«Tenetevi pronti, si vota a settembre». Bastano poche parole, pronunciate dal ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini, a far tremare i palazzi romani. Che sia uno scenario realistico o una delle solite veline passate ai giornali per alzare l’asticella con gli alleati del M5S da una posizione di forza, poco importa. Intanto il sasso è stato lanciato. E a riportarlo ci hanno pensato giovedì 13 giugno La Repubblica La Stampa con due retroscena molto simili in cui raccontano della volontà di Salvini di staccare la spina al governo Conte e andare al voto a fine settembre, prima della manovra finanziaria autunnale. Secondo il quotidiano di Largo Fochetti, una decina di giorni fa il leader del Carroccio avrebbe anche telefonato al governatore della Liguria, Giovanni Toti, in libera uscita da Forza Italia e pronto da settimane a lanciare il suo movimento politico. L’idea di Salvini sarebbe molto semplice: creare un polo di centrodestra che metta insieme Lega, Fratelli d’Italia e appunto il nuovo partito di Toti, tagliando fuori Forza Italia che secondo gli ultimi sondaggi in mano al leader del Carroccio sarebbe data tra il 5 e il 6%.

L’incontro con i ministri – Che ci sia del vero nelle intenzioni di Salvini, ormai non lo nega più nessuno. E, al netto delle dichiarazioni di facciata, quello che è successo mercoledì può essere una spia importante sul futuro del governo gialloverde. Dopo il primo vertice a Palazzo Chigi sui conti pubblici per evitare la procedura d’infrazione europea, Salvini ha riunito nella sua casa romana tutti i ministri del Carroccio per fare il punto della situazione e parlare di come «rilanciare l’attività di governo», come hanno scritto le agenzie citando fonti leghiste. In realtà, durante la riunione immortalata anche tramite social network, la discussione è stata monopolizzata da un unico tema: la durata dell’esecutivo. Da tempo tutti i ministri, capitanati dal sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, chiedono espressamente a Salvini di rompere con i 5 Stelle e raccogliere subito i frutti del voto alle ultime europee. I vertici della Lega, infatti, temono che il “Capitano” faccia lo stesso errore commesso cinque anni fa dall’altro Matteo (Renzi) che dopo il 40,8% alle europee decise di continuare a governare con i rimasugli di Forza Italia e del Nuovo Centro Destra andandosi a “incartare” sulla riforma costituzionale. Nell’incontro di mercoledì pomeriggio, secondo La Stampa, Salvini avrebbe ribadito che ci sono troppi temi su cui lo scontro con i 5 Stelle non si può più ricucire.

Simulazione di Youtrend sui voti delle europee: nel nuovo Parlamento Lega e FdI avrebbero la maggioranza senza Berlusconi

Conti pubblici, Alitalia e Giustizia – Non sembra quindi aver raggiunto l’effetto sperato il vertice di lunedì a tre tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e i due vicepremier per trovare una quadra sui prossimi provvedimenti di governo. Al momento i nodi aperti non si contano più e gli ultimi in ordine cronologico rischiano di diventare insanabili e portare il leader del Carroccio a staccare definitivamente la spina. In cima alla lista c’è il dossier Alitalia, che nelle ultime ore si è non poco complicato: nonostante la manifestazione di interesse del patron della Lazio, Claudio Lotito, la Lega spinge per l’intervento di Atlantia (la holding della famiglia Benetton finita nel mirino dopo il crollo del ponte Morandi) mentre i 5 Stelle sono apertamente contrari a questa ipotesi perché non vogliono essere associati ai 43 morti di Genova. Poi c’è l’annoso tema dei conti pubblici da mettere in ordine: nel vertice di mercoledì a Palazzo Chigi, il ministro dell’Economia Giovanni Tria avrebbe chiesto ai due vicepremier di indicare le coperture per finanziare la flat tax leghista e scongiurare l’aumento dell’Iva in ottobre. Ergo: dovete trovare 40 miliardi e subito. E’ noto che la Lega spinge da tempo per sforare il parametro del 3% del rapporto deficit/Pil mentre i 5 Stelle, anche per volere del premier Conte, su questo tema hanno assunto posizioni più responsabili: «Le regole sono chiare e si rispettano» ha ripetuto più volte il presidente del Consiglio negli ultimi giorni.

Paolo Arata durante la presentazione del programma energetico della Lega

Infine, c’è il tema della giustizia: dopo gli ultimi scontri sul reato di abuso d’ufficio e sul “caso Rixi”, l’arresto di Paolo Arata (accusato di aver pagato una mazzetta da 30mila euro all’ex sottosegretario Armando Siri e interpellato dalla Lega per il programma energetico) ha aperto una nuova frattura tra i due partiti di governo: «La puzza di bruciato si sentiva da lontano – ha attaccato mercoledì Di Maio – ogni volta in cui emergono legami con la corruzione e la mafia, la politica deve saper subito prendere le distanze». Parlare a nuora perché Salvini intenda. Non solo: il 17 luglio arriverà la sentenza sul viceministro dell’Economia leghista Massimo Garavaglia, a processo per turbativa d’asta per una gara d’appalto da 11 milioni quando ricopriva la carica di assessore alla Sanità della Regione Lombardia. A fine marzo per lui il pm di Milano, Giovanni Polizzi, aveva chiesto una condanna a due anni.

L’iter per andare al voto – Ma è realistica l’ipotesi di un voto a fine settembre, magari domenica 30? Sì, ma i tempi sono piuttosto stretti e il presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere le camere entro metà luglio. Infatti, secondo la Costituzione, dal decreto di scioglimento devono passare almeno 45 giorni prima del voto e mai oltre i 70. La prassi vuole che le elezioni vengano convocate tra il sessantesimo e il sessantacinquesimo giorno per cui fine settembre sarebbe ancora possibile. Il nodo però resta politico: la Lega dovrebbe individuare il tema su cui far cadere l’esecutivo ma senza essere incolpata per l’apertura della crisi. In che modo non è ancora dato saperlo.