«Il popolo italiano superò una prova terribile. Milano fu baluardo e tutto il Paese seppe unirsi […] Verità e democrazia hanno un legame etico inscindibile». Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato il 55esimo anniversario del 12 dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana, e gli avvenimenti dei giorni successivi. Una delle date più importanti della storia italiana, individuata come l’inizio degli “anni di piombo”, il giorno in cui il terrore entrò all’improvviso nella vita degli Italiani. 17 persone restarono uccise e 88 ferite in seguito all’esplosione di una bomba all’interno della sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, la cui insegna è sopravvissuta al tempo ed è ancora ben visibile a chi passi per la piazza.
Celebrazioni e memoria – 55 anni dopo, alle 16.37 esatte, l’ora in cui scoppiò la bomba – provocando nelle descrizioni dei cronisti dell’epoca «una nube di polvere e sangue che avvolgeva il salone» e «un silenzio spettrale interrotto solo dai lamenti dei feriti» – il sindaco di Milano Giuseppe Sala deporrà una corona di fiori in piazza Fontana, a conclusione del corteo organizzato dall’associazione “Piazza Fontana 12 dicembre 69”. La stessa piazza ospita oggi due lapidi a ricordo di chi è stato spesso definito come la diciottesima vittima della strage: Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico considerato ingiustamente tra i responsabili dell’attentato e morto la sera tra il 15 e il 16 dicembre, dopo essere caduto da una finestra della questura di Milano. La versione ufficiale, che vede la morte causata da un malore, è ancora oggi controversa, e trova espressione in una delle lapidi, quella posta per la prima volta nel 1977 da un gruppo di “studenti e democratici milanesi” che riporta la dicitura “ucciso innocente”. Nei prossimi giorni al consiglio comunale di Milano sarà anche presentata una proposta per intitolargli via Micene.
Le indagini – I lati oscuri della strage sono ancora tanti e sono stati oggetto di indagini pluridecennali, oltre che del tentativo di cercare la verità e mantenere viva la memoria da parte di attivisti, tra cui la moglie di Pinelli, Licia Rognini, morta lo scorso 11 novembre. Il presidente Mattarella ha ricordato, nel suo comunicato, che dopo l’attentato «seguirono tentativi di depistaggio e di offuscamento della realtà. L’impronta neofascista della strage del ’69 è emersa con evidenza nel percorso giudiziario, anche se deviazioni e colpevoli ritardi hanno impedito che i responsabili venissero chiamati a rispondere dei loro misfatti.» Dopo la prima ingiusta accusa, che ebbe lunga vita, ai danni di gruppi anarchici, con l’epiteto di “mostro di Piazza Fontana” affibbiato a Pietro Valpreda (di cui Pinelli era stato considerato complice), emerse la responsabilità di Ordine Nuovo, in particolare di Franco Freda e Giovanni Ventura, capi della cellula eversiva con base a Padova che mise in atto la strage. I due furono inizialmente condannati all’ergastolo e poi prosciolti, sebbene una sentenza del 2005 della Corte di Cassazione confermerà la loro colpevolezza morale. Grazia Pradella, la magistrata che indagò su piazza Fontana, ha ripercorso su Repubblica il processo: «Le condanne in primo grado furono una grande soddisfazione, le assoluzioni un durissimo colpo. […] Oggi vedo quella stagione con più serenità: le responsabilità dei neofascisti sono acclarate, e così i depistaggi a carico degli anarchici.»