Ponticelli su cui affacciarsi per vedere i canali. Case sull’acqua e villette con l’accesso per le barche che arrivavano a portare i viveri. Di acqua erano fatte le vie della città, o meglio dell’isola. Perché Mantova fino al primo Novecento era un’isola. Il suo rapporto con l’acqua non l’ha mai davvero dimenticato e per questo la Fondazione Pescherie Giulio Romano ha cercato di ripartire da quella memoria, storica e sociale, per ricostruire il filo tra il Rio e i cittadini. Il Rio è il canale che taglia a metà Mantova, ma il suo corso è per molti tratti coperto dall’asfalto e dalle scelte fatte nel primo dopoguerra, all’insegna della viabilità e dell’igiene.

Paolo Corbellani mostra sulla cartina com’era Mantova prima che venisse asfaltato il Rio

Ma nella città dei Gonzaga c’è un luogo dove si può ancora vedere bene, con un po’ di immaginazione, la Mantova d’acqua. Sono le Pescherie di Giulio Romano, così chiamate dal nome dell’architetto, e all’epoca prefetto e superiore delle strade, che ne seguì la costruzione nella prima metà del ‘500. La scelta del luogo, proprio accanto al campanile di San Domenico, non fu casuale. Era ed è rimasto un punto nevralgico per la città. Accanto c’erano infatti le beccherie, e cioè le macellerie, e questo rendeva la loggia un frequentatissimo centro, non solo per ragioni economiche. «Era come un’asse del food», spiega il presidente della Fondazione Pescherie Paolo Corbellani, «perché la presenza del Rio era fondamentale sia per l’arrivo delle merci, sia per consentire all’acqua di ripulire l’interrato dagli scarti».

E oggi? Oggi l’idea sarebbe di recuperare quel rapporto vitale con l’acqua, innanzitutto rendendola più vicina. Una passeggiata dalle vecchie beccherie e poi sotto i ponti delle pescherie, e una scala per scendere sulla riva del Rio. Ecco che l’acqua torna più vicina. «Il progetto prevede anche una terrazza-pontile, come una nuova Darsena, dove i visitatori possano fermarsi», continua Corbellani. I primi passi l’associazione li aveva già mossi con l’iniziativa “Crociera dei quattroponti”. I cittadini potevano salire su una barca e percorrere i canali dalle pescherie a Porto Catena. «Finito il viaggio erano tutti entusiasti. Questo ci ha fatto capire che stavamo andando sulla strada giusta» racconta Alessandra Moreschi, volontaria e ora collaboratrice nell’Ufficio “Mantova e Sabbioneta Patrimonio Mondiale UNESCO”.

Uno scorcio del Rio da una terrazza mantovana

Poi i lavori preliminari e le demolizioni necessarie per iniziare il vero e proprio cantiere. Da una parte il recupero del fabbricato, dove la sala d’attico, una volta restaurata, ospiterà mostre ed eventi. Dall’altra l’accesso permanente alla riva. «L’aiuto e l’entusiasmo sono arrivati da ogni parte», racconta Corbellani, «tutti hanno dato un contributo all’attività di fund raising per sovvenzionare la nostra idea: dalla pasticceria, che ha creato una torta a forma di mattone, alla regione Lombardia, primo finanziatore». Ma soprattutto, l’associazione “Non capovolgere”. È dal 2005 che Josephine Salvagni, insieme a moltissime artiste donne, ha portato l’arte sull’acqua dei canali mantovani. Esposizioni che galleggiano, interagiscono e vivono nell’acqua del Rio, animando anche con la musica tutta la zona delle pescherie. Anche queste donne e la loro land art ora lavorano per aiutare economicamente la riuscita del recupero della loggia e della Mantova d’acqua.

E poi, ci sono le scuole. «I beni comuni, come tali, dovrebbero essere vissuti e partecipati da tutti. Le scuole spesso vanno ovunque, hanno mille iniziative, ma si dimenticano dove stanno», dice il professor Melli, del Liceo Scientifico Belfiore, che insieme alla professoressa Rebecchi è il referente dell’iniziativa che vede i giovani studenti protagonisti attivi del progetto della Fondazione. La 3A, all’interno delle ore di alternanza scuola/lavoro, farà qualcosa di diverso dagli altri. I ragazzi seguiranno una parte della loro città, interessandosi alla sua storia, e ne studieranno l’architettura. Racconteranno tutto questo in una narrazione video. Telecamere in spalla, usciranno a vedere cosa vuol dire recuperare un bene della città e come si fa a comunicarlo, con tecniche digitali. «Solo i pescatori e i turisti hanno la percezione di camminare su dei ponti a Mantova», spiega il prof., che vuole che i suoi alunni vivano direttamente il proprio territorio e costruiscano un progetto che abbia ricadute positive sulla cittadinanza. «È importante che i ragazzi imparino a lavorare in gruppo e che soprattutto inizino a orientarsi su cosa gli piacerebbe fare nel futuro», è sicura la professoressa Rebecchi. Non è l’unica scuola a seguire i progetti della Fondazione: tra gli altri, l’istituto tecnico Mantegna monitora le acque del Rio da più di un anno, cercando di svelare il lato un po’ più tecnico del corso d’acqua che vuole tornare protagonista della città.

Un primo assaggio per i cittadini arriverà a giugno, con i trailers-storytelling preparati dai ragazzi del Belfiore, e poi in autunno, quando riaprirà l’accesso alla riva. Intanto andranno avanti i lavori per la sala d’attico della loggia e la rifinitura dei locali che saranno adibiti per accoglienza e ristoro: non ultima la terrazza, dove arriverà una caffetteria.