Pyongyang permette la riunificazione delle familgie. Foto di asianews.it

Pyongyang permette la riunificazione delle familgie. Foto di asianews.it

Una sorella abbraccia l’anziano fratello sulla sedia a rotelle. Una coppia di nonni vede per la prima volta i propri nipotini. Sono scene che, in Corea, non si vedono dal 2010, dall’ultima occasione concessa dai governi di Nord e Sud alle famiglie divise dal 38esimo parallelo di ritrovare i parenti al di là del confine. Finalmente Pyongyang e Seul hanno trovato un accordo, decidendo un nuovo ricongiungimento a febbraio. Dalla fine della guerra, nel 1953, interi nuclei familiari sono stati spezzati, bloccati da una parte e dall’altra del confine. Per molti di loro, ormai avanti con gli anni, quella di quest’anno potrebbe essere l’ultima occasione per ritrovare i propri parenti. Quasi la metà dei sopravvissuti alla guerra, infatti, oggi ha ormai più di 80 anni, e difficilmente potrà aspettare un nuovo incontro. Secondo uno degli ultimi censimenti, datato 1988, almeno 127mila cittadini sudcoreani hanno ancora un parente disperso al Nord, mentre sarebbero oltre 45mila le persone morte senza aver potuto riabbracciare i propri cari. Ancora oggi sono 22mila i coreani coinvolti nei ricongiungimenti. Troppi per la Nord Corea che, in passato, aveva organizzato una lotteria per mettere in premio l’ambito posto alla riunione.


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Era il 2000 quando i due governi hanno per la prima volta permesso queste riunioni: per la maggior parte si trattava di persone molto anziane che, da 47 anni, non avevano più avuto occasione non solo di vedere, ma anche di parlare con i parenti. Il regime del Nord, infatti, limita qualsiasi forma di comunicazione con Seul, e solo dal 2005 permette rare videoconferenze tra famiglie all’interno di un circuito chiuso. Il luogo dell’incontro è sempre lo stesso: Kumgangasg, il Monte Diamante, una località turistica nel Nord. Un nuovo incontro doveva tenersi nello scorso anno, durante il Chuseok, la festa tradizionale dell’autunno che, nel 2013, cadeva il 19 settembre. Pochi giorni prima della data fissata, però, Pyongyang aveva cancellato la riunione, accusando il “conservatore” governo del Sud di essere ostile a quello del Nord.

“Tu sei così vicino eppure così lontano” – Quello coreano non è l’unico caso in cui intere famiglie si sono trovate improvvisamente separate, coinvolte negli eventi politici del proprio Paese. Era il 13 agosto 1961 quando a Berlino inizia ad essere costruito un muro che divide la città. Inizialmente si trattava di un semplice filo spinato, ma presto si trasforma in una barriera di 45mila blocchi di cemento armato, lunga 160 chilometri e alta tre metri e mezzo: due pareti a pochi metri di distanza l’una dall’altra tra le quali si trovava l’”erba di Stalin”, un prato di rovi e spine. All’origine della costruzione, la crescente fuga di cittadini da Est a Ovest. Troppa la manodopera persa dalla DDR che non poteva permettersi un calo della produzione.

Tre “generazioni” di muro tagliano in due 192 strade. E poi 32 linee di tram, 8 linee della metropolitana di superficie, 3 linee di metropolitana sotterranea, 3 autostrade e numerosi fiumi e laghi sono attraversate e spezzate. Le foto del tempo mostrano berlinesi che, dopo la costruzione della Schutzwall, sono costretti a salutare dalla finestra, fazzoletti bianchi alla mano, i parenti che fino a qualche giorno prima vivevano nello stesso quartiere e che ora non possono più abbracciare. Vengono chiuse tutte le comunicazioni tra la zona est e quella ovest della città. Molti perdono il lavoro, non potendo più passare da una parte all’altra. La separazione di famiglie e amicizie diventa il simbolo concreto della Cortina di Ferro. Nel 1986 il verso di “Der Telefon Anruf”, una canzone dei  Kranftwerk, descrive la desolazione di quel periodo: “Du bist so nah und doch so fern”, “Sei così vicino eppure così lontano”.

Il 9 novembre 1989, dopo tre mesi di manifestazioni di massa contro il governo di Berlino Est, migliaia di persone si riversano sul muro, iniziando a smantellarlo. Il giorno di Natale 1989, Leonard Bernstein dirige, su quello che era rimasto del Berliner Mauer, la nona sinfonia di Beethoven, trasformando l’”Inno alla gioia” in un inno alla Libertà.


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La sottile “Linea verde” della Cisgiordania – Se il muro di Berlino sembrava immenso e invalicabile, quello che attraversa al-Numan, in Cisgiordania, lo è ancora di più. Alto 8 metri, profondo altri 8 metri per evitare i tunnel sotterranei, oggi lungo 450 chilometri, ma ne sono previsti quasi altrettanto. Una parete che ha separato coppie di fidanzati, fratelli e sorelle, amici.

Nel 2002, durante la seconda intifada, il premier israeliano Ariel Sharon annuncia la costruzione di una barriera fisica per separare Israele e Cisgiordania lungo la linea dell’armistizio del 1949, conosciuto come la “linea verde”. Nel 1967 gli abitanti di al-Numan, un piccolo insediamento alla periferia di Gerusalemme, scoprono di non rientrare tra gli abitanti della Città Santa e, con la costruzione del muro, si sono ritrovati chiusi nella zona controllata da Israele senza però che venga loro riconosciuta la residenza. Per tutti i servizi elementari, dalla scuola alle visite mediche, devono attraversare il gate controllato dall’esercito, mostrare i documenti, e sperare nella benevolenza dei soldati. Sono 320mila i coloni israeliani, di cui 178mila solo a Gerusalemme Est, bloccati all’interno dell’”area chiusa”.

Murales sul muro tra Israele e Cisgiordania. Foto di: Wikimedia Commons

Murales sul muro tra Israele e Cisgiordania. Foto di: Wikimedia Commons

In alcune occasioni le famiglie separate dal muro di Sharon possono incontrarsi  in una zona in cui i blocchi di cemento sono sostituiti da una rete. Intorno a loro, mentre  le mani si fanno spazio tra i buchi per accarezzare i volti dei familiari dall’altra parte della barriera, volontari venuti da tutto il mondo creano una specie di barriera protettiva colorata, composta da gomitoli di lana e nastri di stoffa.

Angela Tisbe Ciociola