Aleggia il timore di una nuova guerra civile in Sudan del Sud. Mercoledì 26 marzo è stato arrestato Riek Machar, vicepresidente del paese e storico rivale del presidente Salva Kiir Mayardit. Nelle ultime settimane la tensione nel Paese è notevolmente cresciuta, passando dal piano verbale a quello del conflitto armato. «L’arresto da parte del presidente Salva Kiir costituisce un inganno, una violazione delle promesse, un mancato rispetto di un accordo e una mancanza di volonta’ politica di portare pace e stabilità nel Paese», ha denunciato il partito di opposizione. Secondo le prime ricostruzioni l’arresto sarebbe avvenuto nella casa di Machar, nella capitale Juba, e le forze del presidente si sarebbero servite di un convoglio di venti mezzi blindati. Non è ancora stato comunicato il motivo dell’arresto.

Il conflitto – A febbraio, il presidente Salva Kiir Mayardit ha licenziato 22 figure apicali del Movimento popolare di liberazione (Splm-io) senza alcun consulto preliminare. L’intento del presidente è anche quello di ridurre l’influenza delle fazioni politiche e etniche diverse da quelle dominanti. Infatti in Sudan del Sud il principale gruppo etnico è rappresentato dai Dinka, mentre in secondo piano c’è quello dei Neur, di cui fa parte anche Machar. Questi ultimi, attraverso il gruppo White Army, hanno risposto duramente all’operazione guidata dal presidente e hanno aperto il fuoco contro le Forze di difesa popolari del Sudan del Sud, dominate dai Dinka, nella zona di Nasir. La situazione è precipitata ulteriormente a marzo, quando le forze ribelli Neur sono riuscite a conquistare una base a militare. Durante gli scontri è stato anche abbattuto un elicottero della missione Onu Unmiss.

La guerra civile 2013-2018 – L’escalation del conflitto preoccupa e fa riemergere brutti ricordi. Si teme che possa riprendere la guerra civile che ha causato 400.000 morti tra il 2013 e il 2018. La storia sembra ripetersi perché anche all’ora il presidente Salva Kiir estromise Machar dal governo di unità nazionale provocando così l’insurrezione delle milizie Neur. Una soluzione parziale si è trovata con il trattato di pace del 2018 che ha interrotto la guerra civile promettendo un’equa distribuzione dei proventi del petrolio e una giusta rappresentanza politica per i vari gruppi etnici. Tuttavia in questi anni non sono stati raggiunti risultati significativi: il Paese vive una grave crisi finanziaria dovuta soprattutto al crollo delle esportazioni di petrolio in seguito alla chiusura del Grande oleodotto del Nilo.

Il presidente – Il Sudan del Sud è diventato uno Stato indipendente nel 2011 a seguito di un referendum approvato dal 98,83% dei votanti. Sin dalla secessione dal Sudan  il presidente è Salva Kiir Mayaradit e fino ad oggi non ci sono state elezioni. Dovevano esserci nel 2024 ma il presidente ha deciso di rinviarle al 2026, citando la scarsità di risorse economiche. La scelta è stata pesantemente criticata dalla politica internazionale che l’ha interpretata come un segnale di deriva autoritaria ed etnocentrica. Salva Kir ha 73 anni e le sue condizioni di salute sono precarie. Nonostante questo non intende farsi da parte e sta preparando il terreno per una successione pilotata.