LA FEBBRE
DEL TRADING

Il mercato azionario è ai minimi. Ora bisogna fare i conti con la crisi causata dal coronavirus. Però oltre ai broker e trader professionisti crescono anche i truffatori. E quando i soldi spariscono, si rischia di cadere nella dipendenza da gioco

di Giorgia Fenaroli Andrea Galliano  

Trading che passione. Piazza Affari aveva chiuso il 2019 sfiorando il 30 per cento e la crisi del 2008 era alle spalle. Ora la Borsa crolla a picco, ma il trading aumenta ancora di più. A prescindere dagli andamenti dei vari indici e mercati e dal Coronavirus, sempre più persone, sedotte dall’idea di riuscire a ottenere guadagni facili, decidono di investire online. A causa della pandemia molti sono costretti a stare in casa e per le piattaforme autorizzate è un exploit continuo: raddoppiati i nuovi conti (Directa) e +2-400 per cento il traffico (su eToro e Iw Bank).

Ma la voglia di trading prende anche chi non ha grande esperienza per navigare in un mondo adatto solo ai professionisti. E così, oltre al numero di operatori sono cresciute anche truffe e patologie, che in alcuni casi sfociano in vere e proprie dipendenze.

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Troppi sprovveduti, il trading non è per principianti

Secondo l’Annuario del trading italiano, nell’anno passato il numero dei broker online autorizzati dalla Consob è cresciuto dell’83 per cento: il doppio rispetto al 2018, passando da 132 a 242

I broker online sono intermediari che consentono di partecipare alle negoziazioni dal computer di casa. La quasi totalità di quelli autorizzati (220) sono soggetti esteri che offrono la possibilità di acquistare anche prodotti considerati pericolosi, come i Cfd (contratti differenziali). Ci si muove sugli indici o sul Forex. Solo quattro o cinque hanno una succursale italiana. È proprio la categoria dei broker esteri che ha subito l’incremento più eclatante. 

«Spesso non si hanno le conoscenze o le capacità necessarie a gestire un lavoro del genere», dice Massimiliano Dobner, broker di Banca Imi. «Ci sono tante persone che investono online ma vedo molti sprovveduti. Invece non è una cosa da fare a cuor leggero, bisogna farlo con serietà». Insieme a Massimiliano Murrone, trader di Banca Imi, spiega le basi della finanza. Prima di tutto la differenza tra broker e trader. «È una distinzione fondamentale». Il trader è colui che compra e vende strumenti finanziari sui vari mercati, basandosi sulle proprie scelte che derivano dalla sua analisi finanziaria. Dato che agisce in nome proprio, gestisce anche il rischio che ne deriva. Il broker invece non gestisce – se non in determinati casi – alcun rischio. Il suo compito è essere un intermediario che negozia per conto del cliente. A differenza del trader, muove operazioni più piccole ma in numero maggiore. 

«L’exploit della Borsa e l’aumento delle aziende di brokeraggio sono ovviamente connesse. È un circolo virtuoso: più il mercato va bene più gli investitori sono incentivati a partecipare. E viceversa più attori ci sono, più le quotazioni si gonfiano».

 

Non sempre però i broker offrono prodotti sicuri. Il caso dei Cfd ne è un esempio. «I Cfd sono contratti differenziali o contract for difference. Si tratta di  strumenti finanziari il cui valore “deriva” da quello di un prodotto sottostante, come azioni, obbligazioni, cambi o altri asset. Non sono però derivati emessi e poi collocati in un mercato regolamentato, ma creati e gestiti direttamente dal broker sui propri sistemi», spiega Dobner.

A questi strumenti può essere applicata la leva, che agisce come un “moltiplicatore”: si possono comprare o vendere attività finanziarie per una capacità maggiore a quella che realmente si possiede, col vantaggio di poter beneficiare di un rendimento maggiore. Per contro, ci si espone a perdite più grandi. «È chiaro il perché vadano così di moda: con la leva si dà l’opportunità ai trader “casalinghi” di partecipare alle transazioni moltiplicando il loro capitale». 

L’entry price (il capitale minimo) per partecipare è molto alto (un lotto sono circa 10 o 12 mila euro) e non tutti hanno una tale possibilità economica. Ma quello che spesso manca è la consapevolezza di sapere che ci si sta esponendo a un rischio altissimo».

Il problema, sottolineano Dobner e Murrone, è che molti trader casalinghi si approcciano al trading come a un gioco più che come a un investimento, facilitati anche dal fatto che ormai si può fare tutto con un clic, comodamente seduti sul divano. 

Così facile che sembra un gioco

Fino al secolo scorso se si volevano fare investimenti finanziari, tutte le operazioni passavano attraverso una filiale bancaria che trasmetteva gli ordini ai mercati. Da un paio di decenni, invece, si può operare comodamente da casa tramite la piattaforma dei broker, le società che fanno da intermediario tra l’investitore e i mercati. Nelle piattaforme è possibile inserire ordini di compravendita di molteplici strumenti finanziari: azioni, obbligazioni, commodity, derivati e valute. Ciò che prima era riservato solo agli esperti, ora è diventato alla portata di tutti. Come è possibile? Con l’effetto “gamification”. Consiste nel prendere elementi dal mondo dei giochi e utilizzarli in contesti non ludici. Si prova a rendere più appetibile un’attività che, di solito, è noiosa o poco attraente. La chiave consiste nel fatto che il gioco è in grado di dare piacere all’utente. La gamification produce fidelizzazione e stimola un comportamento attivo. Grazie all’interattività, le persone sono sempre più coinvolte.

E tra gamification e finanza il connubio si è reso possibile. «Tutte le piattaforme provano a incentivare le operazioni: più sono user-friendly, meglio è per l’intermediario», racconta Giampaolo Galiazzo, economista e autore del libro “L’investitore consapevole”. Osservandole bene ci si rende conto che «sono costruite per non dare uno storico delle operazioni», sottolinea. Tutto è in funzione del fare l’operazione oggi, mentre viene evitato il rischio di qualsiasi riflessione sui propri investimenti. Cosa che, invece, sarebbe necessaria perché bisognerebbe investire solo in ciò che si riesce a comprendere. Inoltre, grazie alle piattaforme, il cliente può investire in sistemi interni al broker, che guadagna sulle commissioni senza fare da interfaccia con i mercati.

Tutte le piattaforme provano a incentivare le operazioni: più sono user-friendly, meglio è per l’intermediario

Giampaolo Galiazzo

Economista

Dal gioco alla dipendenza

Per chi sceglie di “giocare”, le sessioni sulla piattaforma diventano man mano sempre più intense. Il coinvolgimento cresce e il trading diventa simile al gioco d’azzardo. A Milano, al Serd dell’Asst Santi Paolo e Carlo si rivolgono persone con problemi di dipendenza. Da oltre un decennio qui molte pazienti affetti da ludopatia hanno iniziato un percorso terapeutico. Al momento in cura ce ne sono 327 tra Milano, l’hinterland e Lodi. Negli ultimi due anni, ci sono stati i primi casi di piccoli investitori che hanno trasformato il trading in un disturbo patologico.

«Le somiglianze con il  gioco d’azzardo sono significative», racconta la dottoressa Silvana Papaluca, responsabile del Serd. Al centro c’è una somma di denaro, che in una caso viene scommessa, nell’altro investita. Altro elemento comune è il rischio: la possibilità di perdere dei soldi. L’attività diventa patologica si aumenta la frequenza di gioco e la somma investita. È il punto di non ritorno, il momento in cui si perde il controllo. «L’errore cognitivo classico consiste nel pensare di poter prevedere la vincita: ritenere che a furia di giocare ci si possa avvicinare al guadagno», sottolinea la psicoterapeuta.

La differenza tra il trading e il gioco d’azzardo, sta nel fatto che il trader confida nelle proprie competenze per giungere alla vincita. Di solito gli investitori hanno un livello culturale più elevato rispetto ai giocatori. Ma ciò non cambia di molto la situazione perché le variabili – il giocatore, il mercato e la piattaforma – che possono influenzare l’evento finale sono imprevedibili. «Entri, provi e finisci nella bolla. Le piattaforme fanno sperimentare eventi positivi, così le persone continuano a giocare e investono di più. I sistemi in genere sono profilati sulla persona», sostiene la Papaluca.

“Pensavo di arricchirmi, sono finito sulle slot machine”

Alcuni pazienti arrivano con la problematica sul trading ancora attiva, altri invece passano ad altre dipendenze. È il caso di Carlo (nome di fantasia), 28 anni, studente universitario di Milano. Si è rivolto alla dottoressa qualche mese fa per la dipendenza dal gioco d’azzardo. «Ho cominciato con il trading online», racconta. «Cercavo un modo per far fruttare i soldi che avevo in banca». Ha iniziato ad avvicinarsi seguendo un video-tutorial su Youtube. «Mi sono chiesto: perché escludermi a priori da una cosa potenzialmente profittevole? Allora ho iniziato a studiare». Per sei mesi si è documentato prima di cominciare a usare la versione di prova di una piattaforma che fa trading con i Cfd a leva. Ha simulato investimenti per circa tre settimane. «Quando ho pensato di essere pronto, mi sono buttato e ho investito una piccola somma. In una sola notte l’investimento è schizzato in alto, tanto che la mattina dopo era quasi quadruplicato. Lì mi sono fatto prendere dall’emozione e ho chiuso tutto, ma se lo avessi lasciato crescere avrei guadagnato ancora di più».

Di notte sognavo i grafici e la mattina mi svegliavo già pensando a quale investimento fare

Carlo

In terapia per la dipendenza da gioco d'azzardo

È qui che Carlo individua l’inizio della fine. Il guadagno facile, ottenuto con il minimo sforzo, gli fa pensare di aver trovato il modo di arricchirsi. Per di più, il fatto di aver studiato gli ha dato un grande senso di sicurezza: si è sentito in grado di gestire i mercati. Sui siti delle piattaforme c’è sempre un banner che mette in guardia: «i Cfd sono strumenti complessi che comportano un rischio di perdita elevato dovuto alla leva. Il 68 per cento di chi fa trading incorre in perdite», recita. «Ma è un’avvertenza inutile – dice – perché tu ti senti nell’altro 32 per cento: è come l’avvertenza sul pacchetto di sigarette, mentre fumi non pensi mai di essere nella percentuale che può sviluppare un cancro o morire». 

Carlo ha investito circa 2 mila euro sulla piattaforma. Per uno studente si tratta di una cifra rilevante. Ma in un colpo solo ha perso quasi tutto. «Senza saperlo mi ero approcciato a quello che è forse lo strumento più pericoloso in finanza, il Cfd a leva: forse già qui per me c’era il brivido della scommessa». Dopo la grossa perdita è iniziato quel meccanismo mentale che lo ha spinto verso la dipendenza. «Il mio pensiero era totalmente rivolto a rincorrere le perdite e l’unico modo che conoscevo per fare soldi era continuare a investire». È andato avanti fino a usare tutti i suoi risparmi, circa 3 mila euro. «Di notte sognavo i grafici e la mattina mi svegliavo già pensando a quale investimento fare», racconta. Lasciato il trading è caduto nella trappola delle slot machine e quindi nel gioco d’azzardo. «Penso sia stata un’evoluzione naturale delle cose, nel senso che avrei potuto sviluppare lo stesso problema di dipendenza anche con la Borsa». 

Quando si è accorto di stare male, si è rivolto al fratello che insieme a tutta la famiglia lo ha supportato e gli ha consigliato di chiedere aiuto. «Con la dottoressa Papaluca sono riuscito ad analizzare e gestire questo problema che è invadente, perché ti toglie la capacità tra pensiero e azione e diventa compulsione. Ma di tante cose mi rendo conto solo ora e solo grazie alla terapia. Nell’immaginario collettivo la Borsa è qualcosa che fa quasi paura perché non si conosce, ma ultimamente le aziende stanno facendo di tutto per farla sembrare una cosa normale. L’ho visto sulla mia pelle: le stesse piattaforme cambiano continuamente interfaccia grafica, anche tralasciando alcune impostazioni tecniche, per farle sembrare un gioco accattivante».

Le piattaforme cambiano continuamente interfaccia grafica per farle sembrare un gioco accattivante

Carlo

In terapia per la dipendenza da gioco d'azzardo

“Mi sono fidato di un falso consulente: ho perso 220 mila Euro”

Oltre ai pericoli per la salute, il trading sconsiderato rischia di attirare truffe. In una c’è finito Francesco (nome di fantasia), 65 anni, di Milano. «Usavo cinque piattaforme su cui compravo e vendevo azioni. Poi un giorno sono stato contattato al telefono da uno che diceva di essere un consulente: mi ha chiesto i numeri della mia carta di credito con la scusa di farmi un rimborso e io glieli ho dati». Ma al posto dell’accredito, Francesco ha ricevuto un addebito di 6 mila euro.

La truffa è iniziata proprio così. Il finto consulente si era presentato come Matteo T., un broker londinese che aveva promesso a Francesco lauti guadagni. Dopo aver fatto sparire i soldi ha convinto l’anziano a investire sulla piattaforma IForex 24, facendogli credere di aver riaccreditato il maltolto proprio su quel sito.

«Ho iniziato a investire con loro perché per me era molto più comodo: mentre sulle altre piattaforme dovevo stare io davanti al computer, qui avevo un consulente telefonico con cui sono anche entrato in rapporti di amicizia». Si sentivano almeno due volte al giorno, spesso anche di più, e il sedicente consulente lo aggiornava sugli investimenti che avrebbe fatto col suo capitale. «A un certo punto i miei investimenti sono iniziati ad andare male, quindi ho deciso di chiudere il conto e chiedere indietro i soldi che avevo guadagnato fino a quel momento», ricorda Francesco. E qui sono arrivati i primi problemi.

La  società si è rifiutata di restituire i soldi, dicendo a Francesco che prima avrebbe dovuto versare altri 100 mila euro sul conto di una banca polacca. Scoprirà solo dopo, quando sporgerà denuncia, che quel conto non aveva nessun legame con l’istituto di credito. «Ho versato tutti i soldi che mi chiedevano! E ho perso tutto. Parliamo di circa 250 mila euro».

Francesco si è reso conto di essere stato truffato quando ha contattato l’Aduc, un’associazione dei consumatori, per chiedere un riscontro sulla sua situazione. «Ho fatto la denuncia e i magistrati mi hanno detto di aspettare quattro mesi per le indagini. Spero di riuscire a risolvere, la cosa che mi fa più arrabbiare è che non riesco a farla pagare a questi farabutti», dice. 

Francesco ha confessato di aver fatto «azzardi notevoli» nel corso della sua esperienza con il trading: «Se non rischi, non puoi guadagnare tanto. Bisogna essere consapevoli che se si rischia tanto si può anche perdere tanto».

«Il problema è che c’è gente che investe i risparmi della propria vita e perde tutto: la casa, il lavoro, gli affetti. Io ho perso 220 mila euro ma posso passarci sopra, non sono certo Berlusconi, ma non mi cambiano la vita. C’è chi invece si rovina la vita. E la colpa è di questi farabutti».

Io ho perso 220 mila euro ma posso passarci sopra. C’è chi invece si rovina la vita

Francesco

Truffato da un falso broker online

Truffe e raggiri, cosa fare per evitarli

Fare attenzione. I servizi di investimento possono essere offerti solo da operatori autorizzati che sono costantemente vigilati e iscritti in appositi albi. La Consob fino a dicembre 2017 ha emanato 240 warning su intermediari abusivi: provava a mettere in guardia i potenziali investitori. Da gennaio 2018, invece, ha emanato più di 300 ordini di cessazione dell’attività abusiva agli operatori non autorizzati, ma soprattutto da luglio 2019, grazie al Decreto Crescita, ha oscurato 180 siti internet (dato aggiornato al 27/03/2020). Ogni settimana nella sezione “occhio alle truffe” la Commissione nazionale per le società e la borsa pubblica comunicati relativi a nuovi siti oscurati e a nuovi ordini di cessazione.

Le forze dell’ordine hanno diffuso un vademecum per non imbattersi in truffe e perdere il proprio denaro:

1. Individuare la denominazione sociale di chi propone l’investimento. Se online, nell’homepage del sito consultare la sezione contatti e i termini e le condizioni. Se il contatto è telefonico, spingere per un incontro di persona.

2. Prestare particolare attenzione agli investimenti offerti da società con sede fuori dall’Unione Europea perché non ci sono società extracomunitarie autorizzate dalla Consob.

3. Dubitare di investimenti con rendimenti troppo alti o con bonus di benvenuto o di riconoscimento di benefit in caso di promozione nei confronti di altri potenziali clienti.

4. Dubitare della bontà dell’investimento se la proposta si riceve telefonicamente e l’operatore appare eccessivamente insistente o se la proposta arriva tramite il passaparola.

5. Non proseguire nell’investimento se dopo aver manifestato la volontà di disinvestire vengono accampate le scuse più disparate tra cui quella di dover investire altre somme per sbloccare il denaro presente sulla piattaforma.

6. Consultare le sezioni warning/avvisi ai risparmiatori disponibili sui siti di Consob, Banca d’Italia, Iosco (per i Paesi extra Ue), Esma (Autorità europea degli strumenti finanziari) e Amf (Autorità dei mercati finanziari in Francia).

7. In caso di dubbi circa la bontà dell’investimento, contattare l’autorità giudiziaria, le forze dell’ordine e le autorità di vigilanza.

I siti-truffa oscurati dalla Consob dal 2019