Un litigio eterno tra fratelli per decidere a chi spettasse la parte più consistente dei due ettari di terreni coltivabili lasciati sei anni fa in eredità dal padre. È quello che potrebbe aver spinto Angelo Tardino, 48enne di Licata (Agrigento), a presentarsi nella mattinata del 26 gennaio a casa di campagna di Diego (44 anni) con tre pistole al seguito. Dopo il fratello l’uomo ha ucciso nel sonno la cognata Alexandra Ballacchino (30 anni), poi i due nipoti Alessia e Vincenzo, di 15 e 11 anni rispettivamente. I militari della scientifica hanno trovato 16 proiettili sul luogo della strage. Ma Tardino ne ha sparato un diciassettesimo, qualche ora dopo, alla sua tempia. In quel momento era al telefono con i carabinieri che, allertati da sua moglie, cercavano di farlo venire in caserma a costituirsi. Invece, alle 12.34, l’assassino è morto nel pronto soccorso dell’ospedale di Caltanissetta, poco prima di entrare nel reparto di rianimazione. «Il motivo del crimine sarebbe rintracciabile in questioni personali e patrimoniali», così recita il comunicato del procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio.

Il delitto – Le frizioni tra i fratelli Tardino andavano avanti da diverso tempo. Al centro ci sarebbe stata la gestione delle serre dove coltivano pomodori e carciofi. Ma anche per l’acqua di un pozzo e addirittura per problemi di parcheggio, di cui Angelo si era lamentato perché non aveva spazio per il suo furgone. A precedere l’eccidio ci sarebbe stata l’ennesima discussione tra i due. Come riporta Rai News, i vicini avrebbero sentito prima la lite e poi gli spari. La pista del delitto d’impulso non sembrerebbe del tutto certa: la mattina del 26 gennaio Tardino era andato nella casa del fratello minore, a contrada Safarello, portando tre pistole. Due rivoltelle e una Beretta calibro 9, tutte regolarmente detenute. Anche Diego nella sua abitazione aveva un’arma, denunciata legalmente, ritrovata dai carabinieri nella cassaforte. Dopo aver compiuto la strage con la Beretta, Tardino è fuggito con la macchina per un paio di chilometri prima di fermarsi sotto un cavalcavia. Da lì ha telefonato alla moglie, confessandole l’omicidio, poi ai carabinieri. All’inizio sarebbe stato propenso a costituirsi in modo pacifico, quindi si sarebbe sparato con un’altra arma, una pistola Bernardelli. Già avviate le indagini, con gli interrogatori della moglie e dell’altro fratello di Angelo Tardino nella caserma di Licata. Oggi, 27 gennaio, il medico legale effettuerà l’autopsia delle quattro vittime della strage nella camera mortuaria dell’ospedale «San Giovanni di Dio» di Agrigento.

Le reazioni – «Tutti in città sapevano di quelle liti, nessuno però pensava che si potesse arrivare a tanto. I tre fratelli, prima, vivevano tutti nello stesso stabile, ognuno in un piano», ha detto all’Ansa Padre Totino Licata, parroco della chiesa San Giuseppe Maria Tomasi. «La comunità è sgomenta e l’amministrazione si sta muovendo per dichiarare il lutto cittadino per i funerali delle vittime dell’efferato omicidio, soprattutto per i bambini coinvolti nella tragedia», è il commento del sindaco di Licata Pino Galanti. Le reazioni di sconcerto sono arrivate anche dalle scuole frequentate dai due ragazzi. Floriana Costanzo, professoressa di italiano di Alessia al Liceo Classico Linares, ha spiegato che la giovane parlava spesso all’amica del cuore degli screzi tra il padre e lo zio, «ma se li avesse percepiti come un problema ce lo avrebbe detto». Tiziana Alesci, insegnante di Vincenzo all’Istituto Comprensivo Marconi, lo ricorda come «un bambino allegro, generoso, pieno di voglia di vivere».