Se esiste davvero un’alternativa concreta al dominio politico ed economico occidentale, questa può essere trovata nei Paesi Brics. Si tratta di un raggruppamento di economie mondiali emergenti guidato da Brasile, Russia, India e Cina. Nel 2010 si è aggiunto anche il Sudafrica e nell’ottobre del 2024 si è tenuto il sedicesimo vertice dove per la prima volta hanno partecipato anche Egitto, Emirati Arabi Uniti ed Etiopia. L’organizzazione intergovernativa mira anche a creare un nuovo asse economico dominante, nella sfida a un dollaro che continua a mantenere il primato ma senza la solidità di un tempo.
Il dollaro – La moneta degli Stati Uniti ancora oggi è la guida economica del mondo. L’influenza del biglietto verde è tale da prezzare l’oro e l’energia Ciò vuol dire che se il dollaro si rafforza, il prezzo del greggio tende a calare, mentre con un dollaro debole il prezzo del petrolio sale. Il 58% delle riserve valutarie del mondo è in dollari, il 54% delle fatture dell’export mondial è in dollari e l’89% delle transizioni valutarie mondiali è in dollari. Ma l’onnipotenza mostra le prime crepe. È vero che le riserve valutarie del mondo in dollari sono il 58% ma all’inizio del millennio erano più del 72%. A questo si aggiunge il neoeletto presidente Donald Trump e la promessa di una nuova politica economica americana e mondiale. In un post su X dell’1 dicembre scriveva: «l’idea che i Paesi Brics si allontanino dal dollaro mentre noi stiamo qui a guardare, è finita. Questi Paesi devono impegnarsi a non creare una moneta alternativa né ad aderire ad alcun progetto per sostituire il nostro potente dollaro. Altrimenti noi gli applicheremo dazi del 100% e gli imporremo di dire addio al mercato americano. Lo stesso accadrà a chiunque intenda non usare il dollaro nel commercio internazionale». Dazi a tappeto e l’insistenza sull’onnipotenza del dollaro tuttavia potrebbero non essere la soluzione migliore. Come dice a La Repubblica Giampaolo Galli, economista della Cattolica: «In tanti paesi una provocazione come quella di escluderli dagli scambi globali suona intollerabile, e non fa altro che alimentare gli sforzi per trovare alternative». Lo ricorda anche l’ISPI, l’Istituto per gli studi di politica internazionale: quanto più il Tesoro americano utilizza il sistema di pagamenti per imporre sanzioni e usa il dollaro come arma, tanto più i Paesi colpiti o minacciati ricorrono a strumenti monetari alternativi.
L’Asse Cina-Russia – L’alleanza economica Pechino-Mosca è il tentativo più reale a oggi per de-dollarizzare l’economia globale. Il 4 febbraio 2022 i due paesi hanno siglato un accordo di cooperazione a lungo termine. La Cina ha aperto ai russi il proprio sistema di pagamenti Cips (Crossborder Interbank Payment System) e hanno concluso tra loro accordi swap, ovvero la possibilità di scambiarsi valuta. La collaborazione è stata favorita dall’embargo occidentale contro la Russia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il che ha costretto il presidente russo Vladimir Putin a volgere lo sguardo verso est. Nel mentre il presidente cinese Xi Jinping non solo aumentava la costruzione di opere pubbliche nel Paese ma creava anche strutture meno visibili come quelle finanziare. Cips è a oggi un sistema di pagamento alternativo che comprende 142 istituzioni finanziare che partecipano in forma diretta, 1.394 indirettamente (il sistema occidentale Swift mantiene ancora il primato con 11mila banche aderenti). Russia e Cina esportano prodotti tra loro con la possibilità di essere pagati con la propria valuta all’interno di una nuova area valutaria fondata sulla moneta cinese e libera dal dominio del dollaro. L’utilizzo del renminbi, la moneta di Pechino, negli scambi commerciali internazionali è esploso negli ultimi 15 anni, dallo 0% del 2010 fino a più del 50% nel 2023. La Banca centrale cinese ha attivato swap lines bilaterali con le banche centrali di più di 40 paesi tra cui gli altri membri dei Brics.