Doveva essere la legge per rilanciare l’urbanistica milanese, ma ora rischia di essere definitivamente accantonata. Giuseppe Sala, sindaco di Milano dal 21 giugno 2016, ha deciso di fare un passo indietro sul disegno di legge Salva Milano, un provvedimento che avrebbe dovuto sbloccare la pianificazione urbana dopo le inchieste che ne hanno paralizzato il settore. La decisione arriva in seguito agli ultimi sviluppi giudiziari che hanno portato all’arresto dell’ex dirigente Giovanni Oggioni, accusato di corruzione e pressioni per l’approvazione della norma. Fino a pochi giorni fa, il Salva Milano era sostenuto dalla giunta Sala, con il sindaco e la sua amministrazione in prima linea per la sua rapida approvazione. Tuttavia, l’arresto di Oggioni e le nuove rivelazioni sulle pressioni esercitate dagli indagati per far passare il ddl hanno spinto il Comune a ritirare il proprio appoggio. L’amministrazione ha dichiarato che i nuovi elementi emersi «inducono a non sostenere più la necessità di proseguire nell’iter di approvazione della proposta di legge» e ha aggiunto di valutare la possibilità di costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario.

Il ruolo degli indagati – Le indagini hanno rivelato che alcuni dei principali imputati avrebbero contribuito direttamente alla stesura del Salva Milano. In particolare, Giovanni Oggioni e Marco Cerri, ex membro della Commissione Paesaggio, avrebbero influenzato la formulazione degli emendamenti e attivato canali politici per farli arrivare in Parlamento. Le intercettazioni evidenziano che il ddl serviva non solo a rilanciare il settore urbanistico, ma anche a proteggere gli interessi di alcuni costruttori e funzionari coinvolti nello scandalo. «La legge? La sto dettando io» avrebbe detto Oggioni a un suo interlocutore, confermando il pesante condizionamento degli indagati sul testo normativo.

Cosa prevedeva il ddl – Il disegno di legge era stato pensato per riattivare il settore urbanistico cittadino, bloccato dopo una serie di inchieste giudiziarie che avevano coinvolto funzionari comunali e operatori del settore edilizio. Il provvedimento puntava a chiarire alcune interpretazioni normative e a facilitare il rilascio di titoli edilizi. Era stato promosso principalmente da esponenti di Forza Italia e Fratelli d’Italia per sbloccare i circa 150 cantieri che nei mesi scorsi la Procura di Milano aveva posto sotto sequestro per presunti abusi edilizi, ma le recenti rivelazioni hanno portato al ritiro dell’appoggio da parte del Comune.

Le reazioni della politica – Il dietrofront del Comune ha avuto immediate ripercussioni sul piano politico. Il Partito Democratico, attraverso la segretaria Elly Schlein, ha dichiarato che «non ci sono le condizioni per andare avanti con il Salva Milano» e ha sottolineato la necessità di nuove politiche per l’urbanistica e la casa. Anche Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd in Regione Lombardia, ha ribadito che il partito è compatto nel ritenere il ddl ormai irrecuperabile. Dall’altro lato, la destra si è divisa. Mentre Forza Italia ha preso atto della decisione del Comune, Lega e Fratelli d’Italia hanno attaccato la giunta Sala. La Lega ha parlato di un «sistema Milano corrotto» e ha chiesto un immediato commissariamento dell’urbanistica cittadina. Fratelli d’Italia ha invece sottolineato le divisioni nel centrosinistra, invitando il sindaco a trarne le conseguenze politiche.

Il futuro dell’urbanistica milanese – Con il Salva Milano destinato al naufragio, resta da capire quale sarà il futuro del settore urbanistico della città. Le inchieste in corso hanno svelato un sistema opaco, fatto di pressioni, favoritismi e corruzione, che mette in discussione le politiche edilizie degli ultimi anni. La giunta Sala dovrà ora trovare nuove soluzioni per sbloccare il comparto, senza compromettere la legalità e la trasparenza dell’amministrazione. Intanto, il ddl resta fermo al Senato, con il centrodestra che potrebbe decidere di lasciarlo decadere o di riproporlo con modifiche.