L’ultima mossa della battaglia legale tra Blackstone e Rcs, iniziata tre anni fa, è la richiesta di unificazione delle due cause intentate a New York dal colosso americano e scaturite dalla compravendita del palazzo di via Solferino, storica sede del Corsera. Due cause da 300 milioni di dollari l’una, totale 600 milioni di dollari, 505 milioni di euro al cambio attuale. Questa la cifra che Rcs, la casa editrice guidata da Urbano Cairo che pubblica il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, dovrà versare alla società finanziaria americana se la Corte suprema dello Stato della Grande mela condannerà il gruppo italiano, mettendo la parola fine alla querelle giudiziaria iniziata del 2018.

Vendesi palazzo in Brera – I fatti in causa risalgono al 2013. Rcs, allora fortemente indebitata, prese la drastica decisione di alleggerire il rosso tramite la vendita della sede del Corriere della Sera, gioiello editoriale e immobiliare del gruppo. Blackstone sborsò 120 milioni per aggiudicarsi non solo lo storico palazzo liberty al civico 28 di via Solferino, redazione del Corriere dal 1904 valutato 30 milioni di euro, ma anche gli edifici attigui che affacciano su via san Marco – che un tempo ospitavano la tipografia, valutati 66 milioni – e via Balzan, dal valore di 24 milioni. L’accordo di vendita prevedeva un canone annuo d’affitto di 10 milioni per mantenere in loco gli uffici del quotidiano.

La sede di Rcs a Milano

Fuochi (legali) incrociati – La prima svolta risale all’estate del 2016, quando Urbano Cairo lanciò un’offerta di pubblico acquisto e ottenne il controllo (59,69%) di Rcs. Due anni dopo il nuovo proprietario, su suggerimento del legale e amico Sergio Erede, decise di intentare una causa civile contro Blackstone. L’accusa? Aver ottenuto la cessione degli immobili ad un prezzo al ribasso, approfittando della situazione di indebitamento del gruppo editoriale. Un ribasso tale da far avanzare l’ipotesi di usura. Nel frattempo la stessa Blackstone aveva raggiunto un accordo di vendita con Allianz per una cifra che si aggirava attorno ai 280 milioni di euro. Più del doppio della somma sborsata, ulteriore prova – secondo i legali di Rcs – del danno subito al momento della cessione. Fatto sta che, emerse le indiscrezioni sulle mosse di Cairo, la vendita alla compagnia tedesca sfumò, provocando un danno che gli avvocati della società finanziaria americana, presentando due cause separate alla Corte suprema di New York – dove Blackstone ha la sede principale – valutarono in 600 milioni di dollari: 300 per la mancata vendita e altri 300 per la ricaduta reputazionale della vicenda. Questa seconda azione legale era inizialmente rivolta contro lo stesso Cairo, cui il cda di Rcs ha riconosciuto la manleva, trasferendo al gruppo l’onere di far fronte alle conseguenze dell’eventuale condanna.

Primo punto a Blackstone – La prima sentenza è arrivata lo scorso 14 maggio, quando la Camera arbitrale di Milano ha sostanzialmente dato ragione a Blackstone. Secondo i giudici, 120 milioni costituivano una cifra effettivamente al ribasso (gli immobili valevano circa 150 milioni, ben lontano dai 200 ipotizzati da Rcs), ma non ci fu alcuna usura: non è provato, si legge nel dispositivo, che «Rcs si trovasse un una situazione di difficoltà economica o finanziaria tale da incidere significativamente sulla sua capacità di autodeterminarsi e, pertanto, da integrare il requisito necessario per configurare il reato di usura». Ieri, 30 giugno, è arrivata da New York la notizia che la società finanziaria ha avanzato richiesta per unire le due cause intentate. Se anche i togati della Grande Mela dovessero dare ragione a Blackstone, Rcs dovrebbe risarcire 600 milioni di dollari, più altri 15 di spese legali. E allora sarebbero guai: perché se è vero che negli anni della gestione Cairo i debiti sono diminuiti, è anche vero che il rosso è ancora di una cinquantina di milioni. E in questi tre anni non è stato previsto alcun accantonamento di bilancio per affrontare un eventuale indennizzo pari al doppio del patrimonio del gruppo (309 milioni di euro al 31 marzo 2021). Tanto che circolano già le prime voci di un’ipotesi di rimpasto nella compagine azionaria di Rcs, con Leonardo del Vecchio, patron di Luxottica e patrimonio stimato in 29 miliardi di dollari, pronto a entrare nel capitale.