«A volte è necessario assumere farmaci per curarsi», ha affermato Donald Trump dopo il crollo delle borse seguito all’annuncio, il 2 aprile, dei dazi imposti ai partner commerciali di tutto il mondo. Ma a giudicare dall’andamento disastroso dei mercati finanziari anche all’inizio della nuova settimana, gli effetti collaterali negativi di questa “pillola amara”, secondo lui necessaria per far rifiorire l’economia americana, non accennno a passare: dall’annuncio delle tariffe, le borse di tutto il mondo continuano a crollare mentre si diffonde il timore di una guerra commerciale e di una recessione globale.
«È un momento epocale», ha commentato Maurizio Spadaccino, head of investment and hedging solutions per Illimity Bank, «ci attende un cambio di regime, un cambio del modo in cui l’economia mondiale potrà funzionare se le minacce di Trump troveranno un seguito concreto». Secondo l’analista sarà necessario un riallineamento dell’economia mondale poiché i diversi Paesi «dovranno riadattare il proprio sistema produttivo e industriale a una più ridotta integrazione con i partner». «L’inflazione – aggiunge – si farà sentire e questo potrà condurre ad una fase recessiva, con un arresto dato dalla riduzione dei consumi causato dall’impoverimento dei consumatori». Spadaccino spiega l’atteggiamento di Trump come «un tentativo di finanziare un debito pubblico sempre più importante, facendo affidamento sul fatto che gli altri paesi tratteranno, ma potrebbe aver fatto i conti senza l’oste: ne sono un esempio i controdazi della Cina al 34% sui beni importati dagli Usa».
Numeri e crolli – Le prime ad andare al tappeto sono state le borse asiatiche. Hong Kong ha chiuso con una perdita del 13,22%. È la seduta peggiore dalla crisi finanziaria del 1997, che all’epoca portò a una perdita di circa 105 miliardi di dollari di capitali, più del 10% del Pil di tutte le economie asiatiche. A crollare in avvio anche le Borse cinesi: alla chiusura dei mercati l’indice Composite di Shanghai ha ceduto il 7,34%, mentre quello di Shenzhen ha perso il 10,79%.
La borsa di Tokyo ha chiuso con la terza maggiore flessione di sempre, con una perdita del 7,83 da parte del Nikkei.
D’altronde la chiusura di venerdì 4 aprile delle borse americane non aveva lasciato spazio a molte speranze: l’indice Dow Jones era arretrato del 3,53%. Male anche S&P 500 e Nasdaq, che avevano perso il 4 e il 5%. Nel frattempo, Goldman Sachs ha rivisto al rialzo le probabilità di una recessione negli Stati Uniti dal 35% al 45%, a causa di «un netto irrigidimento delle condizioni finanziarie».
Sulla scia del crollo di Wall Street di venerdì e delle borse asiatiche, i listini europei hanno aperto la settimana in caduta libera. Francoforte è partita in calo di oltre il 9% e a fine mattinata perdeva il 7,4%, mentre Milano e Parigi risultano in calo rispettivamente del 7,6% e del 5,9%. A precipitare soprattutto i titoli bancari, con perdite fino al 12%.
«Hanno sorpreso negativamente l’entità e la nettezza dei dazi», ha commentato Paolo Nardovino, analista e operatore bancario, «questo ha portato sulla soglia di un mercato rosso ed è preoccupante per il prosieguo dell’anno. A calare non è solo il mercato azionario, ma anche i metalli come l’argento sono in discesa. L’unica possibilità di inversione delle dinamiche del mercato è che gli stati trattino con Trump, o un eventuale intervento delle banche centrali, che però per intervenire, come ai tempi del Covid, hanno bisogno di determinati obiettivi come il calo dell’inflazione per la Fed».