Quando Ornella Pozzoni lo ha proposto alle sue amiche, l’hanno guardata incredule. Ma non ci è voluto molto per convincerle. «Già da alcune settimane stavamo cucendo mascherine per gli abitanti dei comuni limitrofi. Poi una sera, guardando la televisione, ho visto la storia di alcuni ragazzi audiolesi. Non ci ho pensato molto: il giorno dopo sono andata in sede e ho detto che avremmo dovuto inserire una parte trasparente in prossimità della bocca, così i non udenti avrebbero potuto leggere il labiale».

Le mascherine prodotte da Ornella Pozzoni

In Brianza – La “sede” è il garage sotto casa di Ornella dove, più o meno dall’inizio dell’emergenza, si riuniscono cinque volontarie che cuciono mascherine sotto l’attenta guida di Natalina, una vita intera passata a fare la sarta. Succede tutto a Brivio, in provincia di Lecco. Dopo aver messo a punto il modello più funzionale, Ornella pubblica una foto della prima mascherina con parte trasparente sulla pagina Facebook “Sei di Brivio se…”. Si apre un mondo. «Ci hanno chiamato moltissime associazioni che seguono i non udenti». In pochi giorni si mette in moto una macchina – tutta gratuita – che produce circa 50 mascherine al giorno. Il tessuto arriva da Cesano Bergamasco, donato dalla tessitura Perego. Da chiarire: la certificazione dell’Istituto Superiore di Sanità non c’è, come spesso è successo per chi ha avviato una produzione di mascherine in proprio. Ma la risposta a una richiesta d’aiuto c’è tutta. Dopo l’avvio arrivano i primi riscontri: «Una ragazza mi ha scritto: per capire come ci sentiamo noi, togli l’audio dalla tv mentre la stai guardando. Immagina senza labiale quanto può essere ancora difficile. Invece, con le vostre mascherine ho potuto riprendere a capire chi ho di fronte», ricorda Ornella. «Non avrei mai pensato a una richiesta così ampia. La sera, quando torniamo a casa, abbiamo le dita che quasi ci sanguinano. Ma va benissimo così perché stiamo facendo qualcosa di molto utile».

In Kentucky –  Come loro, anche altre realtà in Italia stanno avviando una simile produzione. Molti si sono ispirati all’idea di una ragazza americana, Ashley Lawrence. Ventunenne, studia alla Kentucky University per diventare assistente alla comunicazione delle persone sorde. Su Go Fund Me ha aperto una raccolta fondi per finanziare la realizzazione di alcuni modelli di mascherine trasparenti nella parte inferiore, in corripsondenza delle labbra. Il suo progetto si chiama DHH Project, deaf and hard of hearing project (progetto per sordi e ipoudenti). In poche ore ha raccolto oltre 3mila dollari.

A Venezia – Il suo messaggio ha fatto il giro del mondo. Fra le tante destinazioni che ha raggiunto, c’è anche Venezia. Qui ha sede la Società Cooperativa Il Filò, attiva nel commercio Equo & Solidale dal 1989. Dopo la prima fase di studio e prove, anche loro hanno messo a punto il proprio modello: «L’idea era ottima, ma mi sono accorto che il prodotto andava un po’ migliorato. Quindi, anche su indicazione delle persone non udenti, abbiamo disegnato una finestra trasparente molto ampia, che andasse da guancia a guancia». Spiega Massimo Renno, presidente de Il Filò. «La realizziamo in tessuto non tessuto (tnt) e non ha alcun tipo di appannamento, viene trattata apposta per evitarlo». Le mascherine sono messe a punto da otto sarte artigiane, che ne producono circa 4mila al mese. La loro attività, spiega Renno, incorpora tanti significati: «Prima di tutto, la mascherina in sé ha il potere di educare le persone a un comportamento corretto. Poi, sensibilizza in merito alle difficoltà incontrate dai non udenti. Infine, è un esempio di moda etica che si svolge nella dimensione della prossimità. Ecco, parlerei di atelier della prossimità».