Un’alleanza tra mafia siciliana e ‘ndrangheta per rendere la criminalità più smart: cripto-cellulari, hacker e armi sul dark web le aree di investimento. È quanto emerge dalle carte della maxi indagine che martedì 10 febbraio ha portato alle 188 ordinanze di custodia cautelare eseguite dai carabinieri di Palermo su disposizione del Gip e della Direzione distrettuale antimafia. Nei fasciscoli si legge di una rete di esperti informatici pagati dalla mafia calabrese a supporto dei “colleghi” siciliani, di una fornitura di software utilizzati per proteggere i capimafia dalle intercettazioni e del supporto per l’acquisto di armi su Internet. A protezione delle due organizzazioni criminali, una rete di talpe su cui si cerca di fare chiarezza: tra le tante, quella che il 26 maggio 2023 avrebbe avvertito Giovanni Cusimano, boss di Partanna Mondello, dell’indagine allora in corso.
Il blitz – La maxi operazione che si è svolta martedì ha impegnato circa 1.200 Carabinieri, un elicottero e diverse unità specializzate dell’Arma come i “baschi rossi” dello Squadrone eliportato Cacciatori di Sicilia. Dopo due anni di indagini della Procura di Palermo guidate dal procuratore capo Maurizio De Lucia, dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella e dal pool antimafia, sono stati colpiti i clan del capoluogo e dintorni e i boss che dalle carceri davano ordini con i cellulari. Al centro dell’operazione in particolare i mandamenti di Porta Nuova, Pagliarelli, Tommaso Natale – San Lorenzo, Santa Maria del Gesù e Bagheria. Il sindaco di Palermo Roberto Lagalla ha dichiarato «sentito apprezzamento» per il «colpo storico (inflitto, ndr) a quella mafia che cerca di riorganizzarsi nei diversi quartieri di Palermo e in provincia».
Nuovo vigore – Nel provvedimento della Dda si legge: «Cosa nostra è attualmente impegnata in una significativa opera di riorganizzazione volta a superare i dissesti cagionati dall’incessante repressione degli ultimi trent’anni». Le indagini «hanno rivelato un’associazione dotata di una nuova energia che, molto verosimilmente, affonda le sue radici nell’equilibrata combinazione tra gli elementi di modernità, provenienti dalla più avanzate tecnologie, e quelli del passato». Proprio il settore digitale è frutto di questo nuovo vigore, grazie agli introiti che attività come le scommesse clandestine online riescono a garantire a margine delle estorsioni e dei traffici di droga, ma è anche ciò che ha garantito ai boss in carcere la ricostruzione dei propri clan, grazie all’uso di talpe e cripto-cellulari che hanno protetto i protagonisti.
La rete – Per organizzare la rete di comunicazioni clandestine siciliana è stato fondamentale l’aiuto proveniente dall’altra parte dello stretto. La rete telefonica riservata utilizzata è riconducibile alla compagnia telefonica spagnola Movistar e le sim venivano recapitate tranquillamente in carcere, assieme ai telefonini: «Oggi ne entrano a migliaia e si fa finta di niente», ha detto in un’intervista al Corriere il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita, che ha individuato nel sovraffollamento delle carceri un’ulteriore causa del rinvigorimento mafioso nei centri detentivi. Sui dispositivi dei mafiosi veniva impostato un punto di accesso alla rete con tecnologia criptata messa a disposizione da una piattaforma a pagamento: l’abbonamento durava sei mesi, alla scadenza dei quali l’apparecchio veniva cambiato assieme alla sim. Per quei canali passavano gli ordini dei boss: dai summit sulle questioni organizzative ai mandati di pestaggio, che venivano seguiti in videochiamata dal carcere.