Dopo Milano e Genova, i tassisti ora scelgono Torino per proseguire le proteste contro Uber. Il servizio, un’app che mette in contatto autisti e clienti direttamente per prenotare una vettura “con conducente”, da anni attira a sé le critiche dei tassisti che, infuriati, ne subiscono la concorrenza. A loro dire “illegale”. Il vero bersaglio delle proteste torinesi è però UberPop, il servizio di Uber che svolge la stessa funzione senza però la necessità di licenza e, a costi molto più bassi, mette a disposizione utilitarie e guidatori.

Il 17 febbraio a Torino, vestiti come clown e all’urlo di “Je suis taxi legale”, i tassisti sfilano sotto la sede dell’Autorità di regolazione dei trasporti e hanno chiesto al presidente Andrea Camanzi di prendere una posizione e stabilire se in base alle leggi vigenti il servizio offerto da Uber sia legale o meno.

Vero è che c’è ancora molta confusione: è del 16 febbraio la notizia che un giudice di pace genovese ha restituito la patente a un driver di Uber, dopo che questa era stata sequestrata dai vigili per esercizio abusivo della professione di tassista. Il pronunciamento non è passato inosservato agli occhi dei tassisti che, infuriati, hanno bloccato il centro del capoluogo ligure con le loro auto bianche incolonnate. Sono gli stessi che ora continuano a far valere la loro a Torino, chiedendo al ministro Lupi, al sindaco Fassino e al prefetto di Torino di intervenire contro l’illegalità del servizio.

Clara Amodeo