Scendendo le scale del complesso U1 dell’università Bicocca, ci si perde in un labirinto ricco di porte. Una di queste è aperta dalla tessera magnetica di Claudio Artoni, nivologo e responsabile dell’Eurocold Lab. Oltrepassato l’ingresso, ci si ritrova catapultati ai Poli. Come spiega infatti Artoni, «l’Eurcold è un simulatore dell’Antartide e dell’Artico, con cui ricreiamo qui a Milano le condizioni medie di temperatura e di pulizia di queste zone».
Il lavoro del laboratorio – Il laboratorio nascosto nei sotterranei della Bicocca è uno dei cinque in Europa dedicati allo studio e alla conservazione del ghiaccio, ed è frequentato anche da studenti provenienti da Germania, Svizzera e Austria. L’ambiente è diviso in due parti: una con camere fredde che raggiungono temperature fino a -50 gradi, e un’altra dove vengono preservati i campioni di ghiaccio, prelevati dall’Adamello all’Antartide. A coordinare le attività è Valter Maggi, professore di Geografia fisica e Geomorfologia della Bicocca, e presidente del Comitato Glaciologico Italiano: «Studiare il ghiaccio è fondamentale perché è un archivio naturale che ci consente di comprendere il nostro clima e i suoi cambiamenti». Il lavoro dei ricercatori dell’Eurocold Lab, inaugurato nel 2013, è cruciale perché al giorno d’oggi il ritiro dei ghiacciai è sempre più evidente e costante: «A partire dal 1895, quando il Comitato ha cominciato a fare le rilevazioni, i ghiacciai alpini hanno perso il 50% del loro volume, di cui la maggior parte dagli anni ‘80 a oggi».
La passione non basta – Secondo i dati del catasto, in Lombardia ci sono 230 ghiacciai attivi e un centinaio di questi è monitorato dal Servizio Glaciologico Lombardo, i cui membri, come spiega Maggi, sono tutti volontari: «Alla base della nostra attività c’è solo una grande e pura passione. Le ricerche sono finanziate da noi perché non c’è un interesse economico riguardo questi dati, che quindi non possono essere venduti». Una passione che si scontra però anche con una realtà dei fatti quasi impossibile da cambiare: «L’unica soluzione per rallentare la fusione dei ghiacciai è quella di invertire il trend dell’emissione dei gas serra, e cioè fare in modo che diminuiscano invece di aumentare. Arrivare a zero non so se sarà mai possibile e quando eventualmente succederà, ma l’unico modo è questo. Non c’è altra soluzione. Qualsiasi modalità si possa pensare, è peggio della malattia». Negli anni passati erano state avanzate alcune proposte, tra cui quella di coprire i ghiacciai con teli di plastica che però, come chiarisce Maggi, non sono efficaci: «I teli vanno bene per tenere viva la neve, ma non sono una soluzione per il problema della fusione ghiacciai perché sono inquinanti, costosi e poco pratici. Gli unici ghiacciai coperti sono sfruttati per lo sci, ma proprio per questo motivo non sono più naturali, sono al di fuori del sistema».
L’impatto di Milano – Nonostante i ghiacciai siano a oltre 150 chilometri dal capoluogo lombardo, anche l’area metropolitana di Milano, con i suoi 4 milioni di abitanti, ha un impatto significativo e negativo sul loro processo di fusione. La lotta per preservare quelli che sono archivi preziosi della nostra storia ambientale e veri e propri ecosistemi richiede dunque un impegno che coinvolga tutti indistintamente perché, come ricorda Maggi, «l’atmosfera non ha confini».