«Con il mio popolo fino all’ultimo minuto», ha giurato il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol al suo paese in un discorso tv. Non si faceva vedere in pubblico da sabato 7 dicembre, giorno in cui è stata respinta la mozione di impeachment nei suoi confronti.
L’11 dicembre alcuni agenti della squadra speciale agli ordini della Procura generale hanno fatto irruzione nella residenza di Yoon, con l’ordine di perquisire il suo ufficio alla ricerca di documenti e prove su un tentativo di colpo di Stato «insurrezionale». Così sono ormai considerati, a più di una settimana di distanza, gli eventi del 3 dicembre quando il presidente aveva promulgato la legge marziale e sospeso il parlamento. «Il mio tentativo non può configurarsi come insurrezione: si tratta di un atto dell’amministrazione governativa e non è soggetta all’esame giudiziario», ha affermato oggi Yoon. «Mi scuso di nuovo con le persone che devono essere state sorprese e ansiose a causa della legge marziale. Per favore, fidatevi della mia lealtà verso il popolo», ha aggiunto, nell’imminenza della nuova mozione di impeachment presentata dall’opposizione e che verrà votata sabato alle 17.00 locali (le 9.00 del mattino in Italia). «Non eviterò la responsabilità legale e politica», ha aggiunto.
Mentre a Seul proseguono le proteste con migliaia di manifestanti fuori dall’Assemblea nazionale che chiedono ancora l’arresto del presidente, per la prima volta la Corea del Nord è intervenuta tramite i media di stato accusando Yoon di aver gettato la Corea del Sud nel «caos». Intanto l’ex ministro della Difesa sudcoreano, Kim Yong-hyun, arrestato per il suo ruolo nella disastrosa nottata della legge marziale, ha tentato di togliersi la vita nel carcere dove è stato rinchiuso. Yong-hyun è stato bloccato in tempo e sta bene, quanto meno dal punto di vista fisico.