Il premier Matteo Renzi e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi

Il premier Matteo Renzi e il leader FI Silvio Berlusconi un anno fa hanno siglato il “Patto del Nazareno”

«No a liste bloccate, sì al meccanismo capilista-preferenze e premio alla lista. Non si è assolutamente parlato di Quirinale». Questo è il resoconto fatto da Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, al termine del tanto atteso incontro tra Renzi e Berlusconi, avvenuto martedì mattina a Palazzo Chigi.

Sarà la volta buona? Sì, secondo il presidente del Consiglio Matteo Renzi. «Con Italicum preferenze e singoli candidati di collegio. Spariscono le liste bloccate. Ballottaggio è garanzia anti inciucio #lavoltabuona»: è stato questo l’ultimo cinguettio, scritto dal premier su Twitter, verso le nove.
Il vertice invece è iniziato intorno alle undici, con due ore ritardo. Si tratta del sesto faccia a faccia tra i due leader di Pd e Fi, a un anno esatto dalla stipula del Patto Nazareno che anche oggi li ha inchiodati sui due temi per eccellenza: Quirinale e Italicum. Le scadenze d’altronde incombono sul calendario, perché nel pomeriggio iniziano le votazioni della legge elettorale al Senato e già a fine mese dovrebbe essere eletto il nuovo capo dello Stato.

Ad unire i due contraenti dell’accordo non solo le date incalzanti ma anche il clima da “resa dei conti” che intacca l’unità di intenti nei rispettivi schieramenti. L’ex cavaliere chiama a raccolta i suoi, vicini e lontani. Lunedì l’incontro in Prefettura a Milano con l’ex delfino Angelino Alfano ha sancito il no netto ad un candidato di sinistra per il Colle. La maretta sembra essersi placata anche sul fronte dei “falchi”, con Brunetta in primis che era stato richiamato dall’ex Cavaliere a posizioni più moderate nei confronti di Renzi. In giornata Berlusconi dovrebbe vedere anche Raffaele Fitto che spinge per il premio di maggioranza alla coalizione anziché alla lista.

Allo stesso modo, in casa Pd, la tensione accumulata in questi mesi richiede una sintesi tempestiva. Il caso Cofferati, fresco fuoriuscito dal partito, e le rivendicazioni della minoranza Dem, accusata di voler essere “partito nel partito”, sono paragonati a “pugnalate alle spalle” dal segretario. «Toni apocalittici», secondo Stefano Fassina. «Il punto è che sia Renzi che Berlusconi vogliono nominare chi sta alla Camera. Siamo di fronte ad una regressione della democrazia, se non correggiamo almeno la modalità con cui eleggere i deputati della Repubblica», ha aggiunto il deputato di minoranza Pd oggi ad Agorà su Rai Tre.

In sostanza: no al Parlamento dei nominati ovvero dei capilista bloccati, sì alle preferenze per tutti i candidati. È il cuore dell’emendamento del senatore pd Miguel Gotor, che conta sul voto di ventinove senatori nel pomeriggio. «Questo era l’aspetto più deteriore del Porcellum, come hanno detto tutti i candidati alle primarie del Pd», ha sottolineato il professore. «Ormai non c’è alcuna trattativa tra la minoranza Pd e i vertici del partito. Ormai la discussione è solo con Berlusconi», aggiunge a pochi minuti dall’assemblea dei senatori Pd che si chiuderà col voto del gruppo. Un altro gradino della tortuosa scalata alla “volta buona” auspicata da Matteo Renzi e dal Patto del Nazareno.

Marta Latini