È il 17 marzo 1861. A Torino, nell’aula della Camera del Parlamento Subalpino di Palazzo Carignano, 443 deputati proclamano Vittorio Emanuele II primo re d’Italia. È la nascita dello Stato unitario, nonostante manchino ancora il Veneto e le città di Roma, Trieste e Trento. Il processo di unificazione continuerà poi infatti con la Terza guerra d’indipendenza (1866, conquista del Veneto) e l’annessione di Roma (1870). Infine, la vittoria nella Prima guerra mondiale (1915-1918) farà coincidere i confini geografici della Nazione con quelli dello Stato. Per ricordare quella domenica di 164 anni fa, con la legge 222 del 23 novembre 2012, la Repubblica ha riconosciuto il 17 marzo Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera. L’obiettivo è quello di «ricordare e promuovere, nell’ambito di una didattica diffusa, i valori di cittadinanza, fondamento di una positiva convivenza civile, nonché di riaffermare e consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica». Tra i quattro elementi ricordati, la bandiera è il più antico, dato che affonda le sue radici al tramonto del Settecento. «Oggi celebriamo l’identità della nazione, i valori che ci uniscono e il percorso che ha forgiato l’Italia», ha commentato sui social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La bandiera – Il Tricolore è nato come bandiera militare nel 1796 per distinguere i soldati italiani all’interno dell’esercito napoleonico. Il 7 gennaio del 1797 la bandiera fu adottata a Reggio Emilia come vessillo della Repubblica cispadana: il blu dello stendardo francese era sostituito dal verde, colore delle uniformi della Guardia civica milanese, simbolo dei volontari che combattevano per l’Italia. Con la sconfitta di Napoleone nel 1814, il Tricolore iniziò a essere considerato un elemento sovversivo, simbolo dei fermenti patriottici che iniziarono a percorrere l’Italia. Nel Regno Lombardo-Veneto, Stato dipendente dall’Impero austriaco e nato dopo la caduta di Napoleone, ad esempio, per chi esponeva la bandiera italiana era prevista la pena di morte. Nel 1848, durante la seconda guerra d’indipendenza, il Tricolore fu adottato nel regno di Sardegna dai Savoia, che vi inserirono il loro scudo (una croce bianca in campo rosso). Dopo l’unità d’Italia, divenne la bandiera del Regno, con lo stemma sabaudo bordato di azzurro al centro della fascia bianca. Nonostante con la proclamazione della Repubblica (1946) lo scudo dei Savoia venne eliminato, il blu della casata è ancora oggi presente in qualche modo: è rimasto il colore delle divise delle squadre sportive che rappresentano l’Italia in ambito internazionale. L’importanza della bandiera è evidenziata anche dalla Costituzione, che le dedica uno dei dodici principi fondamentali. Nell’articolo 12 è infatti scritto: «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni».
I colori – La derivazione dalla bandiera francese è la principale spiegazione storica alla base dell’adozione di verde, bianco e rosso. Con il tempo, a tutti e tre i colori sono state però assegnate varie interpretazioni. Già durante il periodo napoleonico, la popolazione gli associava le tre virtù teologali cristiane: il verde per la speranza, il bianco per la fede e il rosso per la carità. Giosuè Carducci, in occasione delle celebrazioni per il centenario della bandiera nel 1897, li descrisse così: «I colori della nostra primavera e del nostro Paese, dal Cenisio all’Etna; le nevi delle Alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani. Il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi». A partire dal 14 aprile 2006, le tonalità ufficiali dei tre colori sono verde felce, bianco brillante e rosso scarlatto che hanno sostituito il verde prato brillante, il bianco latte e il rosso pomodoro codificati nel 2003.