Accanto al presidente, dopo le elezioni, alla Casa Bianca arriva anche un’altra inquilina. Il voto – lo si dà spesso per scontato – implica anche un’altra nomina: quella della First Lady. O, sarebbe una novità, del First Gentleman. Il prossimo 5 novembre a contendersi la carica sono Melania Trump, già esperta nel ruolo, e l’avvocato Douglas “Doug” Emhoff. Chi sono e perché la figura di Emhoff è vista da molti come modello di marito contemporaneo?
La moglie – Per lei non sarebbe la prima volta. Nata in Slovenia ai tempi della Jugoslavia in una famiglia di origini modeste, Melania Knauss, 54 anni, ha lavorato come modella a Milano e Parigi prima di arrivare a New York nel 1996. Appare sulle più prestigiose copertine attraverso le lenti di fotografi del calibro di Helmut Newton e Mario Testino, ma è l’incontro con Donald Trump nel 1998 che le cambia la vita più degli altri. Nel 2005 lo sposa. In sottofondo Billy Joel con «Just the Way You Are» e «The Lady is a Tramp». Il testo della canzone è ovviamente modificato su misura di Trump. Nel 2006 nasce il primo figlio della coppia (il quinto del tycoon), Barron William, e nello stesso anno Melania ottiene la cittadinanza. La sfrutterà per fare da garante ai suoi genitori attraverso il processo di «chain migration» che suo marito, in seguito, criticherà ripetutamente. Poi, la candidatura di Donald. Rare le apparizioni di Melania in campagna elettorale, e quando il New York Times le chiede quale sarebbe il suo ruolo se suo marito diventasse presidente, risponde: «Sarei molto tradizionale, come Betty Ford o Jackie Kennedy».
Con la vittoria del 2017 è diventata la prima cittadina naturalizzata a rivestire il ruolo di First Lady, ma ha mantenuto un profilo più defilato rispetto a quello di altre che l’hanno preceduta. Ha preferito restare inizialmente a Manhattan, ha tenuto meno eventi, ma ha supportato enti caritatevoli come la Breast Cancer Research Foundation e numerosi ospedali pediatrici. Negli anni ha sostenuto che non fosse un suo dovere assumere posizioni politiche, ma semplicemente consigliare Donald. «Ho scelto di non entrare in politica e in questioni politiche», ha risposto, interrogata sulla linea trumpiana sui migranti: «di quelle policies si occupa mio marito». Precedenza quindi alla famiglia e al modello conservatore del matrimonio. Nel 2018 la scelta di indossare un parka con la scritta «I really don’t care, do u?», «Era per le persone e per i media di sinistra che mi stanno criticando», avrebbe poi dichiarato ad ABC News. D’altronde, da appassionata di moda, architettura e design non ha mai fatto mistero di volersi piuttosto occupare della ristrutturazione e dell’arredamento della Casa Bianca (celebri e contestati gli alberi di Natale rosso fuoco da lei scelti per il 2018).
A meno di un mese dalle Presidenziali 2024 è uscita la sua autobiografia. Si chiama «Melania», come lei. Nessuna foto in copertina, ma dentro sì, tra cui quella del passaporto col timbro di Linate da dove partì per gli Usa. La più grande rivelazione: oggi Melania sostiene il diritto all’aborto. «Limitare il diritto di una donna di scegliere se interrompere una gravidanza indesiderata equivale a negarle il controllo sul proprio corpo». Un primo grido di indipendenza o il tentativo di offuscare e mitigare le posizioni impopolari di suo marito? L’autrice, comunque, si rifiuta di ammettere che il presidente Biden abbia vinto nel 2020.
Il marito – Sarebbe la prima volta, invece, per Douglas Emhoff, attuale Second Gentleman. Anzi, prime volte: per lui, ma anche per gli Stati Uniti. Nato a Brooklyn, New York e cresciuto nel New Jersey, 60 anni appena compiuti, dal 2014 è il marito della prima vicepresidente donna degli Stati Uniti, Kamala Harris. Da un precedente matrimonio ha avuto due figli, che anche Harris ha contribuito a crescere. Dopo gli studi di giurisprudenza alla California State University di Northridge e alla University of Southern California, scala i ranghi di importanti studi legali, tra cui Venable e DLA Piper, di cui diventa socio. Nel 2020 sceglie di abbandonare l’avvocatura per evitare conflitti di interesse.
In quanto primo coniuge ebreo di una vicepresidente, negli ultimi anni e anche prima della guerra in Medio Oriente si è speso per sensibilizzare gli americani e ha contribuito ad aumentare gli sforzi dell’amministrazione contro l’antisemitismo. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ha espresso vicinanza all’American Jewish Community, ma ha anche avanzato forti critiche alle operazioni militari di Israele contro i civili di Gaza, tema su cui i democratici sono molto divisi. Emhoff ha inoltre deciso di mettere la sua esperienza legale a servizio dell’amministrazione collaborando con la Civil Rights Division del dipartimento di giustizia e con il Legal Aid Interagency Roundtable.
Ha destato molta curiosità come Emhoff abbia scelto di interpretare il suo ruolo di marito di una donna famosa e potente. In quanto Second Gentleman ha più volte posto l’accento sull’importanza dell’uguaglianza di genere e sulla sua scelta di sacrificare la carriera per sostenere sua moglie: «La vicepresidente e io abbiamo avuto molte conversazioni su come avremmo potuto mantenere un matrimonio normale in questo contesto in cui mi allontanavo dalla mia partnership con l’azienda e rimanevo ad aiutarla apertamente e pubblicamente come suo marito». E ancora «sostenere ed elevare le donne così da farle raggiungere ruoli importanti è qualcosa da “uomo”».
Il ruolo e la sua evoluzione – Quale sarebbero i risvolti e i significati dell’elezione dell’una o dell’altro? Sicuramente per ora Emhoff non dovrà occuparsi di biscotti, dato che il contest del Family Circle, che per trent’anni ha visto le aspiranti first ladies sfidarsi in cucina prima delle elezioni, è stato abolito (la presenza di Bill Clinton nel 2016 aveva già costretto a un cambio di denominazione in «Presidential Cookie Poll»). Senza dubbio, però, nel corso dei decenni il ruolo della consorte del presidente è mutato radicalmente. La prima a cambiarne le sorti e a darsi un’agenda indipendente è stata negli anni Quaranta del Nocevento Eleanor Roosvelt. La moglie di Franklyn Delano fu molto attiva mediaticamente e aperta alle relazioni con la stampa. Il suo impegno sul tema dei diritti civili la portò addirittura, nel 1946, a essere delegata del governo presso la commissione Onu che approvò la Dichiarazione ufficiale dei diritti dell’uomo. Un altro punto di snodo è stato rappresentato da Rosalyn Carter, che nei suoi anni alla Casa Bianca (1977-1981) contribuì a una modernizzazione della figura di quella che era ancora solo la «padrona di casa», arrivando a ispirare e supportare gli storici Accordi di Camp David che mediarono la pace tra Israele ed Egitto nel 1978. Una rivelazione del ruolo politico nascosto che la moglie di un presidente può assumere. «Il ruolo della first lady è cambiato», disse. «Non credo che ci sarà mai un’altra first lady che sarà solo una hostess e verserà il tè». In tempi più recenti, Hillary Clinton (First Lady dal 1993 al 2001) è infatti arrivata a occuparsi di riforma sanitaria (ma con scarsi successi) e poi a candidarsi per le Presidenziali. Michelle Obama (dal 2009 al 2017), prima first lady afroamericana, si è spesa in favore delle famiglie dei reduci di guerra. Jill Biden (2021-in carica), è stata la prima a mantenere la sua professione di insegnante.
Ora, la possibile elezione del primo First Gentleman degli Stati Uniti aggiungerebbe un altro tassello alla riflessione sui ruoli di genere. Quale può essere una nuova posizione del marito nel tempo che stiamo vivendo? Anche Barack Obama, 44° presidente degli Stati Uniti, nei suoi consigli dei libri per l’estate, qualche mese fa, aveva suggerito la lettura di Of boys and men: Why the modern male is struggling, why it matters, and what to do about it di Richard Reeves («Di ragazzi e uomini: perché il maschio moderno è in difficoltà, perché è importante e cosa occorre fare a riguardo?»). Il sociologo britannico si è chiesto cosa significhi essere uomini oggi: «Abbiamo bisogno di un manuale d’uso per la mascolinità, ma deve essere compatibile con l’uguaglianza di genere. La politica? La sinistra volta le spalle ai ragazzi e agli uomini e la destra risponde con il tentativo di far tornare indietro nel tempo le donne e le ragazze».