Il Liberation Day (Donald Trump lo chiama così) si festeggia nel giardino delle rose della Casa Bianca. La bandiera a stelle e strisce alle spalle, davanti un pubblico di metalmeccanici e giornalisti. Il presidente prende la parola: «Il nostro Paese è stato saccheggiato per decenni, il sogno americano rubato: oggi rifaremo l’America di nuovo ricca. Tra poco firmerò un ordine esecutivo che istituisce dazi reciproci con diversi Paesi in giro per il mondo: loro li mettono a noi e noi a loro». È iniziato così quello che il presidente americano considera «uno dei giorni più importati della storia americana», perché, spiega con enfasi crescente, segnerà «la nostra dichiarazione di indipendenza economica».
I dazi – Negli Usa sono da poco passate le 16 del 2 aprile, le 22 in Italia, quando il capo della Casa Bianca propone «dazi al 10% per tutti». Le previsioni erano peggiori e i commentatori che seguono la diretta si mostrano sorpresi. Così i mercati, con i futures sugli indici che guadagnano fino a due punti percentuali. Ma il fraintendimento è di breve durata: con un coup de théatre degno del migliore showman, Trump tira fuori un cartellone colorato con l’indicazione del trattamento tariffario finora riservato agli Usa dai principali partner commerciali e, di fianco, la risposta della sua amministrazione. I numeri sono molto peggiori delle aspettative: per Pechino il dazio sarà del 34%, 20% per i Paesi europei, Giappone 24%, Taiwan 32%, Vietnam addirittura 46%. I mercati invertono di colpo la tendenza e le contrattazioni serali segnano cali superiori al 2% per l’indice S&p 500, e del 3,5% per il Nasdq ricco di aziende tecnologiche, molto esposte ai mercati globali.
Ribassi moderati – Il ribasso prosegue nella notte con i mercati asiatici che arrivano a perdere il 4%. Poi, la reazione emotiva si stempera, e la nottata termina con l’indice giapponese Nikkei a – 3,3%, mentre Hong Kong e Shanghai cedono rispettivamente il 2,14% e l’0,8%. A ridestare un po’ di ottimismo ha contribuito un documento, diffuso dalla Casa Bianca, in cui si legge che le tariffe minime del 10% saranno applicate dal 5 aprile, quelle più elevate solo il 9. Parrebbe dunque esserci spazio di manovra per concordare una sospensione dei dazi, o avviare un negoziato come avvenuto a febbraio per Messico e Canada. Anche gli investitori europei sembrano condividere la prospettiva e le piazze continentali fanno segnare, in mattinata, discese composte intorno all’1,5%.
L’età dell’oro – Sul finire del suo discorso, durato all’incirca un’ora, Donald Trump ha ammonito che le tariffe sono reciproche perché i paesi bersagliati impongono dazi doppi rispetto ai suoi. Queste tasse hanno come effetto l’aumento dei costi per le aziende americane che importano prodotti dall’estero e verranno poi scaricate sui consumatori locali tramite prezzi di vendita maggiorati (creando inflazione), oppure graveranno su quelle società che avranno scelto di ridurre i loro margini di guadagno. Poi ha spiegato che le misure produrranno un ritorno della produzione manifatturiera sul suolo americano. In chiusura, di nuovo uno slogan ripetuto tante volte: «Questa sarà la nuova età dell’oro per gli Stati Uniti». Fino ad ora tutti pensavano si riferisse a un’ epoca di crescita economica straordinaria. Da ieri sera, i più smaliziati guardano al prezzo dell’oro, bene rifugio in ogni tempo incerto, che anche oggi aggiorna il record storico: +0,1% a 3.126,74 dollari per oncia.