Un futuro FANTAstico
Divertimento o investimento? Dal Fantacalcio sono nate realtà che privilegiano l’aspetto economico su quello ludico, per trasformare gli utenti in veri e propri manager. Due modelli lontani che coesistono in un business in grande ascesa
di Mattia Camera e Filippo Gozzo
Per alcuni è un semplice gioco. Per altri, una passione che regala gioie e dolori, notti insonni, sfottò dagli amici e fiumi di notifiche sullo smartphone. Chi non lo fa lo ritiene un inutile passatempo, mentre non è il caso di chiedere “come va?” a chi ci gioca: ne deriverà un buon quarto d’ora di disgrazie e lamentele. È il Fantacalcio®, nato dalla mente di Riccardo Albini. È sempre più fenomeno di massa che dilaga tra giovani e adulti di tutte le età grazie a investimenti pubblicitari e commerciali e allo sviluppo tecnologico di Fantacalcio.it, che ne ha aumentato l’accessibilità. È un business a tutti gli effetti per aziende e testate giornalistiche, come Sos Fanta, che forniscono servizi e contenuti informativi.
Poi ci sono alcuni per cui i fantasy game sul calcio sono anche (e soprattutto) una forma di investimento e l’aspetto ludico, il divertimento, passa in secondo piano. Blockchain e criptovalute stanno rivoluzionando il modo di effettuare le transazioni. Tra gli infiniti settori di applicazione delle nuove tecnologie, ci sono anche i fantasy sport. Nello specifico, sono gli Nft (Non-fungible token) la chiave di volta per chi sta cercando di trovare una nuova via, un nuovo modo di unire un gioco e un guadagno, fino a trasformare un hobby (come lo è per molti) in un lavoro vero e proprio. In un incrocio tra collezionismo e gaming, tra le Figurine Panini e Fifa Ultimate Team, vengono create card dei giocatori dei principali campionati europei, ognuna con la sua valutazione. Si possono acquistare e vendere in criptovalute attraverso la blockchain e infine schierarle in campo come nel più classico dei fantasy sport. In questa direzione si sta muovendo Sorare, gioco dell’omonima azienda francese. E anche l’Italia ne avrà presto uno con gli Nft, grazie alla startup Ipermatch.
Due modelli a confronto, due visioni opposte che nei prossimi anni sono destinate a dividersi un vasto mercato. Senza che necessariamente l’uno debba surclassare l’altro. Perché entrambe le modalità hanno le stesse caratteristiche, ma con pesi differenti. Nel fantacalcio l’aspetto economico è secondario, con la vittoria di una piccola somma di denaro che diventa solo il coronamento di un anno di vanti e sbeffeggi nei confronti degli amici, vero godimento del gioco. Nei fantasy game con gli Nft, invece, è più importante realizzare plusvalenze sulle figurine dei calciatori acquistate, tanto che il divertimento del gioco potrebbe arrivare a scomparire a vantaggio di una logica improntata solo sul guadagno.

1. Con gli amici, per gli amici: Fantacalcio.it
«Per come lo intendiamo noi e per come è nato, il fantacalcio è prendersi in giro tra amici. Se togli quest’aspetto, ammazzi il divertimento. Le nuove modalità mettono in moto dinamiche che non sono quelle del gioco tra amici. Conosco persone che fanno l’asta con i soldi veri, ma sono pochi. Il resto del mondo non fa così», spiega Nino Ragosta, fondatore e Ceo di Fantacalcio.it, dal 2021 il fantasy game ufficiale della Serie A Tim. Oggi è questo il presente del “gioco più bello del mondo dopo il calcio”.
C’è proprio l’amicizia alla base del successo di Fantacalcio.it, una realtà creata assieme a Luigi Cutolo, Cto di Quadronica, la tech company napoletana titolare del sito e che detiene i diritti esclusivi del marchio registrato Fantacalcio®. «Siamo partiti da un sottoscala nel vero senso della parola. Da giovane ho avviato una mia web agency e lì, con il mio gruppo di amici, è nata la prima versione embrionale della piattaforma. Era il 1998, tutto era molto rudimentale e amatoriale. Ci trovavamo il lunedì mattina per aggiornare materialmente la pagina delle nostre squadre», racconta Ragosta, fin da piccolo appassionato di informatica e programmazione.
In poco tempo il sito inizia a farsi conoscere e nei primi anni 2000 Ragosta e i suoi amici decidono di renderlo pubblico: «Abbiamo creato il primo sistema di leghe. Era quello che potevamo permetterci economicamente a quel tempo, ma la nostra cavalcata inizia da lì». Il sito diventa presto il punto di riferimento per i fantallenatori italiani. Nel 2017 viene perfezionato l’acquisto del marchio da Gedi, che l’aveva precedentemente rilevato da Edizioni Studio Vit di Riccardo Albini, l’inventore del fantacalcio.
All’interno della società ci sono due anime: la testata giornalistica e la piattaforma di gioco. «Secondo un panel fatto l’anno scorso a La Sapienza, il 93% di chi gioca lo fa sul nostro sito. Abbiamo una media di 2,5 milioni di squadre iscritte ogni anno, per un totale di 4 milioni di iscritti», spiega Ragosta, «per quanto riguarda la testata possiamo contare su una media di 6,5-7 milioni di utenti mensili, con picchi tra gli 8 e i 9».
Fantacalcio.it è una macchina complessa che lavora a tempo pieno e che, a volte, arriva a gestire oltre un milione di utenti connessi contemporaneamente, che schierano la squadra più e più volte, vuoi per indecisione o per i cambiamenti nelle “probabili formazioni”, tra convocati, infortunati e ballottaggi. «È un lavoro complicato, ma il segreto, e non lo dico con retorica, è la passione che c’è dietro, che ci permette di essere sempre disponibili con i nostri iscritti. In azienda ci sono tre persone che si occupano solo di rispondere ai nostri utenti, e stiamo parlando anche di 4mila chat al giorno nei periodi di picco. Il nostro segreto è che ci divertiamo a farlo. Per noi è un core business e ascoltiamo quello che vogliono le persone. I primi che volevano che fosse figo eravamo noi».
L’idea di business della società si è modificato nel tempo, andando nella direzione di un advertising fisico, che avvicinasse l’utente alla realtà, per coinvolgerlo come fosse davvero un allenatore o un dirigente della propria squadra. «Abbiamo inserito i cartelloni pubblicitari intorno al rettangolo di gioco dove si schiera la formazione e lo sponsor sulle magliette che ogni giocatore deve creare prima di iniziare il campionato. È una scelta che è stata ben recepita dal pubblico». Il modello d’impresa non è più basato interamente sulle pubblicità, ma sulla subscription, che garantisce maggiore comodità e l’eliminazione dei banner commerciali: «La prerogativa è che non debba essere un vantaggio di gioco. Se ti permetto di comprare con soldi veri quello che è un’agevolazione nel gioco, non è più un fantacalcio tra amici. La nostra applicazione non è un pay-to-win: gli elementi premium sono informazioni più accessibili e senza pubblicità. Ma le informazioni sono le stesse per tutti».
Con Fantacalcio.it nascono i colori classici che identificano i ruoli dei giocatori (giallo per i portieri; verde per i difensori; blu per i centrocampisti; rosso per gli attaccanti) e i voti live. Ma, soprattutto, sono diventati iconici i cosiddetti “campioncini”, cioè le caricature dei calciatori, disegnati dall’illustratore Sayo con oggetti e dettagli che richiamano i loro cognomi o le loro caratteristiche. Ad esempio, ci sono Marcelo Brozovic metà uomo-metà coccodrillo, Sergej Milinkovic-Savic con un caschetto da sergente o Andrea Pinamonti con un albero di pino stretto nel pugno. «Il primo, realizzato molti anni fa, è quello di Gennaro Gattuso, incazzato e in compagnia di un barattolo di peperoncini, omaggio alla sua Calabria».
Per il Ceo di Quadronica il gioco ha soprattutto una funzione etica ed educativa intrinseca, che potrebbe passare in secondo piano se diventasse prioritaria la componente economica e l’inseguimento dell’investimento e del guadagno: «Consente di superare la mentalità da ultrà, perché il fantallenatore è in primis tifoso della sua fantasquadra. Ti permette anche di conoscere in profondità il calciatore e, in un mondo in cui i giovani sono ormai più affezionati al singolo che alla squadra, questo gioco ti permette di seguire con più attenzione i tuoi preferiti».
In un periodo in cui il calcio sta vivendo un periodo di interrogativi e incertezze sul suo futuro, andare incontro al pubblico e alle nuove generazioni diventa fondamentale. In molti concordano che il fantacalcio possa essere uno dei motori che potranno in futuro trascinare il mondo del pallone. Su questo concorda anche Ragosta: «Le nuove leve non sono così interessate al calcio come lo eravamo noi. Il gioco può tenere vivo l’interesse dello spettatore anche su partite di seconda o terza fascia, che vengono seguite anche da chi ha schierato al fantacalcio alcuni giocatori impegnati in campo. Il fantacalcio è uno dei driver che fa girare l’ecosistema calcio, perché è parte dell’entertainment e dello show business del campionato principale».
di utenti unici mensili sulla testata giornalistica, con picchi di 8-9
di squadre che giocano tutto l'anno
Nino Ragosta, Ceo Fantacalcio.it
Nino Ragosta, Ceo Fantacalcio.it

Il campioncino di Gennaro Gattuso con la maglia del Milan. È il primo disegnato e utilizzato
su Fantacalcio.it
2. Il fantallenatore diventa un manager
con Nft e cripto: Sorare
E se i fantasy game diventassero anche un investimento economico? Magari un vero e proprio lavoro? Ma mettendo al centro il guadagno, i soldi, cosa resta del divertimento, dei messaggi su WhatsApp agli amici, delle esultanze per un’ammonizione di un giocatore avversario o della disperazione per un rigore sbagliato?
Quella di Sorare è una visione che va incontro al lato economico dei fantasy sport. È un gioco di calcio manageriale online creato nel 2018 dall’omonima società francese e basato sui fantasy game calcistici. La particolarità e l’innovazione che l’ha resa l’azienda leader a livello mondiale è la tecnologia degli Nft. Vengono utilizzate carte da gioco registrate nella blockchain di Ethereum (la piattaforma che permette di scambiare criptovalute). Sono delle figurine dei calciatori, con un punteggio basato sulle sue prestazioni reali durante la stagione. Ciascuna di esse è un vero e proprio Nft, con un unico possessore e con un valore convertibile in euro. Il concetto alla base di Sorare è che il fantallenatore diventa un vero e proprio manager che cerca di trarre un profitto reale dalla compravendita dei suoi giocatori: acquista calciatori che col tempo, grazie alle loro prestazioni, potrebbero aumentare il proprio valore, così da poterli rivendere a un prezzo maggiorato. I soldi investiti per comprare le card diventano quindi soldi guadagnati una volta rivendute.
A ogni carta il suo valore
Le carte hanno diverse rarità, a seconda della quantità creata e immessa sul mercato:
- Carte Common (colore bianco): vengono assegnate una volta completata l’iscrizione. Non hanno alcun valore economico e il loro numero è illimitato;
- Carte Limited (colore giallo): 1000 di ogni giocatore;
- Carte Rare (colore rosso): 100 di ogni giocatore;
- Carte Super rare (colore blu): 10 di ogni giocatore;
- Carta Unique (colore marrone): 1 di ogni giocatore.
Il valore di una figurina dipende essenzialmente da due parametri: il valore reale del calciatore e il valore della carta stessa, dato dalla sua rarità. A questi si aggiungono aspetti minori, come il livello di esperienza accumulato dalla carta, il campionato in cui gioca il calciatore e la stagione in cui è stata emessa.
Vincere per ottenere figurine sempre più rare
L’iscrizione a Sorare è gratuita. Ogni manager può creare una o più squadre formate dai calciatori di cui ha le card, con le quali potrà partecipare ai tornei organizzati dalla piattaforma. Le competizioni sono di diverso tipo, dal livello D5 (il più basso) al D1 (il più alto). Salendo di livello, per partecipare è necessario schierare sempre più carte Limited, Rare, Super rare e Unique. Inizialmente si può partecipare per un massimo di otto volte alla Starter League Rookie, riservata ai nuovi iscritti che possiedono solo carte Common. La durata dei tornei, organizzati tutto l’anno, è di 3-4 giorni, durante i quali i giocatori schierati devono disputare almeno una partita di campionato o di coppa.
Ogni squadra manda in campo un massimo di cinque giocatori: un portiere, un difensore, un centrocampista, un attaccante e un giocatore extra in qualsiasi ruolo. Su Sorare non è prevista alcuna panchina e nella stessa squadra possono essere presenti calciatori che giocano in campionati diversi.
Il risultato finale è ottenuto dalla somma dei punteggi (da 0 a 100) ottenuti da ogni giocatore, calcolati in base alle statistiche di Opta Sports, il sito che analizza le prestazioni dei calciatori in base ai palloni toccati, i passaggi riusciti, i falli, gli assist e i gol. Inoltre, ogni carta da gioco ha dei bonus a seconda del suo livello. Terminato il torneo, il manager riceve un premio sotto forma di carta rara o di Eth. I premi sono indispensabili per continuare a giocare, dato che vincendo è possibile ottenere nuove carte sempre più rare, così da poter accedere a tornei di livello superiore.
Il mercato di Sorare è diviso in due sezioni: Nuove carte, dove si trovano le nuove figurine emesse gradualmente in modalità “asta”; Calciomercato, dove i manager possono scambiarsi gli Nft fra di loro.
Un business in continua espansione
Sorare sfrutta una blockchain attiva in 180 Paesi del mondo e conta, secondo le stime interne, circa un milione di utenti registrati alla propria piattaforma. L’azienda ha una valutazione attuale di 4,3 miliardi di dollari e tra i suoi investitori ci sono anche calciatori, tra cui Gerard Piquè, Antoine Griezmann e Rio Ferdinand. A gennaio 2022 la campionessa di tennis Serena Williams è entrata nell’azienda in qualità di consigliere d’amministrazione, per consulenze sul rapporto tra la società e gli atleti e sull’espansione del brand in nuove categorie sportive, con un focus sugli sport femminili.
Il business della società si basa sulle intersezioni di mercati che stanno vivendo una grande e rapida crescita: quello degli Nft (solo ne 2021 ne sono stati venduti una quantità pari a 2,5 miliardi di dollari), quello delle carte sportive (un mercato da un valore complessivo di circa 5 miliardi) e quello dei fantasy sport (un giro d’affari di 48 miliardi di dollari previsto entro il 2027). Da gennaio a settembre 2021 su Sorare sono stati scambiati 150 milioni di dollari attraverso la compravendita delle card, con un aumento degli utenti mensili cresciuto di 34 volte tra il 2020 e il 2021, così come un’impennata delle vendite di 51 volte nello stesso periodo.
Statistiche da capogiro per un’azienda che in soli quattro anni è riuscita a validare il mercato e ritagliarsi il ruolo di protagonista nei fantasy game sportivi basati sulle carte collezionabili. Ma i numeri di Sorare non sono gli unici a essere elevati. Anche le carte hanno un valore, in alcuni casi, inimmaginabile: si passa da 1,22 euro per Francesco Di Tacchio della Salernitana, ai 14mila per Lautaro Martinez, fino ai 44mila per Mohamed Salah. Per ora, la cifra record l’ha fatta registrare la Unique di Erling Haaland, scambiata sul mercato per quasi 610mila euro.
Quanto il modello di Sorare possa essere una bolla speculativa lo dirà solo il tempo. Quello che appare chiaro è che le cifre che girano sulla piattaforma sono spesso inaccessibili al fantallenatore medio, quello anche disposto a metterci qualche soldo di tasca propria ma che non può permettersi di spendere centinaia di migliaia di euro.


Prezzo


Nicolas Julia, fondatore e Ceo di Sorare
3. Figurine low cost e stablecoin: Ipermatch
E se invece che 14mila euro, la figurina di Lautaro Martinez costasse al massimo 14 euro? Sicuramente la spesa per il fantallenatore si ridurrebbe drasticamente. Allo stesso tempo potrebbe aumentare la sua voglia di investire per ottenere poi un guadagno, sia pure inferiore a quello di Sorare.
È questo l’obiettivo di Ipermatch, prima e unica startup italiana a sviluppare un fantasy game sul calcio in Nft. «Ci vogliamo rivolgere al fantallenatore medio, quello già abituato a spendere al massimo un centinaio di euro con gli amici. Ma in più vogliamo dargli l’opportunità di un guadagno maggiore e di un’esperienza alternativa», spiegano Fabio Mazzero e Antonio Paone, i giovani fondatori di Ipermatch.
Il concetto è quello di convertire l’utente in un manager che gestisce una squadra con un valore reale. Inoltre, Ipermatch ha anche un intento formativo nei confronti dei giocatori, perché permette loro di imparare concetti come blockchain, criptovalute e Nft mentre si divertono. «Man mano che si gioca, si entra in confidenza con termini che nei prossimi anni saranno centrali nella vita delle persone», afferma Mazzero.
Il gioco partirà a maggio e sfrutterà la blockchain di Celo: «Fino ad adesso abbiamo lanciato una Initial item offering, dove abbiamo prevenduto alcuni calciatori che saranno poi utilizzabili». Una scelta che ha permesso di creare una prima community di utenti e raccogliere fondi per sviluppare il progetto: «Usciremo durante le ultime giornate di Serie A, con una forma di campionato di prova per poi migliorare il tutto in vista della prossima stagione», confermano i due ragazzi.
Le transazioni avverranno utilizzando come moneta di scambio una criptovaluta stabile, per facilitare l’esperienza dell’utente. «Il trading con Bitcoin è imprevedibile. Se vendo Ciro Immobile per 0,0001 BTC, a quanto lo sto vendendo in euro? Non si capisce subito. Utilizzando lo stablecoin, invece, so che una di queste criptovalute vale un euro. Quindi se vendo Immobile, ad esempio, a 20 cripto, so che varrà 20 euro. Diventa più semplice», spiega Paone.
Per creare la propria rosa, l’utente aprirà dei “pacchetti” virtuali, all’interno dei quali troverà dei token-calciatori di diverse rarità: Comune, Raro, Epico, Leggendario. Ci saranno anche sessioni di calciomercato sempre attive, nelle quali si potranno scambiare i propri calciatori con quelli degli altri fantallenatori. «Il nostro modello è diverso da quello di Sorare. Noi siamo più paragonabili a Fifa Ultimate Team, perché usiamo lo stesso espediente: pacchetti in-game, marketplace per scambiare i personaggi ed esperienza free-to-play, perché l’utente potrà anche giocare gratuitamente», precisa Mazzero.
Gli Nft non sono creati con le foto reali, ma disegnati da un grafico che ha trasformato i giocatori in personaggi dei cartoni: «Abbiamo pensato di stilizzare il volto dei calciatori, perché noi siamo un gioco, quindi abbiamo voluto creare dei “personaggi giocabili”. È un elemento che potrà diventare la nostra firma».
I prezzi su Ipermatch saranno più accessibili rispetto a quelli di Sorare. Il range andrà dai 3 ai 15 euro, sempre a seconda della rarità della carta e delle prestazioni del giocatore. Al momento dell’iscrizione, l’utente riceverà un pacchetto gratis con 11 titolari e 7 panchinari, uno starter pack che gli permetterà di iscriversi al torneo.
Ma potrà anche creare le proprie leghe private tra amici: «Ci saranno campionati standard pubblici con premi come buoni, macchine, scooter e magari anche in criptovalute», spiega Mazzero. Il torneo principale sarà di 38 giornate, ma saranno presenti anche quelli da 20, 10 e 5 giornate.
L’idea che ha spinto Mazzero e Paone ad avviare la startup è aumentare l’esperienza di gioco, senza però snaturarne le basi che ne hanno fatto un prodotto vincente. «Vogliamo rimanere in linea con le abitudini degli italiani, non vogliamo stravolgere eccessivamente le regole, che quindi saranno molto simili a quelle dei fantasy sport tradizionali». E soprattutto, entrambi credono che questa sia una delle vie performanti che intraprenderanno in futuro i fantasy game: «Ci vorrà tanto tempo, forse 5-10 anni, perché quello classico rimane più semplice e con poco impegno. Ma in futuro il nostro modello potrà diventare la via».


4. Quando il Fantacalcio incontra
il giornalismo: Sos Fanta
Un fantacalcio sempre più integrato con il calcio giocato, soprattutto dal punto di vista dell’informazione, è una visione che fino a qualche anno fa poteva sembrare irrealistica e che oggi, invece, non lo è. La maggior parte dei quotidiani fornisce notizie sul fantacalcio; trasmissioni specializzate sono state inserite nei palinsesti; dati statistici hanno cominciato a essere forniti in diretta durante le partite, come accade con la modalità X-Ray proposta da Prime Video durante le partite di Champions League; i calciatori sono sempre più partecipi e loro stessi sono fantallenatori. Un futuro che condivide anche Fabrizio Romano, uno dei più conosciuti giornalisti sportivi italiani e fondatore di Sos Fanta, importante testata di informazione fantacalcistica: «Per un fantallenatore anche le partite meno importanti possono essere fondamentali, anche quelle di fine stagione tra due squadre di metà classifica che ormai non si giocano più nulla. Chi è che segue questi match? Chi gioca al fantacalcio. Bisogna mettersi in testa che è un mondo reale, una vera e propria area del calcio».
Nato a Napoli nel 1993, già all’età di 17 anni Fabrizio Romano ha cominciato a lavorare per TuttoMercatoWeb.com. Dal 2013 fa parte del team calciomercato di Gianluca Di Marzio a Sky Sport e dal 2015 è news reporter per The Guardian, sempre in ambito calcistico. Seguitissimo sui social (750mila iscritti al canale YouTube, quasi 500mila a quello Twitch; più di 13 milioni di follower tra Instagram e Twitter), nel 2020 ha cominciato a collaborare con CBS, una delle più importanti reti televisive americane, e con @433, famosa pagina Instagram sul mondo del calcio.
All’estero, soprattutto in Inghilterra, Fabrizio Romano è “il calciomercato”, una delle voci più influenti e affidabili sulle trattative tra squadre, procuratori e giocatori. Nonostante i tanti impegni, Romano è irremovibile: «Molti mi chiedono “Ma come riesci a pensare al fanta con tutto quello che hai da fare?”, e io rispondo sempre: “Per me il weekend è fantacalcio, stop!».
Quindi, il weekend è anche Sos Fanta. La testata online è nata nel 2015, da un’idea sua e dell’amico giornalista sportivo Guglielmo Cannavale: «Abbiamo sempre avuto una grandissima passione per il fantacalcio. Ovviamente c’era anche il desiderio di creare qualcosa di nuovo dal punto di vista editoriale». Appunto, i “consigli”: chi acquistare all’asta, le probabili formazioni, chi schierare nei vari ruoli. Informazioni fornite in modo gratuito, puntuale e approfondito. «È un modello in cui credo fortemente, perché per far pagare un servizio a qualcuno bisogna dare delle certezze e i nostri sono solo consigli o previsioni».

Prima è nato il sito e poi l’applicazione su mobile, che oggi registra il 97% delle 250 milioni di pagine visitate mensilmente. Numeri da realtà consolidata, esplosa nel giro di pochi anni perché le potenzialità del fenomeno non sono state intuite da testate già affermate e con più possibilità economica. Romano, invece, è stato uno dei primi a credere nel fantacalcio, non solo come gioco, ma soprattutto come un nuovo modello di business: «Quando abbiamo lanciato il nostro sito molti ridevano, dicevano che non ne avremmo ricavato nulla perché non credevano nelle sue potenzialità editoriali. Ma l’esplosione era inevitabile. La sua diffusione è talmente ampia che non può essere escluso dalla comunicazione sportiva, anche da quella d’élite».
Quindi, saranno le modalità editoriali a cambiare per permettere all’informazione di adeguarsi e soddisfare le richieste dei fantallenatori: «Prima o poi anche i giocatori stessi commenteranno il proprio voto durante le interviste post-partita, il bordocampista darà notizie legate al fantacalcio e le domande dei giornalisti saranno più mirate anche in quell’ottica».
Perché nessuno al mondo vive il fantacalcio come noi italiani, nel bene e nel male. Per i giocatori spesso può essere irritante ricevere migliaia di messaggi in cui, se va bene, gli si chiede di fare tripletta o di prendere un’ammonizione per vincere contro il proprio amico. In casi peggiori, si arriva agli insulti e alle minacce. Altri, invece, hanno capito che con il fantacalcio potevano giovarne per aumentare la loro popolarità. Poi c’è chi, prima di scendere in campo per la prima volta in Serie A, era in primis fantallenatore. «Quando Nicola Zalewski ha esordito nella Roma, siamo andati a cercarlo su Instagram e abbiamo notato che lui già seguiva la nostra pagina», racconta Romano.
Nella sfida tra modelli di fantasy game sul calcio che potrebbe prospettarsi nei prossimi anni, Romano sottolinea che i soldi non sono l’aspetto che interessa a chi gioca: «Tantissimi pensano come ultima cosa al guadagno e come cosa principale alla soddisfazione di vincere. È vero però che ci sono anche molti che giocano per interesse economico».





5. Anche all’estero è fantamania
Che siano classici o in Nft, i fantasy sport hanno una storia lunga. Ad esempio, è a New York che, per come lo conosciamo, il fantacalcio ha le sue radici. Più precisamente sulla East 52nd Street, a Manhattan, sulla “strada che non dorme mai”, la “strada del jazz”, perché qui si trovavano i più importanti jazz club della città tra gli anni ‘30 e ‘50. L’ultimo chiude nel 1968, quando comincia un’opera di ristrutturazione della strada che oggi è sede di banche e centri commerciali.
Qui nel 1980, giornalisti sportivi e fan del baseball si riuniscono a La Rotisserie Française, aperta dal newyorkese Robert Treboux, uno dei primi ristoranti di Manhattan con una open kitchen. Qui nasce la Rotisserie League Baseball, il primo fantasy baseball. Successivamente Treboux vende il ristorante; l’idea, invece, fa molta strada.
È Riccardo Albini a prendere un fantasy game sul baseball e a modellarlo per dare vita al fantacalcio. Il primo campionato tra amici viene giocato a Milano nel 1988 e due anni dopo è pubblicato tramite Edizioni Studio Vit.
In Inghilterra è l’imprenditore Andrew Wainstein a modellare il fantasy game sul calcio più conosciuto e quello con il business più sviluppato al mondo. La prima edizione di Fantasy Football nasce nel 1991 e pochi anni dopo crea una piattaforma dedicata in collaborazione con il Telegraph. Il gioco ufficiale (Fantasy Premier League) prende il via durante la stagione 2002-2003. Oggi conta più di otto milioni di giocatori, un numero raddoppiato rispetto a sei anni fa. Una sua caratteristica tipica è il concetto di tempo trascorso in campo dal giocatore, che sostituisce il “classico” voto. In questo modo, ogni calciatore parte da voto zero e cresce (o decresce) a seconda dei bonus e malus.
Il gioco arriva oltreoceano nel 2004, questa volta a Rio de Janeiro. In Brasile si chiama Cartola ed è stato lanciato dal sito di Globo, tra i principali quotidiani del Paese. Nel 2017 erano oltre cinque milioni le squadre create dai “cartoleiros”, come sono chiamati i fantallenatori verdeoro. Gli utenti si possono anche sfidare 2vs2 in modo casuale in sfide che durano tre giornate di campionato: la modalità si chiama “Duello” (Desafio no Cartola) ed è stata introdotta nel 2019. La coppia vincitrice sarà quella che alla fine dei tre turni avrà totalizzato più punti.
In Spagna il termine Comunio è entrato nel gergo comune per identificare una cosa: il fantacalcio. L’app tedesca fondata nel 2000 da Fabian Loschek ha aperto a La Liga spagnola nel 2007 e nei suoi primi anni ha ottenuto una grande popolarità, fino a diventare una delle cento pagine web più visitate nel Paese. In Comunio non ci sono aste, ma i 15 giocatori (2 portieri, 4 difensori, 6 centrocampisti e 3 attaccanti) vengono assegnati in modo automatico dal computer, in modo che le squadre siano equilibrate all’interno della lega. Vengono anche assegnati 20 crediti, oppure si può scegliere di ottenerne il doppio e costruirsi la propria squadra calciatore dopo calciatore sul mercato. Elemento fondamentale è la variazione quotidiana del valore di mercato dei giocatori, importante per capire quando e quanto spendere. I trasferimenti si svolgono una volta al giorno in tempistiche definite. Ed è il computer a proporti ogni giorno, pochi alla volta, i giocatori da acquistare. Alla fine di ogni giornata Comunio distribuisce i premi, assegnando crediti in ordine crescente dal primo all’ultimo in classifica, in modo da rendere il gioco più equilibrato. Come in Inghilterra, anche in Spagna non esistono voti. Ci sono le picas (una pica = 2 punti; due picas = 6 punti; tre picas = 10 punti; 4 picas = 14 punti). Rappresentano quattro livelli di prestazione di ogni giocatore e vengono assegnati in modo soggettivo: fino al 2017 era il quotidiano sportivo madrileño As che valutava i calciatori; poi il compito è passato alla società Sportradar (per la prima divisione) e a Sofascore (per la seconda); dal 2018 tutti i punteggi sono attribuiti da SofaScore. Alle picas sono poi aggiunti i vari bonus e malus (non esiste l’assist, che rappresenta già un parametro per l’assegnazione delle picas). Negli anni sono nate in Spagna altre realtà fantacalcistiche, come Netliga (2009), Futmundo (2012), Mister (2013) e Biwenger (2015). Oggi il fantasy game più conosciuto e giocato nel Paese è La Liga Fantasy di Marca, l’altro importante quotidiano sportivo di Madrid.
6. Il padre del fantacalcio: Riccardo Albini
«Riccardo Albini è il papà di tutti noi, senza di lui non esisterebbe nessuna delle realtà nate in questi anni, in Italia e nel mondo», ci tiene a sottolineare Nino Ragosta. Albini è l’inventore del fantacalcio ed è stato lui a portarlo in Italia: «Sono sempre stato molto curioso e un grande appassionato di sport. Negli anni ’80 andavo spesso negli Stati Uniti e un giorno trovai in biblioteca un libro sul fantasy football americano. Così ho pensato che da noi si sarebbe potuto fare lo stesso con il calcio», racconta Albini.
Assieme al collega e amico Alberto Rossetti (con il quale aveva già fondato la redazione Edizioni Studio Vit, specializzata in giochi e informatica), diede vita al fantacalcio. «Nel 1988 facemmo la prima asta della storia, in occasione degli Europei, perché nessuno a quel tempo voleva impegnarsi per un’intera stagione di Serie A. Era una prova, ma non appena finì tutti vollero rifarlo per il campionato italiano, anche se solo per il girone d’andata. Naturalmente poi non resistettero e continuammo anche in quello di ritorno». Maradona venne pagato 99 crediti, ma fu Van Basten l’anno successivo a rompere il muro dei 100 per la prima volta (101).
In quegli anni si andava al bar di fiducia, ogni giocatore consegnava al barista un foglio con le formazioni ed era lui che si occupava di darle al presidente di lega, il quale, infine, le inviava a tutti per fax: «Al tempo era ben più difficile, era molto più un lavoro di quanto non lo sia oggi, e anche cercare le varie informazioni su chi schierare e su chi fosse infortunato era complicato».
Il gioco è rimasto in mano ad Albini fino al 2001, un periodo in cui c’è stata anche la collaborazione con La Gazzetta dello Sport. Ogni estate usciva il libro con le rose e le statistiche di ogni giocatore aggiornate, così che le persone potessero prepararsi per l’asta. Poi arrivò la cessione a Kataweb, del gruppo Gedi. Albini continuò a gestire il fantasy game per un anno, quando poi decise di uscirne definitivamente. «Il business si era ormai sgonfiato, non c’era la mentalità giusta per portare avanti il progetto e probabilmente nemmeno interessava, nonostante la gente rimanesse molto appassionata al gioco». Infine, nel 2017, il marchio fu acquistato da Quadronica Srl: «Ragosta e Cutolo hanno fatto e continuano a fare un ottimo lavoro. Hanno capito le potenzialità e hanno saputo investirci nel modo giusto».
Fin dalla sua prima stesura, il regolamento segue una logica ben precisa. Ad esempio, per Albini scegliere “66” come limite minimo per “segnare” il primo gol era naturale, perché significa che tutti gli 11 giocatori devono prendere come voto 6, la sufficienza. Mentre per arrivare a 72 (la soglia per il secondo gol), tutti devono prendere almeno 6,5. Altre regole, invece, sono state modificate. «Inizialmente la rete incassata dal portiere valeva -2, ma ci siamo presto accorti che era troppo e abbiamo deciso di alzare a -1».
L’idea era quella di replicare il più possibile il calcio giocato, in particolare la componente aleatoria. «Nel gioco, così come nelle partite reali, non vince sempre il migliore. L’imprevedibilità simula la palla che rotola: hai fatto 65,5 e il tuo avversario 66? Hai perso, nonostante si tratti solo di mezzo punto».
Anche Albini, così come Fabrizio Romano e Nino Ragosta, è convinto che il fantacalcio sarà sempre più al centro della narrazione calcistica: «Il problema è che in Italia, fino a un certo punto, nessuno ci ha mai creduto abbastanza. Spesso nella nostra mentalità c’è il pensiero che i giochi facciano parte della cultura bassa e che siano cose da ragazzini. Ma non è così». E, secondo il padre del fantacalcio, per capire quale sarà il suo futuro è sufficiente volgere lo sguardo oltreoceano, verso gli Stati Uniti. «Su Espn, durante le partite di football, scorrono in sovraimpressione le statistiche del fantasy game». In Italia questa integrazione non c’è ancora, ma Albini è certo che arriverà: «Se un ascoltatore su tre è interessato al fantacalcio, perché non dargli le informazioni? Probabilmente non ci si rende ancora conto del mercato che rappresenta e della passione che il pubblico ha per questa cosa».
Un gioco, una passione, un business, ma anche un grande strumento per la socialità e i rapporti. Il fantacalcio è tutto questo fin dal momento della sua nascita. L’amicizia è e resterà sempre la componente fondamentale. «La cosa che mi piace di più è che se hai iniziato a giocare a 22 anni, ci giochi anche a 42 e probabilmente con gli stessi amici dell’epoca. Amici che magari avresti perso, con i quali puoi rimanere in contatto grazie al gioco».

7. Com’era nei ‘90: Manlio Gasparotto
Amicizie come quelle nate nella redazione de La Gazzetta dello Sport nei primi anni ’90. «Stavamo mangiando (come sempre) al ristorante Vecchio Porco e un nostro collega propose di provare a giocarci assieme. Tornammo nella sede di via Solferino e organizzammo l’asta fino alle 6 del mattino: nacque così la “Vecchio Porco League”». Manlio Gasparotto, ora a Il Corriere della Sera di Torino, lavorava alla Rosea quando Riccardo Albini ideò il fantacalcio: «Il dominatore della nostra lega fu per anni Paolo Condò, il quale mi rincorse per mesi perché voleva Beppe Signori a tutti i costi. Alla fine, fui costretto a darglielo».
Allora il gioco era molto più semplice, legato alle pagelle del lunedì mattina, ai gol segnati e ai cartellini. «C’erano meno regole è vero, ma acquistare i giocatori non era così immediato», racconta Gasparotto, «con il Siemens, si componeva l’144 girando la tastiera con il dito. Poi si aspettavano parecchi minuti al telefono, perché per selezionare i calciatori dovevi dettare dei codici, e il servizio non costava poco. Nonostante questo, c’era chi aveva anche dieci o venti squadre».
Tra il 1992-1993, Guido Bruschi, ai tempi responsabile del sito de La Gazzetta dello Sport, incaricò Gasparotto di occuparsi del fantasy game, creando una sezione a parte della redazione. «Ebbe successo sin da subito. Immaginavo che potesse piacere al pubblico, ma mi trovai travolto. Come oggi, il mondo era diviso: c’era chi lo faceva solo per gioco e chi, invece, era un vero e proprio “concorsista” che lo viveva come un lavoro e ogni anno si portava a casa 60/70 mila euro di premi».
I fantasy game sono un business che con il tempo è cresciuto sempre di più e che, grazie alla tecnologia, sono esplosi ulteriormente negli ultimi 2-3 anni: «I cellulari sono stati sicuramente un elemento fondamentale perché hanno reso ancora più interattivo e accessibile questi giochi, ma ai miei tempi era un altro mondo, più collettivo, più sociale. Chiudevamo il giornale, ci portavamo le pizze in redazione e l’asta poteva cominciare anche alle due di notte».
Manlio Gasparotto - Corriere della Sera
Manlio Gasparotto - Corriere della Sera
8. Le due vie dei fantasy game calcistici
Divertimento o investimento. Modelli che possono non essere così distanti fra loro sulla carta, ma che nella loro applicazione danno vita a giochi completamente diversi. Per come è nato, il fantacalcio ha una logica e una gerarchia chiara: prima viene il divertimento, poi il guadagno. E le possibilità di vincita sono spesso basse, dipendenti dalla bravura ma anche dalla fortuna. Nei fantasy game sul calcio più tecnologici, l’investimento diventa la componente principale di un gioco che punta innanzitutto a rendere l’utente il manager di una squadra. A differenza di un dirigente reale, però, può venir meno la competitività e l’importanza dei risultati sportivi a favore di un obiettivo puramente economico. Il futuro passa da questa contrapposizione, forse (o forse no) irrisolvibile.