Da venerdì 18 ottobre Cuba è senza elettricità. Il guasto alla centrale elettrica più grande del Paese, chiamata Antonio Guiteras, ha lasciato al buio 10 milioni di cittadini cubani. Nelle stesse ore, sulla costa orientale dell’isola, si stava abbatendo l’uragano Oscar. Il blackout generale sta creando forti disagi a livello di spostamenti e funzionamento delle pompe dell’acqua, ma i problemi principali riguardano le scorte di cibo.

Il blackout peggiore negli ultimi due anni. Nel 2022 l’uragano Ian aveva fortemente danneggiato gli impianti elettrici e i cubani avevano dovuto attendere diversi giorni per il loro ripristino completo. Ora si ripete una situazione simile e complessa per la popolazione cubana, che si ritrova a vivere senza corrente in una stagione dove le temperature notturne sfiorano i 30 gradi. La situazione è poi aggravata dai venti causati dall’uragano, che stanno raggiungendo i 120 chilometri orari. Già giovedì 17 era stata annunciata dalle autorità dell’isola caraibica la chiusura di uffici e scuole per fronteggiare uno stato di «emergenza energetica», prima di piombare nel collasso energetico totale il giorno successivo. Il governo ha fatto sapere che l’obiettivo è quello di riuscire a rimettere in moto l’elettricità tra lunedì sera e martedì.

Crisi energetica. Il blackout si deve alla forte dipendenza dai combustibili fossili: sono otto le centrali termoelettriche su cui si basa la produzione di energia, in gran parte obsolete e spesso in fase di manutenzione, e cinque gli impianti galleggianti in affitto da società turche su cui fa affidamento. La produzione di carburante entro i propri confini copre soltanto un terzo di quanto necessita ogni giorno la popolazione. Il principale partner energetico cubano, il Venezuela, ha inoltre ridotto le sue esportazioni di petrolio negli ultimi anni. Nuovi investimenti per rendersi più indipendenti sul fronte energia, tramite l’impiego di rinnovabili e una decisa diversificazione, sono resi difficili dalla scarsità di risorse economiche e dal noto embargo, tutt’ora in vigore, voluto durante la Guerra Fredda dagli Stati Uniti.

Le proteste. Domenica sera alcuni abitanti di Santo Suárez, un quartiere nel sud-ovest de L’Avana, sono scesi in strada sbattendo pentole e padelle in segno di protesta. Nuove contestazioni, dunque, dopo le prime avvenute nella notte di sabato in varie zone del Paese, come mostrano varie foto sui social e come riferisce il portale vicino ai dissidenti al governo «14 y Medio». Il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha annunciato, parlando in televisione in tenuta militare, che tutti i responsabili dei disordini saranno perseguiti «con la severità prevista dalle leggi rivoluzionarie». Il suo governo – ha aggiunto – «non tollererà turbative dell’ordine pubblico».