La manovra di bilancio firmata dalla presidente del Consiglio martedì 22 novembre prevede piccole modifiche al sistema pensionistico. Arriva Quota 103, che permetterà di ritirarsi con 41 anni di contributi e 62 di età. Chi opterà per il pensionamento anticipato non potrà però percepire più del quintuplo delle pensioni minime, ora aumentate a circa 600 euro (20%) per fare fronte all’inflazione che pesa di più sui redditi minimi
Cosa cambia – Da gennaio 2023 quota 103, definita «pensione anticipata flessibile» sostituirà quota 102. Se prima le soglie minime erano 38 anni di contributi e 67 di età, ora si potrà andare in pensione con almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età. La misura sarà accompagnata dall’attivazione di una finestra mobile di tre mesi per il lavoro privato e di sei per quello pubblico. Questo significa che chi maturerà i requisiti per il pensionamento anticipato entro gennaio 2023 dovrà di fatto attendere aprile, nel caso lavori nel privato, o agosto, nel caso lavori nel pubblico, per iniziare a percepire la pensione.
Chi è coinvolto – Verranno coinvolti dai 45 ai 50 milioni di italiani nati tra il 1960 e il 1961, ma in base alle previsioni è probabile che meno di 25 mila persone decideranno effettivamente di ritirarsi, soprattutto considerando che la retribuzione percepita non sarà cumulabile con redditi derivanti da lavori occasionali superiori ai 5000 euro l’anno. Per chi deciderà di continuare a lavorare verrà riattivato il “bonus Maroni”, che prevede una diminuzione del 10% dei contributi, in pratica quindi un aumento del 10% dello stipendio.
I fondi della manovra – Le risorse stanziate dal governo perr il 2023 ammonterebbero a 700 milioni, una parte dei quali derivanti dal taglio dell’adeguamento all’inflazione per i pensionati che percepiscono più di 2100 euro lordi al mese.
Opzione donna – Anche l’agevolazione che riguarda le donne lavoratrici è stata confermata, ma con qualche modifica. Dal 2023 sarà possibile andare in pensione con 35 anni di contributi, ma il minimo di età è fissato a 60 anni (prima fissato a 58 nel settore pubblico e 59 nel settore privato). Le lavoratrici con un figlio potranno uscire a 59, quelle con due a 58. Il ricalcolo dell’assegno, però, taglierà il 30% dell’assegno.
Ape sociale – La manovra prevede la conferma dell’assegno di accompagnamento alla pensione, previsto per chi svolge lavori usuranti o si trova in una situazione di difficoltà, per esempio caregiver o invalidi civili. Maestre delle scuole primarie od operai potranno dunque richiedere il prepensionamento con 30 anni di contributi maturati e 63 anni di età.
Obiettivi – Il provvedimento è per ora un “ponte”, cioè una misura che varrà soltanto per il 2023 e che permette il rinvio alla modifica della legge Fornero (43 anni di contributi e 67 anni di età), come precisato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, in un intervento a Sky TG24. L’obiettivo futuro sarebbe quello di arrivare a quota 41: mandare in pensione tutti coloro che hanno maturato 41 anni di contributi a prescindere dall’età.