La legge “sulla castità e sull’hijab” in Iran non entrerà in vigore, almeno per ora, ed è stata una persona precisa a bloccarla: il presidente iraniano Massoud Pezeshkian. Il politico, di orientamento riformista, ha chiesto al Supremo consiglio per la sicurezza nazionale di ridiscutere le norme, già appoggiate nei giorni scorsi dal Parlamento e dal Consiglio dei guardiani, un organo molto potente controllato dall’ayatollah Ali Khamenei. «Una legge ingiusta non sarà applicata, e anche se lo fosse creerebbe malcontento», ha riferito Pezeshkian. Il provvedimento è stato presentato al presidente lo scorso 13 dicembre, giorno in cui si attendeva venisse approvato: gli sono stati concessi cinque giorni in più per firmarlo, durante i quali ha esercitato il diritto di riserva. Prima dello scadere del tempo, ha deciso di non ratificare il provvedimento, che ora dovrà ridiscusso dal Supremo consiglio per la sicurezza nazionale.
Le norme – La legge al centro della disputa prevede l’introduzione di sanzioni più severe e un inasprimento dei controlli per le donne iraniane: multe tra i 200 e i duemila dollari per le donne che mostrano in pubblico i capelli, gli avambracci, le gambe o il petto. Le violazioni ripetute possono essere punite con il carcere e il mancato pagamento delle multe può portare al ritiro del passaporto o della patente. La legge prevede anche di utilizzare sistemi di intelligenza artificiale e videocamere di sorveglianza per individuare chi trasgredisce. I cittadini stessi però sono i primi a esercitare i controlli sulle donne: autisti di taxi, proprietari di hotel e negozi sono tenuti a riferire eventuali violazioni.