«La Rai è un’istituzione completamente gestita dalla politica, così come le nomine di dirigenze e conduttori». Alda d’Eusanio, più di venti anni giornalista Rai, dal Tg2 all’Italia in diretta, ha le idee chiare su come funziona il sistema radiotelevisivo pubblico. E sulla sua importanza: «Quando vuoi fare un colpo di stato, i primi palazzi che vai a occupare sono quelli di radio e televisione. Chiunque va a gestire il governo, impone alla Rai il proprio modo di pensare».

Morra – Il riferimento è alle vicende degli ultimi giorni. Il 20 novembre a Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, è stato impedito di apparire sugli schermi. «Ognuno è responsabile delle proprie scelte. Era noto a tutti che la presidente azzurra della Calabria, Jole Santelli, fosse una grave malata oncologica»: queste le parole incriminate del senatore, pronunciate durante un’intervista a Radio Capital. L’opposizione di centrodestra ha subito chiesto le dimissioni. Ma a prendere le distanze da Morra si è affrettato tutto il resto del mondo politico, dal movimento delle Sardine al suo partito di appartenenza, il Movimento 5 Stelle. «È stato sincero da una parte e poco politico dall’altra», argomenta D’Eusanio.

«Queste sue esternazioni – prosegue – l’hanno reso poco credibile non tanto per mancanza di sensibilità, ma di linguaggio politico». Solo una volta arrivato agli studi Rai a Napoli per partecipare alla trasmissione Titolo V, Morra apprende dalla vicedirettrice di Rai3 Silvia Calandrelli di essere stato escluso dalla trasmissione. «Loro non si arrenderanno mai, io neppure», la sua reazione con probabile allusione a ingerenze mafiose su questa decisione. Per Alda D’Eusanio però non è questo il punto. «La decisione presa dalla Rai è stata un oltraggio ai principi fondanti della democrazia, prima che alla persona», afferma. E aggiunge: «è qualcosa di inumano invitare una persona a Napoli, farla entrare negli studi, truccarla, microfonarla per poi comunicargli all’ultimo che non è più ammessa. È umiliante essere cacciati via per avere espresso un tuo pensiero, ti lascia dentro un dolore indescrivibile. Vieni cacciato via, portato fuori dal palazzo, come mi è successo».
L’ex conduttrice si riferisce a una vicenda per lei traumatica. Nel 2012, dopo essere stata investita da una motocicletta, è entrata in coma e ha intrapreso una terapia riabilitativa neurologica. L’anno successivo, invitata al programma La vita in diretta, espresse parole critiche nei confronti della terapia riabilitativa portata avanti dai genitori di un ragazzo, ospite anch’egli della puntata. «Sono stata presa di peso, hanno mandato la pubblicità. Fuori dallo studio e dalla Rai per 3 anni. Per lo shock, sono entrata in un coma epilettico. Sono stata radiata dalla Rai per avere detto ciò che pensavo: l’azienda toglie al giornalista la possibilità di esprimere il proprio pensiero e la libertà di parola».

Annibali – Il 22 novembre, in vista della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la Rai aveva pensato di riprodurre un’intervista del 2016 di Franca Leosini a Luca Varani, autore dell’aggressione a Lucia Annibali. La deputata di Italia Viva tutt’ora reca i segni della violenza. «Preferisco essere io, ogni giorno, a raccontarmi attraverso le mie scelte, le mie idee, i miei pensieri. Perché so che, le mie, saranno le parole più giuste», ha spiegato Annibali. Così, in seguito alle rimostranze sue e di altri esponenti politici, Rai Cultura ha deciso di non trasmettere più l’intervista «per non urtare la sensibilità delle vittime», si legge in un comunicato.

Per D’Eusanio, la scelta sortisce l’effetto opposto. «Se una donna viene uccisa e la giornalista intervista l’assassino, senza sconti o alcun tipo di compiacimento, in maniera educativa, bisogna darle spazio. A maggior ragione in una giornata in cui si denuncia la violenza sulle donne». «Si dovrà stendere un velo pietoso su qualsiasi atto di cronaca?», ha chiesto retoricamente a Open Leosini nel corso di un’intervista. «Al contrario, è proprio questa la vera denuncia», risponde D’Eusanio. «Una denuncia che insegna e sensibilizza la società». E se fosse stata una donna qualsiasi, e non una parlamentare, a esternare le proprie opinioni, la Rai avrebbe agito allo stesso modo? «La Rai dovrebbe tenere conto soprattutto di bisogni desideri del proprio pubblico. Se sei servizio pubblico, il servizio lo fai per chi ti guarda, non per il palazzo», afferma la giornalista. «Penso che la riproduzione di contenuti del genere sia nell’interesse di ogni donna. La Rai non può spiegare il “no” all’intervista con la scusa che non vuole maramaldeggiare con i fatti di cronaca. Così muore il giornalismo».