«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». A ricordarlo, è la Costituzione italiana nel suo primo articolo. Una previsione normativa molto distante dal paese reale: l’Italia della lenta risalita verso la crescita economica, dopo il grande crollo provocato dalla crisi finanziaria del 2008, è un Paese con un tasso di disoccupazione che viaggia stabilmente oltre il 10% e in cui gli scoraggiati che escono dalla forza lavoro sono in aumento. Ma oltre al tema – centrale – della disoccupazione, sono molti i nodi da affrontare: precarietà diffusa tra i giovani, progressiva de-contrattualizzione delle nuove figure professionali, delocalizzazione della produzione industriale, ma anche scarsa capacità di innovazione nei settori strategici per lo sviluppo del Paese. In un mondo in cui le regole del mercato del lavoro sembrano destinate a ridelinearsi continuamente, alla rincorsa dei cambiamenti economici e tecnologici, il tema del lavoro è al centro della crisi economica e sociale italiana, ma non della campagna elettorale. Ecco quali sono le proposte dei partiti sul lavoro.

Report Istat 2017: dal 2008 netta crescita della disoccupazione ma anche degli scoraggiati che escono dalla forza lavoro

 

Forza Italia – Guidato da un imprenditore della politica – o un imprenditore prestato alla politica -, il partito di Silvio Berlusconi torna in campo con un programma simile a quello del 1994. Sul tema del lavoro le proposte di Forza Italia si rivolgono a due target elettorali ben precisi. Da un lato c’è l’appello al mondo della imprenditoria, con la proposta di un abbassamento delle tasse e della facilitazione dell’erogazione del credito per i piccoli e medi imprenditori – la spina dorsale dell’Italia produttiva e capace di creare nuovi posti di lavoro. Dall’altro, c’è un più generico appello rivolto all’elettorato preoccupato dall’assenza di lavoro e dalla minaccia della povertà. Sorridente e sicuro di sé come nel 1994, il garante Silvio (che non potrà essere eletto perché, a causa della Legge Severino, non è candidabile) si rivolge così ai suoi potenziali elettori: «Il mio lavoro sarà creare posti di lavoro».

Lega – La Lega di Matteo Salvini, in coalizione con Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, affronta il tema lavoro con numerose proposte. Quella più visibile in questa campagna elettorale è quella per l’abolizione della legge Fornero, la riforma del lavoro che ha traghettato il sistema pensionistico dal sistema retributivo a quello contributivo e che ha creato gli «esodati». Spicca, poi, la richiesta di una norma sul salario minimo e una serie di misure che abbassino il costo del lavoro per gli imprenditori (flat rate, riduzione cuneo fiscale) e incentivino l’«industry 4.0, imprenditoria giovanile e start-up».

Fratelli d’Italia – La destra di Giorgia Meloni mette al primo punto del suo programma «il più imponente piano di sostegno alla natalità della storia d’Italia»: una politica che implicherebbe significative misure a sostegno del lavoro femminile, come «asili nidi gratuiti, congedo parentale coperto fino all’80%, equiparazione delle tutele per le lavoratrici autonome e incentivi alle aziende che assumono neo-mamme e donne in età fertile». Per difendere il made in Italy  prevede misure protezionistiche a difesa «del lavoro, dell’industria e dell’agricoltura italiani da concorrenza sleale e direttive Ue penalizzanti» e «sostegno a chi non de-localizza all’estero».

+Europa – I radicali guidati da Emma Bonino (e aiutati da Tabacci a presentarsi alle elezioni) declinano ogni aspetto della proprio proposta politica in chiave europeista. Per risolvere il problema della «bassa occupazione, bassa produttività e bassi salari» dell’Italia vanno in direzione opposta a quella prospettata dalla coalizione di destra, affermando la necessità di portare a compimento il processo di integrazione europea anche a livello di mercato del lavoro: «È necessario andare nella direzione della costruzione di un vero mercato del lavoro europeo, interdipendente e integrato». Propongono, poi, misure a sostegno dell’imprenditoria, come l’alleggerimento della pressione fiscale, e proseguendo nella direzione tracciata dal Jobs Act del governo Pd.

Partito Democratico – Il Pd del governo uscente si propone agli elettori con un programma in cento punti che va in continuità con quello già fatto nella passata legislatura. JobsAct e nuovo misure per abbattere il costo del lavoro e incentivare nuove assunzioni sono tra le prime proposte del programma: «Ridurre il cuneo contributivo di 4 punti in 4 anni (dal 33% al 29%)» o «riduzione ulteriore dell’IRES e dell’IRI per piccole imprese fino al 22%». Prevista anche una legge sul salario minimo e torna il cavallo di battaglia degli 80 €, con previsione di una estensione universale del trasferimento alle famiglie per ogni figlio fino ai 18 anni, ma anche alle partite Iva e agli autonomi fino ai 26.000€ lordi.

 

Liberi e Uguali – Il partito guidato dall’ex magistrato Pietro Grasso, cerca di conquistare l’elettorato di sinistra rispolverando il tema della «piena occupazione» e proponendo – come soluzione – un Green New Deal: un piano capace di creare posti di lavoro mettendo in cantiere progetti di «messa in sicurezza del territorio, delle scuole, degli ospedali, degli edifici pubblici e delle abitazioni» a livello nazionale. Centrale, poi, la distanza rispetto al Pd nella proposta di superare il Jobs Act, ripristinare l’articolo 18 e la promessa di porre rimedio alla «giungla di forme contrattuali precarie introdotte nell’ultimo ventennio». In linea con il Partito Democratico, invece, l’impegno per l’implementazione di politiche che riducano il gap salariale tra uomini e donne.

Movimento Cinque Stelle – Il partito non partito che potrebbe risultare la forza politica più votata d’Italia si presenta agli elettori con un Programma per l’Italia scritto dagli italiani. Promettendo investimenti per oltre 2 miliardi di € in politiche attive del lavoro, le priorità rivendicate dai pentastellati sono «il salario minimo garantito, l’adozione di un equo compenso per tutti e l’introduzione di tutele nei confronti delle lavoratrici, lavoratori autonomi e non». Attenzione anche per il tema dello smart working – da incentivare -, e dell’innovazione tecnologica, con la previsione di creare un Osservatorio nazionale del Mercato del Lavoro per raccordare nuovi saperi alle applicazioni nel lavoro. Rimane, infine, la promessa di un reddito di cittadinanza, una «misura attiva rivolta al cittadino al fine di reinserirlo nella vita lavorativa che garantisce la dignità dell’individuo».