«Taking contact». In Italia sono le 5.53 di domenica 16 marzo quando, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale si ricevono le prime parole dell’equipaggio Crew-10. La navicella Dragon prodotta dalla Space X di Elon Musk ha “preso contatto” con la ISS. A bordo ci sono quattro astronauti pronti a iniziare la loro missione di sei mesi. Ma quando la capsula tornerà a terra, ospiterà i colleghi americani Butch Wilmore e Sunita Williams, rimasti bloccati sulla stazione per molto più tempo rispetto a quanto pianificato.
I problemi tecnici – Wilmore e Williams erano partiti nell’estate del 2024 a bordo della capsula Starliner di Boeing, l’industria aereonautica statunitense e rivale della compagnia di Musk. Il volo dei due cosmonauti sarebbe dovuto durare in origine solo una settimana ma per alcuni problemi tecnici il rientro è stata rimandato. Perdita di elio e malfunzionamento di propulsori sono bastati alla Nasa per dichiarare inaffidabile il rientro del mezzo, che è quindi tornato sulla Terra senza equipaggio. I due sono quindi rimasti sulla ISS per nove mesi.
Il rientro – La Nasa ha annunciato che Williams e Wilmore potrebbero rientrare già domani martedì 18 marzo, ammarando a largo delle coste della Florida intorno alle 22.57, ora italiana. «I responsabili della missione – si legge sul sito della Nasa – stanno puntando a un’opportunità di ritorno anticipata della Crew-9 in base alle condizioni favorevoli previste». La missione Crew-9 è partita lo scorso settembre: solo due astronauti componevano l’equipaggio – Nick Hague, della Nasa, e il cosmonauta Aleksandr Gorbunov dell’agenzia spaziale russa Roscosmos – così da lasciare due posti vuoti proprio per i due astronauti di Starliner. Come l’andata, anche il rientro avverrà con la navicella Dragon di Space X. La nuova missione Crew-10, appena arrivata sulla ISS, è composta da un equipaggio di quattro astronauti provenienti da Stati Uniti, Giappone e Russia. Anne McClain, Nichole Ayers, Takuya Onishi, Kirill Peskov. Salvo imprevisti, rimarranno sulla Stazione, come da protocollo, sei mesi.
Quasi come un film, ma solo quasi – Questa storia ha tutti gli elementi per diventare un film: lo spazio, i guasti tecnici, la missione di salvataggio. Eppure la situazione non era così critica come potrebbe sembrare. Innanzitutto la presenza sul laboratorio orbitante dei due astronauti non ha creato problemi logicistici o mancanza di risorse. Sono strutture pensate per ospitare sempre più persone di quante previste. Basti pensare che al momento ci sono undici astronauti a bordo. In secondo luogo, la permanenza prolungata ha permesso a Wilmore e Williams di portare avanti molti compiti extra rispetto alla missione originaria: riparazioni a sistemi di bordo, esperimenti scientifici e persino passeggiate spaziali. Williams ha così potuto raggiungere un nuovo record diventando l’astronauta donna con più ore al di fuori della stazione spaziale. Il tempo ora da battere porta il suo nome ed è di 62 ore e 6 minuti.
Le agenzie private e il sogno di Marte – L’evento fa riflettere sulle conseguenze del continuo affidarsi ad aziende private per l’esplorazione dello spazio. La Nasa infatti, che è un’agenzia governativa, non è più in grado di raggiungere nuovi obiettivi senza l’aiuto di terzi come SpaceX. Boeing sta tentando da anni di proporre un’alternativa per i passaggi agli astronauti diretti sulla ISS, ma la sua navicella Starliner ha subito diversi ritardi. Il lancio inaugurale ha portato i due cosmonauti a bordo a una permanenza imprevista di nove mesi in orbita. In ogni caso sulla scia dell’entusiasmo per il successo del “salvataggio” dei due astronauti, Elon Musk ha dichiarato che il suo razzo Starship partirà per Marte alla fine del 2026. L’equipaggio questa volta sarà il robot umanoide Tesla Optimus. L’obiettivo è quello di mandare sul pianeta rosso anche esseri umani tra il 2029 e il 2031. Il tycoon sudafricano però sembra essere troppo ottimista considerando che l’ultimo test di volo di Starship si è concluso con un’esplosione.