«Signor Pelicot, lei è riconosciuto colpevole di stupro aggravato contro la persona di Gisele Pelicot». Sono le parole con cui il presidente della Corte penale di Avignone, in Francia, ha pronunciato la sentenza di condanna per Dominique Pelicot. Si chiude dunque la vicenda degli stupri di Mazan, piccola cittadina in Provenza, con il giudizio di colpevolezza contro l’ex marito di Gisele Pelicot. L’uomo dovrà scontare 20 anni di carcere: il massimo della pena, come richiesto dall’accusa.

I fatti Tra il 2011 e il 2020, per quasi un decennio, Dominique Pelicot ha drogato la donna per poter abusare di lei e consentire a decine di sconosciuti di violentarla. Il 72enne stesso ha confessato di aver nascosto sedativi e sonniferi nel cibo e nelle bevande dell’ex moglie per renderla incosciente e permettere ore di stupri diversi e ripetuti eseguiti da almeno 72 uomini. Pelicot era stato inizialmente segnalato alle autorità nel settembre 2020, sorpreso mentre riprendeva di nascosto con lo smartphone alcune donne in un supermercato. Da qui la scoperta da parte della polizia di un archivio digitale di oltre 20mila immagini e video che testimonia gli abusi sull’ex moglie. Dei 72 autori delle violenze contati dalla polizia, ne è però stata identificata solo una parte. L’uomo è stato condannato anche per aver raccolto e diffuso immagini a sfondo sessuale della moglie, della figlia Caroline e delle mogli dei suoi figli. «Sfrutteremo il termine di dieci giorni che ci viene concesso per capire se fare appello» ha affermato dopo la sentenza l’avvocata di Pelicot, Beatrice Zavarro.

I complici – Sono stati condannati tutti gli altri 50 imputati al processo di Avignone: la maggioranza di loro è ritenuto colpevole di «stupro aggravato in riunione e somministrazione» di droghe a Gisele Pelicot. Reclutati su Internet per commettere gli abusi, si tratta di uomini tra i 26 e i 74 anni. Tra i complici ci sono perone già condannate per altri reati e si contano un infermiere, un soldato, un giornalista e una guardia carceraria. Prima del giudizio, nel momento in cui è stata data loro la possibilità di rilasciare dichiarazioni, quasi la metà ha espresso di non aver «nulla da aggiungere». Oltre al verdetto di 20 anni di reclusione per l’ex marito, il tribunale di Vaucluse ha finora inflitto agli altri imputati pene che vanno dai 3 ai 13 anni di carcere

«Grazie Gisele» – Davanti al palazzo di giustizia è stato appeso prima del processo un grande striscione con scritto «Merci Gisele». La folla ha applaudito all’arrivo della donna e ha mostrato tutto il suo sostegno. Gisele viene riconosciuta come simbolo di coraggio per aver rinunciato al suo diritto all’anonimato, facendo in modo che le prove fossero integralmente esaminate a porte aperte e alimentando il dibattito sulla società patriarcale e le tante violenze subite dalle donne. Dopo il giudizio di sentenza, i manifestanti riuniti di fronte al tribunale avrebbero mostrato la loro delusione per l’entità delle pene, scandendo slogan come «vergogna alla giustizia». Anche i figli di Gisele Pelicot non sarebbero soddisfatti delle pene «lievi» secondo quanto affermato da un membro della famiglia Pelicot, che ha chiesto di restare anonimo, citato dall’agenzia France Presse.