La neoeletta premier svedese Magdalena Andersson durante le votazioni sulla legge di bilancio in parlamento

È durato solo otto ore il premierato della socialdemocratica Magdalena Andersson, 64enne, soprannominata il «bulldozer», per la sua tenacia e capacità politica. La prima donna eletta dal parlamento svedese per guidare la coalizione di governo sostenuta dai partiti Centro, Verdi, Sinistra, oltre che dai socialdemocratici, ha rassegnato le dimissioni dopo lo sfilamento dall’intesa del partito ecologista. La sua elezione era stata descritta come «un giorno felice» dalla commissaria europea agli affari interni Ylva Johansson. Ma nel centesimo anniversario dell’estensione del diritto di voto alle donne, l’elezione di Andersson è un doppio record: la prima premier donna dopo 33 primi ministri uomini e l’esperienza governativa più breve nella storia politica della Svezia.

La mezza giornata di Governo – Senza la maggioranza assoluta in parlamento, l’elezione di Anderson era arrivata in extremis, il 24 novembre, grazie a un accordo con il Partito di Sinistra che ha concesso il suo appoggio esterno in cambio di un aumento delle pensioni da inserire nella legge di bilancio. A questo punto è stato il piccolo Partito di Centro a ritirare il suo sostegno alla coalizione in polemica con le concessioni fatte a sinistra e la coalizione di maggioranza appena formata si è ritrovata senza i voti necessari per approvare la propria manovra finanziaria. L’aula del Riksag ha così approvato il budget avanzato da Moderati, Cristiano-democratici e Democratici svedesi, partito di estrema destra.
È stato questo passaggio la miccia che ha fatto deflagrare la coalizione nata solo otto ore prima. Per Bolund, leader dei Verdi e vicepremier dell’esecutivo appena formato, ha tolto l’appoggio alla coalizione dichiarando «intollerabile una legge finanziaria redatta per la prima volta insieme all’estrema destra». Ma i Verdi si sono sfilati anche per questioni di merito: la manovra prevedeva sgravi fiscali alla benzina, che avrebbero incentivato l’utilizzo dell’automobile e dunque un aumento delle emissioni.

Le dimissioni – La mossa non ha lasciato altra strada ad Andersson se non quella delle dimissioni. «La pratica costituzionale vuole che un governo di coalizione si dimetta dopo che uno dei partiti abbandona la coalizione. Non voglio essere leader di un governo la cui legittimità è messa in discussione», ha spiegato Andersson in una conferenza stampa durante la quale ha espresso l’auspicio di poter essere nuovamente votata alla guida dell’esecutivo – stavolta un monocolore socialdemocratico, ancora più minoritario – in un prossimo passaggio parlamentare.
La sua maggioranza, pur prevista dagli osservatori politici scandinavi dopo la nomina alla leadership del partito Socialdemocratico avvenuta per acclamazione ai primi di novembre, si era da subito rivelata risicata, con 117 voti favorevoli, 57 astenuti e 174 contrari. Un’elezione resa possibile dal sistema svedese: un candidato, per guadagnare la fiducia, non ha bisogno di una maggioranza favorevole, basta che non sia bocciato dal Parlamento. Anche in virtù del consenso ristretto, dimissioni e fine dell’esperienza governativa sono state l’unica scelta politica praticabile,

Lo scenario – Per quanto incredibile possa sembrare, Magadalena Anderson ha comunque ottime probabilità di essere nominata premier di nuovo, a conferma della sua tenacia e della giusta scelta del soprannome. Il suo governo dovrebbe essere monocolore socialdemocratico, tenuto in piedi dall’appoggio esterno di Verdi e Sinistra e dall’astensione del Centro. Nonostante le diversa opinioni sulla spesa pubblica, il punto di contatto tra i partiti è la volontà di precludere all’estrema destra ogni possibilità di entrare a far parte della maggioranza che sostiene il governo: «Faremo in modo che il Paese non abbia un esecutivo che dipende dai democratici di Svezia», si legge in un tweet della leader centrista Annie Loof.