Una cravatta verde per annunciare una svolta epocale. Martedì 17 novembre Alberto Fernández, presidente della Repubblica argentina, ha sfoggiato il colore simbolo dei movimenti femministi e abortisti per comunicare alla nazione, in un video diffuso via Twitter, di aver mantenuto la sua promesse elettorale: la decisione di sottoporre al vaglio del Parlamento un progetto di legge che per la prima volta consenta la legalizzazione dell’aborto. «L’interruzione di gravidanza tutela la vita delle donne e risolve un grave problema di salute pubblica», ha dichiarato Fernández, 61 anni, capo dello Stato dal dicembre 2019 e ultimo erede della tradizione peronista: oltre al progetto abortista – ha aggiunto l’inquilino della Casa Rosada – l’esecutivo sottoporrà al Congresso un secondo disegno di legge volto a «garantire assistenza sanitaria alle madri intenzionate a proseguire la gravidanza». Un successo storico per le militanti del comitato nazionale dei “pañuelos, che da anni con i loro fazzoletti annodati al polso affollano le piazze battendosi affinché l’Argentina possa divenire il primo grande paese dell’America Latina a dotarsi di una moderna normativa sull’interruzione di gravidanza: nella regione solo Cuba, Uruguay e Guyana francese prevedono a oggi una legislazione di stampo progressista sull’aborto.

L’aborto in Argentina – Interrompere la gravidanza in Argentina è un reato, secondo quanto previsto dalla vecchia legge del 1921, e le donne – spesso giovani – che abortiscono clandestinamente rischiano una condanna fino a 10 anni di carcere. Soltanto nel 2015 è stata introdotta una deroga, limitata ai casi di stupro e laddove siano presenti gravi rischi per la salute della donna incinta. Nel marzo del 2019 il caso simbolo che ha scosso le coscienze di gran parte dell’opinione pubblica: una bambina di 11 anni originaria della provincia di Tucumán, rimasta incinta dopo essere stata violentata dal compagno 65enne di sua nonna, fu sottoposta d’urgenza a un parto cesareo dopo che una corte locale aveva ritardato il nulla osta all’ istanza di interruzione della gravidanza avanzata da sua madre.

Un iter complesso – Nonostante l’annuncio del presidente Fernández abbia generato un grande entusiasmo nell’ala progressista del paese, non vi è comunque certezza che la riforma sopravviva alla scure del Parlamento, che negli ultimi anni ha già bocciato per otto volte analoghi progetti di legge, l’ultima nel 2018. I numeri al Senato potrebbero infatti non essere sufficienti alla coalizione di maggioranza: decisivo sarà il voto del gruppo parlamentare macrista, che potrebbe di nuovo riflettere le posizioni di gerarchie ecclesiastiche conservatrici più volte schieratasi “a strenua difesa della vita e contro la concezione della morte”.