Christine Lagarde, direttore del Fmi, fa svanire l'ottimismo su un possibile accordo tra la Grecia e i suoi creditori (foto: Ansa)

Christine Lagarde con il ministro greco Varoufakis: il direttore dell’Fmi, fa svanire l’ottimismo su un possibile accordo tra la Grecia e i suoi creditori (foto: Ansa)

“Le cose si sono mosse, ma c’è ancora molto lavoro da fare”. Il direttore del Fondo monetario internazionale, Chistine Lagarde, durante il G7 in corso a Dresda fa sfumare in pochi secondi l’ottimismo su una soluzione vicina della questione greca. L’accordo fra i vertici del Paese e i creditori (oltre all’Fmi, anche la Commissione europea e la Banca centrale europea) era sembrato ieri, 27 maggio, quasi certo. “Ci siamo quasi”, aveva detto il primo ministro greco Alexis Tsipras. Non ci siamo ancora, risponde Lagarde: ” Stiamo lavorando per una soluzione e non direi che abbiamo ancora raggiunto risultati sostanziali”. Le proposte di riforma presentate dalla Grecia per avere una nuova parte di aiuti non vanno bene all’Fmi, che entro giugno deve incassare 1,6 miliardi di prestiti in scadenza da parte del Paese. L’ipotesi di accordo prevede una riforma dell’Iva, un pacchetto di investimenti e un alleggerimento del debito nel lungo periodo, ma, a quanto pare, nessuna misura recessiva. Aggiustamenti che non sono comunque indolori per Atene, dove oggi è in corso una manifestazione dei dipendenti pubblici per chiedere la sostenibilità dei fondi pensione. “La pressione dei creditori sulla revisione dell’Iva è asfissiante”, ha detto il ministro delle finanze Yanis Varoufakis al parlamento ateniese. “Il governo greco vuole la ristrutturazione del debito”.

Fra le puntate al rialzo da parte greca e le frenate dei creditori, l’accordo va trovato in fretta, avvisa la Bce nel Financial Stability Review pubblicato la mattina del 28 maggio 2015. Più i tempi si allungano, maggiore diventa il rischio di un aumento del rendimento dei titoli dei Paesi dell’eurozona più vulnerabili: l’incertezza delle trattative ha portato estrema volatilità nella Borsa greca, con il pericolo di contagio soprattutto nei Paesi meno solidi della zona euro. “Tutti vogliono evitare il default della Grecia”, ha detto il portavoce del governo greco Sakellaridis, ma secondo diverse fonti tecniche a Bruxelles, l’accordo appare difficile entro il 5 giugno, data in cui Atene deve oltre 300 milioni di euro al Fondo monetario internazionale. A mantenersi su una linea poco favorevole al compromesso è anche la Germania, il cui ministro delle finanze, Wolfgang Schaeuble, ha affermato ieri: “Il Paese non può restare nell’area euro senza fare le riforme”.

Se la Grecia rischia di dover uscire dall’Unione, nel Regno Unito assume portata concreta il referendum da tenere entro il 2017 sulla permanenza del Paese nell’Ue. Cavallo di battaglia della campagna elettorale di David Cameron, rieletto Primo ministro il 7 maggio scorso, il voto è stato confermato nel discorso annuale della regina Elisabetta II. Ma Cameron vorrebbe ottenere da Bruxelles una serie di concessioni per convincere i cittadini britannici, non troppo amanti dell’Ue, a non lasciare l’Unione. Per spiegare il suo progetto, il premier ha iniziato un tour di due giorni nelle capitali europee e sarà oggi all’Aja con il premier olandese Rutte e poi a Parigi per incontrare il presidente francese Hollande. Domani in serata è previsto il meeting con Angela Merkel a Berlino. Secondo la stampa britannica, le modifiche che Cameron vorrebbe ottenere alle politiche europee sarebbero le seguenti: ridurre o tagliare del tutto la previdenza per gli immigrati Ue che perdono il posto di lavoro, potere di veto su alcune modifiche del mercato unico dell’eurozona e poteri di veto dei parlamenti nazionali sulle decisioni prese in sede di Unione europea.

Livia Liberatore