Ogni anno è l’anno più caldo di sempre. E il 2024 non è l’eccezione. Secondo il rapporto sullo stato globale del clima dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm), è stato l’annus orribilis per il pianeta, risultando il più bollente mai visto prima in 175 anni di osservazioni, con un aumento medio di 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali. Una situazione che sta peggiorando in maniera esponenziale nell’ultimo decennio, con risultati quali l’allungarsi delle stagioni e i sempre più presenti eventi meteorologici estremi che provocano non pochi danni. Tra gli ultimi che abbiamo potuto vedere qui in Italia, le alluvioni che hanno coinvolto l’Emilia-Romagna e Firenze.
I commenti – «Una situazione che mostra il continuo aumento delle temperature degli oceani, oltre che lo scioglimento con un ritmo allarmante dei ghiacciai, il tutto condito da condizioni meteorologiche estreme che hanno conseguenze devastanti in tutto il mondo», ha commentato la segretaria generale dell’Omm Celeste Sauro. Da Londra Stephen Belcher, chief scientist del Met Office britannico – il servizio meteorologico di sua Maestà – ha spiegato che «l’ultimo controllo della salute del pianeta ci dice che la Terra è profondamente malata. Molti dei segni vitali stanno suonando l’allarme» evidenziando che serve «un serio impegno per dare ascolto a questi avvertimenti» riferendosi agli eventi meteorologici estremi come siccità, ondate di calore e inondazioni.
La speranza – La stessa organizzazione afferma però che è ancora possibile mantenere le temperature medie del pianeta entro il grado e mezzo e che gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi sul clima firmati nel 2016 sono ancora raggiungibili in quanto si prevedono azioni di contrasto al riscaldamento globale spalmate su diversi anni. Il rapporto avverte tuttavia che stiamo assistendo a una «spirale di impatti climatici e meteorologici» a causa del riscaldamento del pianeta e chiarisce che alcune delle conseguenze saranno irreversibili per centinaia se non migliaia di anni.
Montagne a rischio – Nel bel Paese, la situazione non è delle più rosee per le riserve idriche, infatti il bilancio dell’inverno 2024-2025 è tutto negativo. Secondo l’ultima osservazione della fondazione CIMA – un centro di ricerca senza scopo di lucro per il monitoraggio ambientale – il volume d’acqua contenuto nella neve è diminuito del 57% rispetto alle medie storiche, una tendenza che va avanti da parecchi anni e che sta facendo suonare non pochi campanelli di allarme dato che la disponibilità di acqua è sempre più a rischio. Dati alla mano, i principali bacini italiani hanno registrato un deficit significativo nelle scorte. Il bacino del Po, che rappresenta la metà delle riserve idriche provenienti dalla neve, ha subito un netto calo da gennaio. Quello dell’Adige ha registrato un deficit significativo del manto nevoso in alta quota e la situazione è ancora più grave sugli Appennini, dove l’assenza di precipitazioni ha portato il bacino del Tevere a un deficit del 95%.
Le conseguenze – Con questo accumulo minimo di neve, a risentirne più di tutti sarà l’agricolutura, con possibili ripercussioni sulla produzione e sui costi. Inoltre, la riduzione delle riserve idriche mette a rischio la produzione di energia idroelettrica, con conseguenze sul sistema energetico nazionale. Francesco Avanzi, ricercatore della Fondazione CIMA, ha dichiarato: «Questi dati rappresentano un segnale di continuità con le ultime stagioni», segnali che richiedono un’azione urgente per preservare le risorse idriche e promuovere un uso più efficiente dell’acqua.