Corna che spuntano da una specie di colbacco di pelo di coyote, petto nudo coperto di tatuaggi e colori della bandiera a stelle e strisce dipinti sul volto. È questa l’immagine, passata alla cronaca, di Jake Angeli, lo “sciamano di QAnon” che il 6 gennaio ha guidato un gruppo di manifestanti pro-Trump all’assalto del Congresso degli Stati Uniti sulla collina del Campidoglio di Washington. Nato in Arizona, di origini italiane, Angeli è un aspirante attore di 32 anni già noto per aver partecipato ad altre manifestazioni a sostegno di Trump, sempre con lo stesso look. Questo fatto sconfessa le teorie, già in moto, secondo cui lo sciamano e i fatti del 6 gennaio sarebbero da ricollegare alle proteste di Black Lives Matter. Angeli è conosciuto per essere uno dei leader del movimento che si riconosce nella teoria complottista QAnon. Sarebbe lui stesso, secondo quanto riportato dal giornalista del Ney York Times Kevin Roose, ad aver sciolto la manifestazione del 6 gennaio dopo il tentato assedio.

Il complotto – QAnon racchiude molti elementi di teorie complottiste già note. In particolare, ripropone alcuni aspetti del cosiddetto Pizzagate, teoria diffusa durante la campagna presidenziale del 2016 secondo la quale nelle email rubate del direttore della campagna di Hillary Clinton, John Podesta, ci fosse un codice cifrato che si riferiva a un traffico di bambini rinchiusi in una pizzeria di Washington. QAnon ha cominciato a circolare il 28 ottobre 2017 sul sito 4chan a seguito di un post dell’utente “Q”, mai identificato ma che sostiene di essere un uomo molto addentro alle istituzioni statunitensi. Nell’intervento si rivelava l’imminente arresto e la successiva estradizione di Hillary Clinton – fatto che non si è mai verificato.

L’ombra di Hillary – Secondo QAnon, Clinton e suo marito Bill sarebbero a capo di una manipolo di politici, celebrità e miliardari di Hollywood che avrebbero messo in piedi un traffico di bambini vittime di abusi, per estrarre l’adrenocromo dal loro sangue e berlo diventando quasi immortali. Per farsi riconoscere dai suoi proseliti, noti come anons, “Q” mette nei suoi post (o “drop”, gocce) un codice identificabile solo da loro. Le gocce servono per ricostruire la teoria come se si trattasse di un puzzle. In questo modo, i seguaci di QAnon si intrattengono e trovano sempre nuovi elementi per alimentare la teoria. Nel novembre del 2017 “Q” ha lasciato 4chan ed è passato a produrre contenuti sul sito 8chan, prima che quest’ultimo fosse chiuso ad agosto del 2019. Dopo mesi di silenzio, è riapparso sul nuovo sito web 8kun, sempre creato dal proprietario di 8chan.

Pericolosa – Tra le tante teorie del complotto diffuse negli Stati Uniti, QAnon è una delle più pericolose. Innanzitutto, per il numero dei seguaci. Prima di essere chiusi nell’agosto 2020, i più importanti gruppi Facebook di discussione su QAnon registravano circa 200mila membri, mentre gli account Twitter che parlavano del tema erano circa 150mila. In secondo luogo, per gli effetti che le teorie hanno nel mondo reale. Non tutti i sostenitori della teoria sono violenti. Tuttavia la partecipazione di alcuni di all’assalto del 6 gennaio – ma anche ad altri fatti di cronaca – testimonia una preoccupante tendenza di fondo. L’Fbi ha infatti identificato il movimento come una potenziale minaccia terroristica.

Il ruolo di Trump – Le persone che aderiscono a QAnon sono convinte che Donald Trump stia conducendo una battaglia segreta contro i Clinton e gli altri appartenenti a questa fantomatica congrega. L’ormai ex presidente avrebbe in mano tutti gli elementi, sempre secondo la teoria, per smascherare il complotto e mandare i responsabili nella prigione di Guantanamo. Quando gli è stato chiesto di prendere posizione sulla vicenda e di dissociarsi dai seguaci della teoria complottista, Trump non lo ha fatto e ha dichiarato che chi lo sostiene va considerato un patriota. Il 19 agosto 2020 l’ex presidente ha fornito una sponda a QAnon, dichiarando: «Se posso contribuire a salvare il mondo dai problemi, sono disposto a farlo; sono disposto a mettermi in gioco, ed è quello che stiamo facendo, a dire il vero».