Che la caccia continui. Uno degli obiettivi del governo italiano è quello di riportare “a casa” la cinquantina di latitanti ancora a piede libero nel mondo. Molti di questi si trovano in Sudamerica. Per questo, il 18 febbraio il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha incontrato in via Arenula il suo omologo argentino Mariano Cúneo Libarona. Al centro dell’incontro, la lotta alla criminalità informatica e finanziaria, il contrasto al traffico di droga e alla tratta di migranti. Ma soprattutto l’assistenza giudiziaria in materia di estradizione.

L’incontro – L’obiettivo dei due ministri è quello di riuscire ad aggiornare le convenzioni in materia penale e di estradizione tra le due Repubbliche. Gli accordi non vengono più toccati dal 1987, e una modifica faciliterebbe il trasferimento di fuggitivi da una parte all’altra dell’oceano. Al termine dei colloqui, i ministro Nordio e Cúneo Libarona hanno firmato una dichiarazione congiunta con l’impegno di continuare i negoziati.
Al centro però, non solo le estradizioni. Secondo Nordio, la criminalità avanza e si modifica, e per questo «dobbiamo tendere a una legislazione comune, sia sostanziale che processuale, e dove questa non c’è, soprattutto a una collaborazione strettissima». Concorde anche il ministro Cúneo Libarona, che subito dopo è andato in visita anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, per il quale è importante mettere «a disposizione di un Paese amico le conoscenze italiane nel settore giudiziario e della lotta al crimine organizzato».

I latitanti – Nel caso dell’Italia, come riporta il ministero dell’Interno in un documento del dicembre 2023, la lista dei latitanti pericolosi include 56 persone e quella dei latitanti di massima pericolosità ne conta 3. Da Cesare Battisti a Delfo Zorzi, sono ancora tanti gli italiani fuggiti all’estero e noti in patria per i crimini compiuti duranti gli anni di piombo. Scappati alla giustizia italiana, hanno sfruttato il favore delle leggi che impediscono l’estradizione. Tra “primule rosse” ed ex terroristi rossi e neri, ci sono nomi illustri, ex esponenti di Brigate Rosse, Prima Linea, Potere Operaio, Lotta Continua, Autonomia Operaia, Ordine Nuovo e altri ancora. Una trentina di loro sono sicuramente in Francia, mentre il resto si troverebbe tra Nicaragua, Brasile, Argentina, Cuba, Libia, Angola e Algeria. Il caso argentino più noto è quello di Leonardo Bertulazzi, latitante da 44 anni. Membro delle BR, nel 1997 venne condannato in contumacia per il rapimento dell’armatore ligure Piero Costa, avvenuto il 12 gennaio del 1977 a Genova. Costa venne rilasciato su riscatto e quei soldi servirono in parte alle BR per finanziare il rapimento e la detenzione di Aldo Moro. Bertulazzi, fuggito in Argentina, era stato tutelato dallo status di rifugiato che gli era stato concesso nel 2004 dalla Commissione nazionale dei rifugiati di Buenos Aires. Ad agosto 2024, tale status gli era stato revocato: Bertulazzi era quindi stato arrestato dalle autorità, ma poi rilasciato per errori formali legati alla burocrazia processuale.

Altri nomi – Tra gli altri latitanti, c’è anche Alessio Casimirri, coinvolto nel rapimento di Aldo Moro. Oggi è un cittadino del Nicaragua e viene protetto dal governo locale. Altro membro presente al rapimento è Alvaro Lojacono, cittadino svizzero e fuggito prima in Algeria e poi in Brasile. Si aggiungono anche Giorgio Pierostefani, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Si trova in libertà vigilata in Francia, dopo che la Corte d’Appello di Parigi ne ha negato l’estradizione. In Francia risiede anche Simonetta Giorgieri, con un ergastolo sulle spalle per l’omicidio Moro, e Enrico Villimburgo, altro ergastolano per i fatti di via Fani. I fuggitivi si trovano da ogni parte del globo, anche in Giappone. Qui ha trovato riparto Delfo Zorzi, di Ordine Nuovo e responsabile di diversi attentati ai treni nel 1969.

C’è anche la mafia – Se gli accordi tra Italia e Argentina verranno aggiornati, questo potrebbe facilitare l’estradizione anche di affiliati di diverse cosche mafiose. Tra queste la ‘Ndrangheta che in Argentina avrebbe addirittura una base operativa per i traffici di droga e riciclaggio di denaro. Dalle indagini dell’operazione “Magma”, maxi blitz del 2019 condotto dalla guardia di finanza e dallo Scico in varie regioni italiane, è emerso che l’Argentina è considerata un porto sicuro per i malavitosi anche per nascondersi. Tra chi ha usufruito di questi “benefit” ci sono nomi come Giovanni Di Pietro, Ferdinando Saragò e Fabio Pompetti, (tutti e tre membri della cosca Mancuso di Vibo Valentia) che sono stati arrestati a Buenos Aires nel 2023 e lì tutt’ora incarcerati. Il caso forse più noto di estradizione degli ultimi anni è stato quello di Rocco Morabito. Tra i più noti trafficanti della ‘ndrina, ha latitato per tutto il Sudamerica per poi essere arrestato nel 2017 in Uruguay. Evase nel 2019 e a venne ricatturato in Brasile nel 2021 ed estradato in Italia il 6 luglio 2022.