Tim Walz, attuale governatore del Minnesotha al secondo mandato, è stato scelto il 6 agosto da Kamala Harris come suo candidato alla vicepresidenza. Walz ha formalmente accettato la candidatura il 21 agosto, durante la convention democratica a Chicago, in Illinois. Chiamato Coach Walz per aver fatto l’insegnante e l’allenatore di football, ha avuto un picco iniziale di popolarità per i suoi interventi pubblici, e le sue vicende  personali hanno influito molto nella formazione del suo profilo da candidato.

Il percorso – Arrivato alla corsa in ticket per la Casa Bianca da politico piuttosto sconosciuto a livello nazionale, Walz si è distinto per i tratti e le caratteristiche da uomo “comune” che lo hanno aiutato a guadagnare la fiducia del partito e degli elettori, almeno inizialmente. La vita di Tim Walz, 60 anni, è in realtà piena di storie e avvenimenti significativi, legati soprattutto al periodo precedente al suo impegno politico. Ha fatto l’insegnante per vent’anni, ha militato nella guardia nazionale, è stato varie volte in Cina. Ha spesso usato vicende personali a sostegno di temi anche caldi della campagna, come il figlio che ha assistito a una sparatoria o le sue difficoltà insieme alla moglie nel fare figli. Eletto come governatore del Minnesota nel 2018, dopo aver fatto il deputato alla Camera, ha realizzato un programma basato sui diritti civili e le garanzie sociali. Nel 2020 ha gestito le enormi proteste sorte in seguito all’uccisione di George Floyd a Minneapolis, venendo criticato da una parte per ritardi nell’intervento e dall’altra per l’eccessiva repressione. Nel 2022 è comunque stato rieletto per il secondo mandato da governatore, carica che ricopre tuttora.

La campagna – Nonostante il suo status di politico locale vissuto lontano dal dibattito nazionale, Walz è stato capace di inserirsi e prendere parte alla campagna elettorale energica e molto social di Harris. Poco dopo il suo primo comizio, ad esempio, è diventato virale un video dove definiva weird (strani) i repubblicani. È sempre stato molto critico nei confronti di Donald Trump, che chiamava weird già prima di correre per la vicepresidenza, e nelle fasi iniziali della sua campagna ha rilasciato moltissime interviste in TV e nei podcast. Nei mesi successivi però le sue uscite pubbliche sono diminuite e anche gli aneddoti personali che spesso aveva raccontato si sono rivelati falsi o non precisi. Questo ha contribuito a fargli perdere centralità, diminuendo la spinta ottenuta in estate subito dopo la nomina.

Il dibattito – In modo abbastanza imprevedibile, visti i toni violenti e spesso denigratori della campagna elettorale in corso, il dibattito tra Walz e J.D. Vance -senatore dell’Ohio candidato vice di Trump- è stato un singolare momento di educazione e correttezza. Si è tenuto a New York sulla CBS il 1 ottobre, e i due si sono confrontati in modo civile nonostante non siano mancati argomenti spinosi e risposte fuori tema. Vance tra le altre cose non ha infatti riconosciuto esplicitamente la vittoria di Joe Biden alle elezioni del 2020, e ha cercato di ripetere alcune teorie estreme sull’immigrazione sostenute da Trump. Walz ha dovuto dire di «essersi confuso» sulla sua presenza alle proteste in Cina di piazza Tiananmen del 1989 che aveva rivendicato giorni prima. Gli scambi tra i due sono però avvenuti senza mai attacchi personali o invettive pregiudiziali. In una campagna caratterizzata da polarizzazione estrema e dopo i due dibattiti tra Trump e Biden prima, Harris poi, quello tenutosi tra i vice pur avendo un impatto minore è stato probabilmente, nella forma, il momento più equilibrato.