Malati, familiari e caregiver, camici bianchi, volontari, operatori sanitari. È la piazza di domenica 6 aprile a San Pietro, per il «Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità». La messa, l’omelia scritta dal Papa e letta dall’arcivescovo Rino Fisichella. Poi verso la fine della celebrazione il pontefice si fa vedere. Dieci minuti in cui passa tra la folla, fa il pieno di applausi, ringrazia tutti con un annuncio di poche parole. La voce è ancora debole, ma tanto basta per far pensare che riuscirà a prendere parte – magari con una presenza ridotta – alle celebrazioni della Pasqua.
La visita inattesa – «Sono un malato tra i malati». È questo il senso dell’omelia che il Papa ha fatto leggere domenica a Roma, ed è anche il motivo per cui ha scelto di tornare in pubblico in questa occasione, nella giornata giubilare dedicata alle persone sofferenti e a chi si prende cura di loro. «La malattia è una delle prove più difficili e dure della vita, in cui tocchiamo con mano quanto siamo fragili», ha scritto Francesco nel discorso rivolto ai fedeli: «Con voi in questo momento della mia vita condivido molto». L’apparizione del Papa non era stata annunciata, e probabilmente è stata decisa in autonomia da Bergoglio stesso. Una scelta irrituale e imprevedibile, come spesso è successo nel pontificato di Francesco, che in questo caso ha anche sfidato il rischio dell’esposizione alla folla in pieno recupero dalla grave polmonite. A spingere la sedia a rotelle, con la bombola d’ossigeno appesa dietro, c’era il suo infermiere personale, Massimiliano Strappetti. Un piccolo drappello di assistenti e collaboratori, seguiti dai gendarmi, lo ha accompagnato nel percorso tra la porta santa, la piazza e l’altare dove ha preso il microfono: «Buona domenica a tutti, grazie tante».
Come sta il Papa – «Adesso ci sarà il tira e molla tra lui che vorrà sempre più stare in mezzo alla gente e noi, medici, che vorremmo fargli osservare la convalescenza» ha confessato al Tg1 Sergio Alfieri, il professore del Gemelli che ha in cura il Pontefice. «Il Papa non nasconde la sua fragilità, mostrandosi in piazza con i naselli dell’ossigeno. La fase più brutta della polmonite è comunque passata, ora deve seguire il percorso di recupero» ha aggiunto il medico. Quindi ossigeno a bassi flussi quando necessario, riabilitazione fisica e respiratoria insieme a molto riposo. Il pontefice riceve le cure nella residenza di Santa Marta dove si trova dal 23 marzo, quando è stato dimesso dopo 38 giorni dal Policlinico Gemelli dove ha attraversato le fasi critiche della malattia.