La schermata di Spotify

La rivoluzione tecnologica arriva nel giorno della tradizione, proprio all’inizio del Festival di Sanremo, la manifestazione che lancia da oltre cinquant’anni melodie, cantanti e cantantini nostrani. Quale occasione migliore, si son detti in Svezia, per lanciare anche in Italia Spotify? Il servizio di streaming musicale più popolare del mondo era presente già in 17 nazioni e usato da più di 15 milioni di persone. Ora lo sbarco nel nostro Paese.

«Music for every moment»

«Musica per ogni momento»: così si presenta il servizio dal sito www.spotify.com. Nato a Stoccolma nel 2006 dall’intuizione di Daniel Ek (ex CTO di Stardoll) Martin Lorentzon, (cofondatore di TradeDoubler), Spotify ha debuttato in pubblico nel 2008 fornendo una piattaforma da cui ascoltare legalmente melodie di qualità. Da allora si è diffuso tra gli amanti della musica dotati di pc o smartphone. Lo usano da anni in Australia, Austria, Belgio, Danimarca, Isole Faroe, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, in Norvegia, Nuova Zelanda, Spagna, Svezia, Svizzera, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, e da stasera lo faremo anche noi. Nel 2013 si aggiungeranno anche Polonia e Portogallo. Ad oggi la piattaforma offre un ventaglio di 20 mila brani.

Come funziona

Il servizio offerto è semplice. Si accede alla pagina web e la schermata che appare risulta molto simile ad i-Tunes: la musica può essere visualizzata per artista, album, etichetta, genere o playlist, ma anche attraverso ricerche dirette. A differenza di Youtube, qui la legalità e la qualità dell’audio è garantita da accordi della società Spotify Ltd con artisti e case discografiche. «Il 70 per cento delle nostre entrate va alle etichette discografiche», spiega Veronica Diquattro, responsabile del ramo italiano dell’azienda. «Fino a oggi Spotify ha garantito loro 500 milioni di dollari, in quattro anni. La nostra previsione è che a fine 2013 la cifra raddoppierà».

Non tutte le case e gli artisti hanno dato via libera a Spotify. I Beatles mancano, ad esempio, perché i-Tunesne possiede l’esclusiva. Per accedere al servizio, il visitatore deve registrarsi, con i dati Facebook o inserendo la propria e-mail. L’ingresso è gratuito per un periodo di prova che dura 6 mesi, pagando come unico pegno uno spot pubblicitario ogni 20 minuti. Però, appena ci si è affezionati, scattano i vincoli, e dopo il semestre l’ascolto passa da un numero illimitato a 10 ore al mese. Ovviamente tutto è risolvibile pagando.

Gli abbonamenti

Il primo tipo di abbonamento si chiama Unlimited e, per 4,99 euro al mese, garantisce un ascolto senza limiti e interruzioni pubblicitarie. Poi c’è la versione Premium, per 9,99 euro, per ascoltare le canzoni su diversi dispositivi, anche offline, dopo aver scaricato album e brani.

Finalmente in Italia

Perché Spotify è sbarcato da noi solo ora? Lo spiega sempre Veronica Diquattro: «Il mercato adesso è pronto, abbiamo chiuso gli accordi con le case discografiche e le etichette indipendenti». Ovvero le grandi Emi, Sony Music, Universal e Warner, oltre a Merlin e case minori come Made in Etaly, Sugar e Pirames International. Il momento pare propizio anche perché, secondo i dati della Fimi, gli italiani che ascoltano musica online sono cresciuti del 77 per cento. Con YouTube, ma anche con Deezer, un analogo francese di Spotify che in Italia è attivo da un anno. Resta ancora non disponibile Pandora, una internet-radio molto seguita negli Stati Uniti.

Perché Sanremo è Sanremo

Al suo debutto Spotify ha siglato accordi anche con alcuni dei partecipanti alla kermesse sanremese. Tra i brani saranno disponibili in esclusiva le canzoni che Chiara, Max Gazzè, Marta sui Tubi, Il Cile e Annalisa porteranno all’Ariston. L’accordo è conveniente per entrambe le parti: «Spotify offre un canale di promozione in più che ti permette di raggiungere i fan in un modo diverso», dice Diquattro. «Non ci potrebbe essere momento migliore per l’artista che questo, offrendo un’alternativa legale di utilizzo per l’ascolto della tua musica: il target sono gli utenti che utilizzano streaming illegale, non certo chi va a comprare il cd».

Eva Alberti