Attacca stampa e magistrati, nega di aver avuto rapporti sessuali a pagamento con Berlusconi e si scusa per le bugie sulla parentela con Mubarak. Karima El Marough, la Ruby protagonista del processo sulle feste di Arcore, ha manifestato giovedì mattina sui gradini del Tribunale di Milano, chiedendo di essere ascoltata in aula.

Una protesta contro i pm e gli avvocati, compresi quelli di Berlusconi, che non l’hanno voluta convocare come parte offesa nei processi a carico dell’ex premier e contro quei giornalisti che l’hanno fatta passare per una “prostituta”.

Ha letto un lungo comunicato, da sola, la ragazza marocchina, senza il suo avvocato. Poi ha lasciato davanti all’ingresso di Palazzo di Giustizia un cartellone a due facce con la scritta: “Caso Ruby: la verità non vi interessa più? Voglio difendermi dalle bugie e dai pregiudizi”. E se n’è andata senza rispondere alle domande dei cronisti che la circondavano.

“Per colpire Berlusconi la stampa ha fatto del male a me. Non ho mai avuto rapporti sessuali a pagamento e mai con Berlusconi. Oggi – scandisce la diciannovenne – ho capito che contro di lui è in corso una guerra e io ne sono rimasta coinvolta, ma non voglio che la mia vita venga distrutta. Voglio essere ascoltata per dire la verità, voglio difendermi da bugie e pregiudizi”.

Con la voce rotta dal pianto, Ruby dice di volersi togliere da dosso l’etichetta di “prostituta”. Per sè stessa, ma soprattutto per la figlia. E ricorda “l’ennesimo episodio di intolleranza” subito, quando la domenica di Pasqua una donna guardando la figlia ha detto: “Spero che non diventi come sua madre”.

“Sono dispiaciuta di aver fatto una cavolata dicendo che ero parente di Mubarak”, ha proseguito davanti a una ressa di telecamere e fotografi, “Mi scuso anche di altre bugie. Mi servivano a costruire una vita parallela, un’origine diversa dalla povertà.” E mostra ai cronisti un suo vecchio passaporto, sul quale compariva il nome “Mubarak”, aggiunto per attribuirsi una finta parentela con l’ex presidente egiziano.

L’attacco più duro è ai pm milanesi: “La violenza che più mi ha segnato è stata quella del sistema investigativo. Ho subito una tortura psicologica. La colpa della mia sofferenza è di quei magistrati, mossi da intenti che non corrispondono ai valori di giustizia.” Ce l’ha anche con gli avvocati di Berlusconi, Ruby. Gli stessi che il 14 gennaio scorso rifiutarono di sentirla come testimone, ma di acquisire solo i verbali delle sue dichiarazioni.

Nessuna risposta alle domande dei cronisti. Nessuna spiegazione ulteriore. Nemmeno su quel controverso viaggio in Messico, che le impedì a novembre scorso di presentarsi a testimoniare in aula, in una fase decisiva del processo.

Ruby è la figura chiave, oltre che al processo a carico dell’ex premier, anche di quello in cui sono imputati Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede. Per Berlusconi il procedimento riprenderà il 22 aprile dopo che i giudici hanno scelto di sospendere le udienze in attesa della decisione della Cassazione sull’istanza di legittimo sospetto presentata dalla difesa del Cavaliere.

Stefania Cicco