Era la favorita. Per anni abbiamo sentito ripetere, e pensato, che la vera star uscita da Stranger Things, la serie cult Netflix ambientata negli anni ’80, sarebbe stata Millie Bobby Brown. Più potere. Ruolo da protagonista. Maggiore visibilità. Eppure qualcosa, a un certo punto, è cambiato.

Il legame con Netflix – Il tempo passa. Il panorama cambia. Non per Millie, legatissima, e forse anche troppo, al panorama e all’universo Netflix. Un marchio e un mondo potente e affermato, ma intrappolato in se stesso e nei suoi stereotipi. Stessi generi, stessi target, stessi film “fatti per l’algoritmo”. Fuori da Stranger Things ed Enola Holmes, infatti, i suoi titoli non hanno lasciato il segno. The Electric State, altro figlio di Netflix, doveva essere la svolta della sua carriera, ma così non è stato. Un legame, quello con la piattaforma rossa, che per l’attrice sembra essere più un limite. Una catena difficile da spezzare. Un cordone ombelicale impossibile da recidere. Millie Bobby Brown è diventata così il volto di una vera strategia commerciale, costruendo un ecosistema in cui produce, recita e sviluppa contenuti social pensati e pubblicati apposta per Netflix.

Troppo Undici poco Brown – Per anni si è dato per certo che fosse destinata al grande cinema, ai ruolo drammatici, ai premi. Ma, come spesso accade, il riscontro reale delle sue interpretazioni non ha confermato quell’aspettativa. I film sono usciti, sempre e solo targati Netflix, si è parlato di lei, ma la sua presenza non è riuscita comunque a creare quel salto di qualità che trasforma il volto iconico di una serie cult, quello di Undici, in un’attrice affermata. Un po’ quello che ha dovuto fare, non con poca forza di volontà, Robert Pattinson scrollandosi di dosso l’ombra glitterata di Edward Cullen. E questo, ancora una volta, dovuto al fatto che molte delle sue scelte sembrano essere state guidate dal brand, più che da crescita interpretativa. Non è tanto Netflix alla fine quanto l’esclusività. Lavorare sempre nella stesso mondo e con lo stesso pubblico di riferimento.

L’ascesa di Sink: più interprete meno icona pop – A percorrere una traiettoria più solida e promettente è Sadie Sink, Max di Stranger Things. Capelli rossi, intensa, una presenza magnetica mai urlata, mai banale. Negli ultimi anni Sink sembra star costruendo, passo dopo passo, una carriera che molti avevano pronosticato per Millie Bobby Brown quasi 10 anni fa. E non è una questione di confronto forzato ma di percorso. Se da una parte Undici è diventata un’icona pop, Sadie ha scelto progetti più maturi, intensi e autoriali, mostrando una profondità emotiva con The Whale e lavorando con un autore come Darren Aronofsky a soli vent’anni. È stato proprio quello il ruolo che l’ha catapultata fuori dai panni di Max, della “ragazza rossa di Stranger Things”, e che l’ha fatta entrare di diritto nel radar dei registi e dei casting director più famosi.

Due mondi, due anime – Set più piccoli, ruoli meditati e una costante ricerca di personaggi nuovi, diversi tra loro, sono state le scelte e le tappe della sua carriera da ventenne. E i progetti futuri parlano chiaro: dal nuovo adattamento a Londra di Romeo & Giulietta, fino all’ingresso ufficiale nel Marvel Cinematic Universe con Spider-Man: Brand New Day e Avengers: Secret Wars. Un passaggio fondamentale questo, perchè capace di unire due anime opposte, due mondi raramente compatibili: il prestigio artistico del film d’autore e la forza globale di un franchise come quello Marvel. Una combinazione perfetta che permette di farsi conoscere da un pubblico mondiale senza sacrificare la qualità delle proprie interpretazioni.