paul Ryan aveva ammesso che non era stato trovato un accordo. I Democratici, dichiarando che avrebbero votato contro in maniera compatta, avevano bisogno di 23 Repubblicani dissidenti per affossare la proposta. Dopo aver posticipato il voto per prendere tempo, il presidente è stato informato che il partito non aveva i numeri per votare la legge, ed è stato costretto a ritirare l proposta. Trump ha accusato i Democratici, ma il passo indietro del suo partito, che detiene la maggioranza in entrambe le camere, ha evidenziato una spaccatura profonda tra i Repubblicani, incapaci di tener fede alla promessa fatta in campagna elettorale ai propri elettori di cancellare l’Obamacare.