Alta tensione tra Israele ed Iran. «Netanyahu dovrebbe essere giustiziato», questo l’ultimo attacco lanciato da Ali Khamenei, il giorno dopo il ritrovamento del rabbino Zvi Kogan ucciso negli Emirati Arabi.

Le parole di Khamenei – Nella mattinata del 25 novembre il leader supremo dell’Iran ha affermato l’insufficienza della sentenza della Corte penale internazionale, che aveva emesso un mandato d’arresto internazionale contro Netanyahu, consigliando la pena di morte per il primo ministro israeliano e il suo gabinetto.

Il rabbino ucciso – Kogan si era trasferito nel 2020 ad Abu Dhabi, dopo la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e gli Emirati Arabi. Era diventato uno dei leader spirituali per le comunità ortodosse della zona. Il 21 novembre era scomparso e per tre giorni si era pensato a un rapimento, ma domenica 24 novembre è stato ritrovato il corpo senza vita ad Al Ain, a circa 150 chilometri da Dubai. Qualche ora dopo, gli Emirati Arabi hanno annunciato l’arresto di tre sospettati, non rilasciando ulteriori informazioni. Secondo fonti israeliane, potrebbero essere tre cittadini uzbeki che operavano in territorio arabo su mandato di Teheran. Israele sta gestendo le indagini insieme alle forze dell’ordine emiratine: una collaborazione frutto dei nuovi equilibri nella regione. «Faremo giustizia, è un attacco antisemita», ha commentato Netanyahu dalla riunione di governo.

Accordi – Nelle stesse ore del ritrovamento di Kogan, la tv di stato israeliana Kan ha annunciato un accordo di pace tra Israele e Libano. Secondo l’emittente, il cessate il fuoco, che sarebbe stato raggiunto grazie alla mediazione americana, sarà reso noto nelle prossime ore da Netanyahu. Esponenti del suo governo hanno già negato il sostegno alla possibile intesa. Il ministro per la sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha affermato che «questo accordo sarebbe un grave errore» minacciando di ritirare dal governo il suo partito, Otzma Yehudit.

I bombardamenti – Sul campo continuano i missili incrociati tra Israele e Libano. L’IDF, l’esercito israeliano, è tornato a prendere di mira la capitale Beirut con pesanti bombardamenti. I raid del 24 novembre sono ricominciati dopo che l’Alto rappresentate per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borell, aveva concluso l’incontro con il presidente libanese, Najib Mikati. Segnalati danni alle roccaforti di Hezbollah. La milizia sciita ha risposto con venti missili nel nord della Galilea, la gran parte intercettata dall’IDF. A Gaza, l’agenzia di stampa palestinese Wafa ha riferito della morte di 4 palestinesi per un bombardamento di una casa a Rafah.