Il Trump “Maga” non ne sarà contento, ma i 57 mila groenlandesi sono stati chiari: «Greenland First», prima la Groenlandia. È questo lo slogan di Demokraatit (“Democratici”), il partito conservatore “social-liberale” di Jens-Frederik Nielsen che a sorpresa ha vinto le elezioni di martedì nell’isola di ghiaccio, sotto controllo danese da 300 anni. E che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di prendersi, qualsiasi sia il prezzo da pagare. Il primo partito ha conquistato il 29,9 per cento delle preferenze (10 seggi su 31 dell’Inatsisartut, il Parlamento locale), secondi i sovranisti filoamericani di Naleraq (“Valore”) che sono arrivati al 24,5 per cento.

Il voto – Jens-Frederik Nielsen, 33 anni e un passato da imbattibile giocatore di badminton, è già stato ministro del Lavoro e delle Risorse minerarie nel 2020. Con 4.850 preferenze ha battuto il premier uscente di centrosinistra Mute Egede, che ne ha ottenute 1.574 in meno. Il suo partito indipendentista Inuit Ataqatigiit (“Comunità Inuit”) si è fermato al 21,4 per cento, meno 15 punti rispetto alle scorse elezioni, e il crollo c’è stato anche per i socialdemocratici di Siumut con i quali Egede era al governo (16 per cento).

Una vista dell’Inatsisartut, il parlamento della Groenlandia a Nuuk

L’indipendenza al centro delle coalizioni – Nielsen ha già avviato i negoziati per formare una coalizione per raggiungere 16 seggi. Non è impossibile un’alleanza con i nazional-populisti di Naleraq, anche se sembra difficile, dato che in campagna elettorale promettevano l’«indipendenza subito», strizzando l’occhio alle mire del presidente statunitense .«Una minaccia», secondo Nielsen, che però ha dichiarato: «I Democratici sono aperti a colloqui con tutti i partiti e cercano l’unità. Soprattutto con quello che sta succedendo nel mondo». L’altra possibilità sarebbe un’alleanza con il partito di Egede, con il quale c’è condivisione sul fatto che il distacco da Copenaghen debba avvenire con prudenza. Indipendenza sì, ma con cautela: «Non immediata. Vogliamo prima gettare le basi», ha ripetuto Nielsen.

La Danimarca ha concesso l’autogoverno all’isola artica nel 1979, ma ne continua a controllare difesa e politica estera. Prima di indire un referendum sull’indipendenza – dal 2009 un nuovo statuto dà la possibilità di dichiararla – la Groenlandia deve raggiungere la piena autonomia economica e costruire una base solida. Allo stato attuale, l’economia groenlandese è sostenuta dai sussidi della Danimarca, che ogni anno eroga al suo protettorato 540 milioni di euro, senza i quali è difficile immaginare un’economia che si basi solo su pesca e turismo. «Non siamo in vendita… Non vogliamo essere americani. Non vogliamo essere danesi. Vogliamo essere groenlandesi. E vogliamo la nostra indipendenza in futuro. Vogliamo costruire il nostro Paese da soli», ha dichiarato Nielsen. Difficile anche immaginare che i groenlandesi riescano a sfruttare rapidamente e in autonomia le risorse naturali – terre rare in primis – di cui il sottosuolo artico è ricco e che sono tra i motivi dietro le dichiarazioni di Trump.