Centinaia di morti, due guerre e una bozza di risoluzione Onu: da più di trent’anni la comunità internazionale si interroga sull’uranio impoverito e il suo uso militare. Il Regno Unito invierà proiettili anticarro radioattivi in Ucraina e Mosca ha risposto sollevando il fantasma della guerra nucleare. Ma che cos’è l’uranio impoverito ed è davvero nocivo per l’uomo?

Come funziona un proiettile all'uranio impoverito

Come funziona un proiettile all’uranio impoverito

Che cos’è – «Forniremo a Kiev proiettili all’uranio impoverito». L’annuncio della viceministra britannica della Difesa Annabel Goldie ha tenuto banco sulla scena internazionale soprattutto in seguito alle dichiarazioni del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu: «Siamo sempre più vicini a uno scontro nucleare». Ma che cos’è l’uranio impoverito (in sigla DU) e qual è il suo impiego? Si tratta di un sottoprodotto dell’uranio usato nelle centrali nucleari che, una volta eaurito, viene riciclato dall’industria militare in alternativa allo smaltimento. Sul campo di battaglia viene utilizzato come sostituto del tungsteno nei proiettili perforanti a energia cinetica (APFSDS) usati per perforare le corazze dei carri armati. L’uranio è più denso e stabilizza i proiettili in volo. Inoltre ha un punto di fusione più basso – quindi una lavorazione meno energivora – e un costo inferiore poiché ricavato dagli scarti nucleari. Queste caratteristiche lo rendono più efficace e conveniente rispetto al tungsteno.

Le guerre – L’utilizzo dell’uranio impoverito non è una novità come spiega il ministro degli Esteri britannico James Cleverly: «L’esercito l’ha usato per decenni nei proiettili anticarro. È un componente standard che non ha niente a che fare con le armi o le capacità nucleari». Infatti, i proiettili all’uranio impoverito furono impiegati la prima volta dalle truppe americane e britanniche nella guerra del Golfo nel 1990-1991 e anche dalla Nato nei bombardamenti in Kosovo nel 1999. L’Onu nel 2007 propose una bozza di risoluzione che sottolineava la preoccupazione per gli armamenti contenenti uranio impoverito. I voti a favore, tra cui quello italiano, furono 122. Francia, Stati Uniti e Regno Unito votarono contro. Nel 2018 il Presidente serbo Aleksandar Vucic chiese alla Nato risarcimenti per le migliaia di tumori riscontrati nelle zone del conflitto, ma l’Alleanza Atlantica si avvalse dell’immunità internazionale. Secondo il Comitato scientifico del progetto Signum (Studio dell’impatto genotossico nelle unità militari) promosso dalla Commissione parlamentare d’inchiesta isituita nel 2006 in seguito alle morti e alle malattie che hanno colpito i militari in guerra, nel solo Iraq si è stimato l’utilizzo di 300 tonnellate dell’elemento radioattivo.

Le morti italiane – Oltre 8.000 soldati e più di 400 morti: non è un bollettino dopo una battaglia ma il resoconto sulle probabili correlazioni tra malattie e contatto con l’uranio impoverito dei nostri militari fornito dall’Osservatorio con a capo Domenico Leggiero, ex maresciallo dell’aviazione, consulente anche delle varie commissioni d’inchiesta nate sul tema. Al Fatto l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia ha rivelato come ci siano oltre «300 sentenze, non tutte per il risarcimento dei danni» a favore delle truppe preesenti nei vari teatri di guerra che sono morte o hanno affrontato malattie invalidanti dopo esser rientrate in Italia. L’ultima commissione d’inchiesta, presieduta fino al 2018 dall’onorevole Gian Piero Scanu, si concluse con il riconoscimento del nesso causa-effetto tra uranio impoverito e malattie. Nel 2019 i generali italiani ammisero di aver sottovalutato il problema ma solo in alcuni casi il ministero della Difesa ha risarcito i parenti delle vittime. Tuttavia, per l’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea) l’uranio impoverito è addirittura meno radioattivo dell’elemento che troviamo in natura e che respiriamo ogni giorno anche se in percentuali infinitesimali. Ciononostante, se il corpo umano entra in contatto con dosi massicce di DU, l’inalazione può causare lo sviluppo di un cancro soprattutto se la sostanza è dispersa nell’aria in seguito alle esplosioni che sempre si verificano su un campo di battaglia. Studi sono stati svolti sui veterani delle guerre del Golfo e del Kosovo ma non sono stati rilevati dati che possano confermare un nesso di causa-effetto tra uranio impoverito e morti premature: «c’è un leggero aumento nei tassi di mortalità, non statisticamente significativo», sottolinea l’Agenzia.